È partita ufficialmente la caccia ad Ignoto 3 nell’ambito della nuova inchiesta sul delitto di Garlasco: l’obiettivo è conoscere il prima possibile a chi appartiene il dna maschile rinvenuto sul corpo di Chiara Poggi.
Per trovare Ignoto 3 Procura della Repubblica di Pavia e consulenti compareranno il dna trovato sul corpo di Chiara Poggi con quello di trenta persone. Una cerchia ristretta che però, in maniera forse inaspettata, include sia operatori sia conoscenti della vittima.
“Il profilo genetico del cosiddetto Ignoto 3 potrebbe appartenere a qualcuno che non è censito ufficialmente. In questo termine ci sono tante ipotesi, compresa quella dell’autore o il coautore dell’omicidio. Bisogna capire chi sia. Ma restringere il cerchio a distanza di tanto tempo è certamente più difficile“.
A parlare, in esclusiva per Notizie.com, è Ugo Terracciano, docente di Criminologia e fondatore e presidente dell’Aicis, l’Associazione italiana criminologi per l’investigazione e la sicurezza. Il riferimento è appunto alle ricerche della persona a cui appartiene il profilo genetico maschile individuato sulla garza non sterile che diciotto anni fa venne usata per prelevare materiale biologico dalla cavità orale di Chiara Poggi.
Terracciano (Aicis): “Nelle indagini per omicidio bisogna avere accortezza e accuratezza”
Ricerche che riguarderanno non solo gli operatori che hanno avuto a che fare con il corpo senza vita della giovane uccisa il 13 agosto 2007 nella sua villetta in via Pascoli, ma anche la cerchia delle sue conoscenze e di quelle del fratello Marco e del suo amico Andrea Sempio. Quest’ultimo, bisogna ricordarlo, è accusato di omicidio in concorso con altri. La domanda è: quel dna rinvenuto è frutto di una contaminazione oppure è la firma del killer?
“Se fosse un’ennesima contaminazione da parte di un addetto ai lavori, non sarebbe molto rassicurante. – ha continuato Terracciano – Parliamo di un’indagine per omicidio e di tanti anni di carcere a carico di un indagato. In questi casi bisogna avere sicuramente molta accortezza e accuratezza, è fondamentale. Non so cosa sperare. Se fosse una contaminazione, non è quello che ci si può aspettare da un’indagine così importante”.
In realtà, la firma ben evidente dell’assassino era già sul pigiama di Chiara. Si tratta di impronte di sangue che furono inavvertitamente “cancellate” nel corso dei rilievi. Girando il corpo della giovane, che fu trovato in fondo alla rampa di scale che conduce al seminterrato, i vestiti si inzupparono di liquido ematico. Una delle tante falle emerse in merito a come venne svolta l’inchiesta che ha costretto la Procura a ripartire pressoché da zero. Tra le ipotesi in campo oggi quella che il killer non abbia agito da solo quella mattina di agosto.
“Credo che la Procura stia procedendo con le idee molto chiare. – ha proseguito il criminologo – L’ipotesi di una possibile presenza di un altro soggetto sulla scena verrà valutata molto seriamente. Ripeto: purtroppo sono passati tanti anni e l’indagine è sicuramente più complicata. Se la Procura è stata orientata ad aprire un nuovo fascicolo non lo ha fatto solo sulla base di sensazioni. Ci sono degli elementi che cercheranno di valutare”.
Garlasco, il criminologo: “Sempio? Già condannato dai media”
Sempio è indagato nel procedimento, ma al momento di lui in casa non c’è alcuna traccia se non per la famosa impronta 33 in fondo alle scale che sembrerebbe essere stata “smontata” dai consulenti della difesa e declassificata come un semplice segno sul muro.
“Sempio è indagato, ma non vuol dire che è già condannato. Se vogliamo, lo ha condannato la stampa perché è tutti i giorni sui giornali. – ha sottolineato Ugo Terracciano – Ma un indagato ha una posizione di garanzia. La Procura avrà sicuramente elementi a suo carico ed ha il dovere di approfondirli. E deve farlo anche se questi potrebbero giocare a suo discarico. È un’indagine seria e delicata: c’è una persona che ha scontato buona parte della pena”.
Proprio in queste ore sull’indagine è intervenuto nuovamente il Ministro della Giustizia Carlo Nordio. “La vicenda Garlasco comunque finirà, finirà male, – ha commentato Nordio – perché l’imputato condannato che si è fatto già dieci anni forse non è il colpevole. È emersa poi una seconda ipotesi, poi una terza.. Dopo diciotto anni un esame del dna è duro da dimostrare. È un’indagine lunga, costosissima e dolorosa”.
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“Siamo di fronte a un procedimento indiziario – ha specificato il presidente Aicis – e a tanti elementi va data una certa coerenza. Il mosaico si compone alla fine. L’indagine anni fa ha preso una certa direzione in un procedimento giudiziario molto controverso in cui Alberto Stasi è stato assolto per due volte e poi è stato condannato. Ci sarebbe un po’ da ragionare sul tema del ragionevole dubbio”.
L’incidente probatorio, i reperti di Garlasco e la necessità di nuove procedure
Tutto ruota, comunque, incidente probatorio compreso sul quale sono al lavoro pm, avvocati, periti e consulenti, sui reperti rinvenuti nella villetta di via Pascoli. Alcune tracce, come l’originale frammento di muro dell’impronta 33, non sono più state trovate, nonostante gli sforzi di inquirenti ed investigatori di tirarli fuori dagli archivi.
“Ci sono due ragionamenti che dovrebbero conciliarsi fra di loro. – ha sottolineato Terracciano – Da una parte, le sentenze definitive dovrebbero mettere una pietra tombale sulle vicende processuali. Mantenere in custodia dei reperti per tanti anni potrebbe anche sembrare superfluo e dispendioso“.
“Dall’altra parte, però, la cronaca ci ha insegnato che ci sono sentenze che non raggiungono effettivamente la verità storica, ma solo la verità giudiziale. Sarebbe logico prevedere dei protocolli di conservazione solo nei processi indiziali. Se l’imputato confessa o lo arrestano in flagranza o se ci sono telecamere che lo riprendono mentre commette l’omicidio, è superfluo andare a conservare dei reperti che non servirebbero a rimettere in discussione il caso”.
“Si potrebbe procedere – ha concluso il criminologo – con una conservazione non perenne, ma con un certo lasso di tempo congruo, per i casi che sono indiziali e che quindi hanno lasciato comunque una residua parte di dubbio. Questo vale anche per la pubblica amministrazione, per il mantenimento degli atti, poiché c’è una procedura per lo scarto dei documenti negli archivi. Si potrebbe introdurre una procedura anche per lo scarto dei reperti nei casi giudiziali”.