Maturità, tra le tracce c’è lo scritto I giovani, la mia speranza, del magistrato antimafia Paolo Borsellino. Le parole del fratello Salvatore.
Nel momento in cui scriviamo, molti giovani in Italia sono alle prese con la prima prova della Maturità, quella di italiano. Tra le tracce di quest’anno ce n’è una dedicata a Paolo Borsellino, il magistrato antimafia ucciso nella strage di via d’Amelio il 19 luglio del 1992.
“I giovani, la mia speranza”, è la traccia tratta da uno scritto pubblicato il 19 ottobre di quell’anno su Epoca. “È molto importante che questo testo sia stato sottoposto agli studenti. Quello che scrive Paolo in quell’articolo colpisce perché, insieme con l’ultima lettera incompiuta, che abbiamo trovato sul suo tavolo nel giorno della strage, si rivolgeva proprio ai giovani con parole di speranza. Pur sapendo che, proprio in quel momento, a Palermo era arrivato il tritolo che sarebbe servito per ucciderlo”.
A parlare con Notizie.com è Salvatore Borsellino, che ricorda come il fratello si rivolgesse spesso proprio ai giovani, nelle cui mani c’era e c’è il futuro. E come proprio in loro il magistrato antimafia riponesse la speranza che la lotta alla mafia potesse essere portata avanti.
Borsellino a Notizie.com: “Paolo sperava che i giovani potessero avere la forza di combattere la mafia”
“Paolo diceva:”Quando questi giovani saranno adulti, avranno più forza di combattere di quanto io e la mia generazione abbiamo avuto” – racconta Salvatore Borsellino – E scriveva queste parole dopo essersi addirittura accusato di indifferenza. Proprio lui, che aveva dedicato la sua vita alla lotta alla mafia, parlando di se stesso si rimproverava di quella “colpevole indifferenza che mantenni fino ai 40 anni”, perché fino al 1980 si era occupato soltanto di giustizia civile”.
Nell’articolo pubblicato su Epoca, Paolo Borsellino riconosceva di aver vissuto, da giovane, nella totale indifferenza del fenomeno mafioso, “che allora era grave quanto oggi”. “Noi da ragazzi non potevamo avere consapevolezza, perché a Palermo non c’era lo Stato, c’era la mafia. Per noi quindi, era un fenomeno letterario, che avevamo letto nel romanzo Il giorno della civetta di Leonardo Sciascia e nei libro che ci faceva leggere nostra madre. Non ci potevamo rendere conto di cosa fosse la mafia”.
La mafia oggi è più forte e invisibile
Ma oggi le organizzazioni criminali di tutta l’Italia non sono affatto sparite. Al contrario, sono “più forti, non si vedono, quindi sono più difficili da combattere”, aggiunge Paolo Borsellino a Notizie.com. E proprio per questa ragione “è importante sottoporre ai giovani un tema del genere”.
Nel testo, il giudice Borsellino ricordava anche il tragico episodio che nel 1985 vide vittime i giovani Biagio Siciliano e Giuditta Milella, studenti del liceo classico Meli di Palermo. Un’auto non si fermò all’alt del vigile urbano, così quella della scorta sbandò, e finì sulla folla uccidendoli per errore mentre aspettavano il bus per tornare a casa. “Quell’episodio colpì moltissimo Paolo”, ricorda Salvatore Borsellino, che “pensava che i giovani avessero capito”.
“Nelle scuole certe cose non si studiano”
Tanti sono gli spunti di riflessione della traccia “I giovani, la mia speranza”. E per questo abbiamo chiesto al fratello del magistrato se gli studenti possano coglierli tutti: “Lo spero”, ci ha risposto. “Spero che si informino, perché purtroppo nelle scuole certe cose non si studiano. E certi argomenti non vengono affrontati, se non per iniziativa dei singoli docenti. Giro molto tra gli studenti e quando li trovo preparati e coscienti è per iniziativa dei professori che, discostandosi dai programmi ministeriali, gli hanno sottoposto questi argomenti. Ma questo non avviene dappertutto”.