La riforma sulla separazione delle carriera riceve l’ok della Camera dei deputati. Bagarre in Aula dopo il voto. Il referendum si farà: ma quali sono le ragioni del sì e del no?
Dopo alcuni giorni di dibattiti accesissimi in Aula, alla fine la Camera ha approvato con 243 sì il ddl sulla separazione delle carriere. 109 i deputati contrari, il testo passa ora nuovamente al Senato per il quarto e ultimo passaggio in vista del via libera finale che arriverà non prima del 24 ottobre.
Non essendo stata centrata la maggioranza dei due terzi, il referendum confermativo (senza quorum) si farà presumibilmente nella tarda primavera del 2026. Dopo la votazione, la maggioranza e i rappresentanti del governo hanno esultato, scatenando l’ira delle opposizioni e momenti di tensione. Una vera e propria bagarre, che ha reso necessario l’intervento dei commessi e dei questori. Il vicepresidente della Camera Sergio Costa ha sospeso la seduta per alcuni minuti.
“Alcuni membri del governo hanno esultato come si fa allo stadio”, commenta ai nostri microfoni Federico Gianassi, capogruppo PD in commissione Giustizia alla Camera. L’episodio in Aula è per Paola Cervo, componente della giunta dell’Anm e magistrata di sorveglianza, la prova che “questa riforma mette a rischio l’equilibrio dei poteri previsti dalla Costituzione. Basta constatare infatti, con quali toni da stadio è stata accolta la terza lettura della riforma costituzionale”.
Contattata da Notizie.com, aggiunge che “La Costituzione non è una guerra tra bande, ma il patto sociale in cui tutti ci dobbiamo riconoscere. Questa carica emotiva per me significa che c’è uno spirito molto diverso da quello dei padri costituenti”.
Sempre ai nostri microfoni, il deputato di Fratelli d’Italia e relatore della riforma alla Camera Francesco Michelotti, spiega invece la sua versione: “Ero al banco dei relatori e ho visto in prima persona uno spettacolo indegno da parte della sinistra. Noi abbiamo esultato dopo mesi di lavoro sia in commissione che in Aula. Credo sia legittima la soddisfazione del centrodestra che, unito e compatto, ha portato a casa questo risultato. D’altra parte questa reazione scomposta e del tutto fuori luogo, mi sembra anche un po’ organizzata a tavolino. Una sorta di teatrino che sicuramente non è una bella pagina”.
Gianassi (PD): “Riforma blindata, approvata su iniziativa del governo senza modifiche del Parlamento”
Prima di arrivare all’approvazione della riforma del Guardasigilli Carlo Nordio, la Camera ha dato l’ok a una seduta fiume, fortemente criticata dalle opposizioni. “Già nelle prime due letture non abbiamo assistito a una partecipazione ai lavori della maggioranza. Assistiamo per la prima volta nella storia della Repubblica ad una riforma costituzionale che incide in modo radicale sull’assetto del rapporto tra i poteri dello Stato, e che viene approvata su iniziativa del governo senza neppure una modifica da parte del Parlamento nelle prime tre letture“.
“A ciò si aggiunge la scelta di imporre la seduta fiume“, spiega Gianassi, “non motivata da alcuna esigenza, se non quella della maggioranza di andare nelle Marche per la campagna elettorale”.
Per le opposizioni non sarebbe stata necessaria la seduta fiume, perché c’era il tempo di arrivare al voto finale di giovedì 18 settembre. “Con tutti gli interventi dei deputati saremmo arrivati al termine delle discussioni mercoledì 17, come poi è stato. Dalla fine della mattinata di mercoledì il Parlamento è rimasto fermo un giorno, per consentire ai parlamentari della maggioranza di rientrare dalle Marche o da altre zone e votare in Aula”.
Michelotti (FdI): “Con la seduta fiume abbiamo dato la parola a tutti”
“La seduta fiume è stata fatta com’è previsto dal regolamento, votata dal Parlamento per garantire il più possibile gli interventi e la partecipazione. Io credo che gran parte dei colleghi deputati, anche delle opposizioni, abbia parlato. È stato un modo giusto e corretto per garantire la pluralità, la discussione e il contributo di tutti”, commenta Michelotti ai nostri microfoni.
I tre punti principali della separazione delle carriere dei magistrati
Come già accennato, non essendo stata raggiunta la maggioranza dei due terzi, si terrà il referendum confermativo. La riforma della separazione delle carriere può sembrare un argomento difficilmente accessibile ed è per questo che per fare chiarezza in vista del voto, abbiamo interpellato Paola Cervo dell’Associazione Nazionale Magistrati, il deputato di Fratelli d’Italia Francesco Michelotti (FdI) e del Pd Federico Gianassi (PD). In questo articolo, attraverso le loro voci vi spiegheremo le ragioni del sì e del no al referendum sulla separazione delle carriere.
Partiamo dall’inizio: di cosa si tratta? I punti chiave della riforma sono i seguenti:
- La separazione della carriera dei giudici e dei pubblici ministeri, che dovranno scegliere fin dall’inizio a quale dedicarsi.
- L’istituzione di due Consigli Superiori della magistratura (un Csm per ogni carriera).
- La nascita di un’Alta Corte Disciplinare esterna ai Consigli, che si occuperà di valutare le questioni disciplinari dei magistrati.
LA SEPARAZIONE DELLE CARRIERE SPIEGATA PUNTO PER PUNTO
Le ragioni del sì alla riforma Nordio
La campagna per il referendum comincerà dopo la quarta e ultima lettura in Senato. “A quel punto noi, A quel punto noi, con grande serenità e fiducia sottoporremo il lavoro parlamentare ai cittadini. Siamo convinti che premieranno questo lavoro, perché noi vediamo che nel Paese c’è una grande voglia di questa riforma”.
Sono le parole del deputato di Fratelli d’Italia Michelotti, che ricorda anche come con la separazione delle carriere, il governo Meloni stia rispettando le promesse elettorali: “Nel nostro programma di governo era scritto che avremmo riformato la giustizia, passando anche per la separazione delle carriere. Cosa che tanti hanno provato a fare anche a sinistra e nel PD. Ma nessuno è mai riuscito a farla. Dopo 30 anni lo abbiamo fatto noi. È una battaglia storica, mi piace ricordarlo anche alle Camere penali alle quali sono iscritto: Giorgia Meloni ha fatto una cosa che non aveva mai fatto nessuno”.
Michelotti: “Con separazione, il giudice sarà davvero imparziale”
Secondo il deputato del partito di Giorgia Meloni, “per i cittadini cambierà molto perché come dicono illustri giuristi, e come abbiamo sempre sostenuto, il giudice non deve essere soltanto terzo e imparziale. Ma anche apparire come tale”.
Finora, per Michelotti, non è stato così “perché la magistratura appartiene allo stesso corpo, allo stesso ordine, frequenta la stessa scuola, partecipa allo stesso concorso. E solo alla fine decide se vuole essere giudice o pm. Questo pone di fronte a una situazione in cui non c’è neppure l’apparenza di terzietà”.
Gianassi: “Riforma punitiva e ideologica”
Per il Dem Gianassi, la riforma è “punitiva e ideologica. Punitiva nei confronti della magistratura, perché il governo ha una vera e propria allergia nei confronti dei soggetti istituzionali che per legge sono autonomi e indipendenti.Dal giornalismo di inchiesta alle opposizioni fino alla magistratura, che nel nostro ordinamento non ha il compito di attuare il programma di governo, ma di esercitare un delicatissimo ruolo autonomo e indipendente”.
“Questa riforma è punitiva, e lo dicono gli stessi membri del governo. Pensiamo alle parole del vicepremier Matteo Salvini, che più volte, dopo sentenze e pronunciamenti dei giudici a lui sgraditi, ha dichiarato che proprio per queste ragioni è necessario approvare la separazione delle carriere. Cioè per contrastare le sentenze sgradite”.
“La riforma è ideologica perché siamo in presenza di un governo che guarda gli ultimi 30 anni passati e non ha la capacità di immaginare i prossimi 30. La destra italiana ha sventolato questa bandiera agli inizi degli anni Novanta. Trent’anni dopo il mondo è cambiato, ma loro restano attaccati a questo”.
Cervo (Anm): “Da governo e Parlamento solo slogan”
Dello stesso avviso è la magistrata Cervo: “Governo e Parlamento sono consigliati da abili comunicatori che hanno inventato slogan eccezionali, ma sono truffe delle etichette. E ce ne renderemo conto tutti quando – speriamo mai – questa riforma dovesse essere applicata”.
Per Gianassi, i problemi della giustizia italiana sono “ben altri: le udienze del giudice di pace sono rinviate al 2032. Ieri 12mila precari del Ministero della Giustizia hanno manifestato. Di fronte a situazioni di questo tipo sarebbe necessario mettere in campo riforme e misure che favoriscono l’efficientamento del sistema. Lo stesso Nordio ha detto che la riforma approvata è irrilevante rispetto a quest’ultimo”.
“A rischio l’indipendenza dei pubblici ministeri”
“Il governo non lo scrive esplicitamente nella riforma, ma assistiamo a modelli provenienti dall’estero nei quali, quando si è scelto di separare le carriere, poi i pm sono stati ricondotti sotto il potere esecutivo”.
Secondo il Dem Gianassi, “la riforma trasforma il pm da organo di giustizia, quale è oggi, impegnato a raccogliere prove a carico ma anche a discarico dell’indagatore, ad accusatore seriale. Questa è una degenerazione che rischia di fare ancora di più del processo un terreno di scontro in cui a rimetterci sono le garanzie dell’imputato.”
Cos’è la separazione delle carriere
Con il ddl Nordio, prima di cominciare a svolgere la professione, si dovrà scegliere se intraprendere la strada della magistratura giudicante o di quella requirente. La riforma Cartabia del 2022 dava invece la possibilità di fare un solo passaggio dall’una all’altra carriera solo una volta entro dieci anni dalla prima assegnazione.
Sostenendo le ragioni del no, Gianassi ritiene che su questo punto “tutte le argomentazioni addotte dal governo sono infondate. L’idea che questa riforma impedisca finalmente i passaggi di funzione da pubblico ministero a giudice e viceversa, è superata già dalla riforma Cartabia, che consente un solo passaggio in tutta la carriera. Nei fatti poi, meno dell’1% dei magistrati cambia funzione”.
E ancora: “Il fatto che giudici e pm abbiano un rapporto stretto che indebolisce la posizione dell’imputato, è smentito anch’esso dai fatti, perché la maggioranza delle sentenze sono di assoluzione. E questo dimostra che i giudici si discostano dagli orientamenti dei pm”.
Il doppio Csm
La riforma prevede l’istituzione di due Consigli della magistratura separati, uno per i pubblici ministeri, l’altro per i giudici.
- Perché sì: la riforma della separazione delle carriere invece, impone fin da subito due percorsi separati, e dunque anche due Csm, “cioè due organi di autogoverno separati”.
Secondo il meloniano Michelotti, “il giudice esce molto rafforzato e quindi apparirà effettivamente terzo e imparziale, applicando finalmente la Costituzione. Stiamo dando una forma a una cosa che occorreva fare da tempo”. - Perché no: “Per questa logica allora, dovremmo arrivare all’assurda idea di fare anche due Csm separati per i giudici di primo e secondo grado”, dice ancora Gianassi.
“Noi riteniamo, e questo è il pericolo più importante, che essendo mossa da un intendimento punitivo nei confronti della magistratura autonoma e indipendente, questa riforma inizia a una traiettoria nel nostro Paese che porta sempre più alla sottoposizione dei pm nei confronti dell’esecutivo”. - Secondo la magistrata Paola Cervo, né la separazione delle carriere né la conseguente istituzione del doppio Csm “comporta efficienza. La situazione attuale non cambia per i cittadini, la sofferenza della giustizia resterà”.

Ci saranno invece cambiamenti per la giustizia: “Il pubblico ministero cesserà di essere un magistrato tutelato dalle stesse garanzie del giudice e finirà sotto l’esecutivo. Conosco già l’obiezione di chi dice che questo non è scritto nella riforma, ma se il suo posto non sarà accanto al giudice, coperto dalle stesse garanzie, allora sarà sotto la politica”.
Cervo (Anm): “Chi dirigerà la polizia giudiziaria?”
La dottoressa Cervo punta il dito anche su un’altra questione: chi dirigerà la polizia giudiziaria? “Oggi c’è il pm e dà ai cittadini la garanzia che le azioni delle forze dell’ordine sia supervisionata da un magistrato”.
Se la riforma verrà approvata in via definitiva però, “non so quanto potremmo confidare sul mantenimento di questo status quo. Il rischio è che ogni maggioranza in futuro possa utilizzare il maggior potere ricevuto da questa riforma. È una questione di sostegno o avversione al governo in carica in quel momento. Ogni maggioranza avrà un potere che prima non aveva perché la Costituzione non glielo dava”.
L’Alta Corte disciplinare
La novità più importante della riforma sulla separazione delle carriere dei magistrato è l’istituzione dell’Alta Corte disciplinare. Avrà il compito di valutare e prendere provvedimenti nei confronti dei magistrati.
“Siamo contrari per tre motivi”, dice ancora il Dem Federico Gianassi. Il primo: “Si applica il meccanismo del sorteggio”. L’Alta Corte sarà composta da 15 giudici (3 scelti dal presidente della Repubblica, 3 estratti a sorte da un elenco del Parlamento, 6 a sorte tra i magistrati giudicanti e 3 da quelli requirenti).
Il secondo: “Non è una sorta di camera di secondo grado rispetto al procedimento disciplinare del Csm, ma viene sottratta a quest’ultimo la funzione disciplinare. Per noi è un errore”. Infine, il terzo: “Introduce una forte distonia nell’ordinamento, perché vale per la magistratura ordinaria e non per le altre”.
Il Partito Democratico però, spiega Gianassi, “nella prima lettura abbiamo presentato molte proposte di modifica, perché non siamo ostili di per sé al concetto. Tutte le proposte del PD sono state respinte senza nemmeno essere affrontate e discusse”.
“Garantisce autonomia e indipendenza”
Michelotti spiega che l’Alta Corte disciplinare ha il compito di “garantire in maniera effettiva l’indipendenza e l’autonomia dei magistrati, prevenendo ogni possibile rischio di condizionamenti”.
A garanzia quindi, di tutti: “È lo sviluppo sviluppo naturale di questa riforma, perché garantisce autonomia e indipendenza, tenendo presente che siamo anche qui in una composizione in prevalenza togata e non laica. Quest’ultima poi, rappresenta una garanzia per non tornare all’autoreferenzialità totale della magistratura”.
Cervo: “Falso che la giustizia disciplinare è addomesticata”
Il Consiglio superiore della magistratura, “proprio ieri ha radiato un collega che aveva preteso favori sessuali in cambio di alcune decisioni”. A ricordarlo è la dottoressa Paola Cervo.
“Quindi, quando si dice che la giustizia disciplinare del Consiglio superiore della magistratura è addomesticata, forse si dimenticano un po’ i fatti. Sarebbe interessante comparare le nostre decisioni disciplinari con quelle, per esempio, del Consiglio Nazionale Forense”.
Il sorteggio per i Csm e l’Alta Corte disciplinare
Il sorteggio è sostenuto da una parte del Comitato direttivo centrale dei magistrati. “Ma la posizione dell’Anm è chiara: siamo contrari”, ci spiega la dottoressa Paola Cervo.
Le ragioni di chi è contrario
Perché “crea una grande disparità nei due Csm, perché ad essere sorteggiati saranno solo i togati. Non c’è parità di ruolo tra i laici e i togati e questo è assurdo perché i laici hanno il compito di evitare l’autoreferenzialità del potere giudiziario”.
Lo stesso discorso vale per l’Alta Corte: in ogni caso, spiega la magistrata, i togati hanno più potere per una questione di numeri. “Si rende conto dello svuotamento dell’autogoverno e della tutela che ci mette addosso la politica con questa riforma? Questo non è un danno per noi, ma per chi siede davanti a me senza potersi più fidare. Senza potersi più fidare del mio coraggio, della mia serenità di giudizio. E per questo che l’Anm è tanto impegnata contro questa riforma”.
Le ragioni di chi è a favore
Per il deputato del primo partito della maggioranza, il sorteggio è “l’unico strumento possibile per debellare in maniera definitiva il correntismo nella magistratura“.
Michelotti garantisce anche che questo metodo non inciderà sulle quote di genere: “Quando andremo nella riserva di legge a disciplinare in maniera precisa e puntuale il meccanismo del sorteggio e delle liste che farà il Parlamento, è chiaro che sarà rispettata”.
Inoltre, “sulla base della proporzione della riforma rimane la maggioranza dei togati. Da questo punto di vista garantiamo la loro maggioranza, com’è anche giusto che sia”.
Il referendum
“Siamo impegnati e mobilitati per difendere la Costituzione scritta da Piero Calamandrei. Siamo sicuri che gli italiani la preferiscano a quella scritta da Nordio”. Parole queste, del deputato del Pd Federico Gianassi.
Anche l’Associazione Nazionale Magistrati avrà un ruolo nella campagna referendaria a favore del no alla riforma. E per questo ha costituito un comitato, “disciplinato con modalità a garanzia dell’autonomia e della nostra indipendenza. Accetteremo finanziamenti solo da privati e non da banche, partiti e altri organi simili”, spiega ancora la dottoressa Paola Cervo.
“Non potranno prendervi parte personaggi politici che hanno ricoperto cariche politiche o di partito. Insomma: vogliamo tenerci fuori da qualunque rischio di strumentalità politica nel nostro impegno. Lo riteniamo fatto soltanto a favore della cittadinanza, a tutela del bene collettivo. Saremo presenti in tutti i dibattiti. Chiunque vorrà, può chiamare l’Anm per partecipare a incontri pubblici e contare sulla nostra presenza. Non guarderemo in faccia a nessuno: ogni luogo è importante per parlare di questa riforma”.