Il 1 agosto 2025 entreranno in vigore i dazi al 15% tra Usa e Ue dopo una lunga negoziazione. Ma compreremo gas di scarsa qualità dagli Stati Uniti, e non è questo l’unico problema.
“Il gas Usa, a differenza di quello importato da altri Paesi, viene ricavato attraverso un metodo estrattivo impattante e poco ecologico. Il fracking, che prevede la fratturazione idraulica di rocce molto profonde e compatte”.
E quello ambientale non è il solo “problema” legato al patto sull’energia tra Stati Uniti ed Europa per scongiurare dazi più pesanti e guerra commerciale. La stretta di mano tra il presidente Usa Donald Trump e la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen costerà moltissimo all’Europa. Il gas americano dovrà cambiare di Stato due volte, dovrà essere trasportato via mare in uno scacchiere marittimo complesso, non abbiamo abbastanza infrastrutture per accoglierlo. E sarà sottoposto a concorrenza e quindi ad una grande volatilità dei prezzi.
“Purtroppo, come abbiamo avuto modo di constatare, l’attuale amministrazione americana sta mettendo in discussione un intero paradigma costruito in anni di ricerca e perfettamente allineato con il Green Deal europeo. In nome di una regressione industriale e di uno sfruttamento miope delle risorse. Spinto solo da logiche di profitto e crescita economica di breve periodo”. A parlare, in esclusiva per Notizie.com, è Marco Lupo, amministratore e direttore commerciale di Utilities dimension, delegato Assium Emilia Romagna ed esperto nei settori dell’energia elettrica e del gas naturale.
Dazi, l’Europa acquisterà dagli Usa 750 miliardi di dollari di energia
Domani 1 agosto 2025, insomma, entrerà in vigore la tariffa unica del 15% per molte categorie di beni. I dazi sono stati dimezzati, inizialmente era stato previsto il 30%, dopo intense negoziazioni durate settimane. Un taglio dovuto al fatto che l’Ue, tra le altre cose, si è impegnata ad acquistare dagli Stati Uniti circa 750 miliardi di dollari di energia statunitense. Entro il 2028 l’Ue dovrà comprare 250 miliardi l’anno di gas naturale liquefatto (gnl), petrolio e tecnologie nucleari.
“Io partirei dalla qualità. – ci ha spiegato Lupo – E dato che un metro cubo di gas resta lo stesso indipendentemente dalla fonte di provenienza, la connoterei in base allo sforzo necessario per estrarlo e quindi al suo impatto ambientale. Il gnl statunitense, a differenza di quello importato da altri Paesi (uno su tutti, il Qatar), viene ricavato attraverso un metodo estrattivo decisamente impattante e poco ecologico”.
Il fracking, che prevede la fratturazione idraulica di rocce molto profonde e compatte, comporta il rischio di inquinamento delle falde acquifere e un enorme consumo di acqua, spesso in territori dove già scarseggia per l’agricoltura. “Il fracking è uno dei grandi passi indietro che ci allontanano dalla decarbonizzazione”, ha sottolineato l’esperto.
“La sicurezza invece la vedo correlata – ha affermato Marco Lupo – ad una valanga di variabili indipendenti. È proprio questa la grande differenza tra il caro e buon vecchio gas russo via pipeline (via gasdotto), che si basava su contratti di lungo periodo ferrei, sia dal punto di vista economico sia logistico. Quasi tutto il gas di cui ci approvvigioniamo deve cambiare di stato due volte (da gassoso a liquido e poi nuovamente a gassoso). Poi deve essere trasportato su uno scacchiere marittimo sempre più complesso, che ci espone a numerosi rischi geopolitici”.
L’Ue non ha le infrastrutture necessarie per accogliere il gnl americano
Secondo il direttore commerciale l’Europa non ha ancora le infrastrutture necessarie per accogliere tutto quel gas. Quindi anche le promesse di volumi restano, in molti casi, irrealizzabili. C’è poi il problema della concorrenza. Il gnl, a differenza di quello via pipeline, viene allocato su mercati spot (mercati in cui i prezzi si formano giorno per giorno, partita dopo partita), dove regna una forte volatilità. La stessa volatilità che è stata iniettata nel mercato energetico europeo dopo la rottura con Mosca e di cui sarà difficile liberarsi.
Ad alzare lo sguardo oltre l’orizzonte, vediamo una domanda asiatica sempre più crescente. Mentre le capacità europee di rigassificazione restano stazionarie per lunghi periodi. Vista la grande complessità nell’erigere nuovi impianti. “Immaginate – ha specificato Lupo – che a casa vostra non arrivi più una goccia dall’acquedotto. E che per riempire i vostri serbatoi dobbiate periodicamente trattare per farvela consegnare a casa ad un prezzo triplo rispetto a quella che sgorgava dal lavandino. Con il rischio che qualcun altro sia disposto a pagare più di voi per quegli stessi litri. E che il bilico con l’acqua debba viaggiare su strade insicure, esposto a rischi continui lungo il tragitto. L’esempio è stilizzato ma è la situazione che ci si prefigura”.
Sulla questione del prezzo per Lupo gli Stati membri Ue hanno portato a termine un ottimo lavoro preventivo sugli stoccaggi: “Ciò contribuirà di certo a combattere la volatilità. Ma allo stesso tempo dobbiamo comprendere che non si torna indietro”. Se il vecchio paradigma prepandemico vedeva il metro cubo su Ttf (Title transfer facility) e sul Psv (Punto di scambio virtuale) oscillare intorno ai 0,15 e 0,20 centesimi, oggi il gas oscilla tra i 0,35 e 0,55. Senza considerare i picchi che abbiamo registrato in questi ultimi tre anni.
Il risultato è che oggi le imprese europee pagano l’energia fino a quattro volte di più rispetto alle controparti americane. Con una perdita drammatica di competitività industriale, delocalizzazioni e disinvestimenti. Le incognite legate alla mancanza di sicurezze nei nuovi approvvigionamenti restano lì, come uno spauracchio costante.
Marco Lupo in esclusiva per Notizie.com: “Credo si potessero adottare piani migliori”
“Non mi piace fare allarmismo. – ha proseguito il delegato Assium – Ma trovo giusto esporre i fatti e i concetti nel modo più razionale possibile. Credo si potessero adottare piani migliori, una vera diversificazione, una migliore razionalizzazione delle risorse europee. E non farsi dettare la linea da Washington, ma guidare una strategia autonoma e sostenibile. Chi conosce la politica estera americana sa che ‘America first’ non è uno slogan passeggero, ma una costante strategica”.
In questo schema, l’Europa resta un alleato secondario, funzionale, ma mai prioritario. In linea teorica, e in assenza di gravi frizioni diplomatiche ed eventi detonatori in aree strategiche come quella mediorientale, che già oggi vede i canali cruciali insidiati dagli Houthi o da altre milizie sciite, i prezzi dovrebbero mantenersi stabili, con un andamento intorno ai 35-40 €/MWh.
Non dovremmo quindi assistere a un autunno come quello dell’anno scorso, con picchi oltre i 50 €/MWh. Picchi che hanno portato il Governo all’emanazione di un Decreto Bollette. Lo scopo era aiutare famiglie e imprese a far fronte a un aumento dei prezzi che nel 2024-2025 ha segnato un +40% rispetto all’anno termico 2023-2024.
“Io personalmente vedo questo accordo come molto fragile. – ha dichiarato Lupo – Non si tratta di una vera partnership, ma di una dichiarazione d’intenti unilaterale da parte europea. Che si impegna ad aumentare gli acquisti di gnl statunitense entro il 2030, per circa 50 miliardi di metri cubi annui. Questa intesa, dal valore stimato in 600 miliardi di dollari, non include solo il gas naturale liquefatto. Ma anche petrolio e altre materie prime legate alla transizione energetica”.
Il piano contro i dazi: un’illusione tattica?
Alcuni analisti considerano il patto irrazionale sotto vari aspetti. Innanzitutto, non vincola realmente gli Stati Uniti, che mantengono piena libertà commerciale e inoltre manca qualsiasi meccanismo di reciprocità o garanzia a tutela dell’Europa. In questo senso, l’intero impianto rischia di essere poco più che una manovra difensiva. Una sorta di illusione tattica messa in atto per ottenere un posizionamento favorevole sotto l’ombrello americano, nel timore delle loro pressioni. Un’alleanza strategica dovrebbe implicare una mutua convenienza strutturale.
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“Invece, – ha concluso l’esperto di energia – gli Stati Uniti ci trattano come qualsiasi altro acquirente. Vendono al miglior offerente. E se domani la Cina o il Giappone pagano di più, noi restiamo a secco. Il risultato è che potremmo aver semplicemente sostituito una dipendenza strutturata e stabile (quella dalla Russia) con una più asimmetrica e precaria, che espone il continente a logiche di mercato e rapporti di forza ben più instabili e meno negoziabili. Quello che mi sento di dire, è che costruire dipendenze unilaterali in un mondo che cambia così rapidamente, invece di diversificare in maniera vera e investire in autonomia energetica, è un errore che pagheremo caro, tanto in bolletta quanto in libertà strategica”.
“Una vera strategia di sicurezza energetica sarebbe stata consolidare e rafforzare i rapporti con Paesi vicini, stabili e democratici, come Norvegia, Algeria, Azerbaigian. E puntare con più forza sulle rinnovabili locali. Ma l’Europa ha preferito rinunciare a una logica continentale per abbracciare una dipendenza oceanica, con tutti i rischi che questo comporta”.