Guerra nella Striscia di Gaza, sempre più Paesi vanno verso il riconoscimento dello Stato palestinese. Dopo gli annunci di Regno Unito e Francia ora ci si chiede: perché è importante tale riconoscimento?
Anche il Regno Unito, a seguito di pressioni interne ed esterne più o meno esplicite, ha annunciato che riconoscerà lo Stato palestinese. Si tratta di un passo verso la soluzione due popoli due Stati che è entrata sempre più nel dibattito geopolitico internazionale con l’acuirsi del conflitto nella Striscia di Gaza.
Ma cosa significa riconoscere la Palestina come Stato e perché potrebbe essere decisivo nel quadro del Medio Oriente? Cominciamo col dire che il premier inglese Keir Starmer ha annunciato che “Il Regno Unito riconoscerà lo Stato palestinese a settembre, prima dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite”. Una dichiarazione che aveva già fatto il presidente francese Emmanuel Macron.
Dopo la Francia, insomma, la Francia, la Gran Bretagna diventerà il secondo Paese del Consiglio di sicurezza dell’Onu, la seconda nazione del G7 e la 149esima a riconoscere lo Stato palestinese. L’annuncio non è stato gradito né da Israele né dal presidente Usa Donald Trump. Tel Aviv, in particolare, ha affermato che il riconoscimento sarebbe “una ricompensa per Hamas” che danneggerebbe “gli sforzi volti a ottenere un cessate il fuoco a Gaza e un quadro per il rilascio degli ostaggi”.
Lo Stato palestinese come entità sovrana
Riconoscere la Palestina come Stato significa, ai sensi del diritto internazionale, accettarne l’esistenza come entità sovrana. Dunque con un proprio territorio, un governo e un popolo. Si tratta di un atto politico ma con conseguenze diplomatiche importantissime. Ad oggi la Palestina è osservatore permanente delle Nazioni Unite ma non uno Stato membro. Al di là delle questioni delle rappresentanze ufficiali in altri Paesi come le Ambasciate, la Palestina non può rivendicare diritti territoriali secondo le normative internazionali.
Secondo molti analisti la mancanza di confini riconosciuti, insomma, sarebbe alla base dell’annoso conflitto con Israele. Per comprendere ancor più a fondo la questione è necessario risalire al 1917, quando la Palestina era parte dell’Impero Ottomano. Dopo la Prima guerra mondiale divenne Mandato britannico, e l’Onu nel 1947 propose la divisione del territorio in due Stati: uno ebraico, Israele, e uno arabo, la Palestina appunto.
La divisione fu rifiutata dai Paesi arabi per tre motivi fondamentali. Come prima cosa, i palestinesi non furono veramente coinvolti nel processo decisionale e non ci fu un confronto politico diretto con le leadership arabe. Inoltre il piano dell’Onu assegnava il 55% del territorio agli ebrei che a quei tempi rappresentavano solo un terzo della popolazione. Infine, gli arabi e i palestinesi non accettavano l’idea di uno Stato ebraico in un territorio che consideravano storicamente musulmano.
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Il risultato è che nel 1948 nacque Israele, mentre la Palestina non ottenne mai un riconoscimento ufficiale. I palestinesi attualmente vivono in due territori separati: la Cisgiordania, in parte occupata da Tel Aviv, e la Striscia di Gaza, attualmente controllata da Hamas, considerata un’organizzazione terroristica da gran parte delle istituzioni internazionali.
Ciononostante, nel corso del tempo molti Paesi hanno riconosciuto la Palestina. Tra di essi, ci sono Cina, Russia e India, già nel 1988. Più recentemente, la Svezia è stato il primo Stato dell’Europa occidentale a riconoscere la Palestina nel 2014. Dopo lo scoppio della guerra a Gaza hanno ufficializzato il riconoscimento la Spagna, l’Irlanda e la Norvegia. In totale, il 75% dei Paesi riconosciuti dall’Onu hanno a loro volta riconosciuto la Palestina.