Pfas, gli inquinanti eterni e le bonifiche “clamorosamente” in ritardo. Ungherese (Greenpeace): “Vietarne subito la produzione”

I Pfas sono anche conosciuti come “inquinanti eterni”. Nei giorni scorsi un Tribunale italiano ha condannato a quasi centocinquant’anni di carcere undici persone per aver compromesso l’ambiente.

La Corte d’assise di Vicenza ha condannato a centoquarantuno anni di carcere undici manager dell’ex fabbrica Miteni di Trissino per l’inquinamento da composti perfluoroalchilici, i famigerati Pfas (Perfluorinated alkylated substances).

Un attivista di Greenpeace durante la campagna contro i Pfas
Pfas, gli inquinanti eterni e le bonifiche “clamorosamente” in ritardo. Ungherese (Greenpeace): “Vietarne subito la produzione” (ANSA FOTO) – Notizie.com

L’inquinamento ha toccato le province di Vicenza, Padova e Verona. Un territorio abitato da quasi 350mila cittadini. Decine i milioni di euro di risarcimento danni. Si tratta del risultato di un’importante opera di denuncia fatta dalla società civile e di indagine del Noe dei carabinieri. Adesso bisognerà mettere in sicurezza e bonificare tutta l’area contaminata, a tutela dell’ambiente e della salute delle persone.

La sentenza del Tribunale di Vicenza è da considerarsi storica e segna un clamoroso cambio di passo nella sfida nazionale e europea agli inquinanti eterni, noti anche come Pfas. – ha dichiarato, in esclusiva per Notizie.com, Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna inquinamento di Greenpeace Italia – Grazie all’inasprimento delle norme ambientali introdotte negli ultimi anni nell’ordinamento nazionale, siamo arrivati a pene severe. Le condanne comminate a Vicenza sono un monito importante per tutte quelle realtà industriali. Realtà che, ancora oggi, producono o usano queste sostanze e le sversano, in maniera più o meno consapevole, nell’ambiente”.

Pfas in Veneto, il caso scoppiò nel 2013

Il caso scoppiò nel 2013, quando la Regione Veneto venne informata dal Ministero dell’Ambiente sulla presenza di Pfas in concentrazioni “preoccupanti” nelle acque potabili di alcuni Comuni. Ciò diede il via alla battaglia dei movimenti ambientalisti, in particolare del movimento delle Mamme No Pfas. È stato un vero e proprio maxiprocesso, durato cinque anni con centotrentaquattro udienze complessive.

Le bonifiche rappresentano ferite ancora aperte in varie zone d’Italia. – ha continuato l’esperto di Greenpeace – I Sin (i Siti di interesse nazionale) ne sono un concreto esempio. Meno del 20% dei terreni e circa il 6% delle falde acquifere è stato bonificato negli ultimi decenni. Per la bonifica del sito Miteni siamo clamorosamente in ritardo. Nonostante siano passati più di dieci anni dalla scoperta della contaminazione solo oggi stiamo arrivando alla messa in sicurezza operativa“.

Greenpeace durante la campagna contro i Pfas
Pfas in Veneto, il caso scoppiò nel 2013 (ANSA FOTO) – Notizie.com

Un’operazione preliminare all’avvio della bonifica vera e propria. Per il caso Veneto bonificare tutto il territorio contaminato (oltre 200 chilometri quadrati) è un’operazione sfidante e oggi difficilmente realizzabile. Per evitare però che casi come questi si ripetano è necessario un cambio di marcia a livello di regolamentazione dei Pfas”.

Greenpeace periodicamente pubblica i risultati della propria indagine denominata Acque senza veleni. Al centro della campagna proprio le sostanze chimiche usate in numerosi processi industriali e prodotti di largo consumo che si accumulano nell’ambiente. Queste sono da tempo associate a gravi rischi per la salute che comprendono disfunzioni ormonali e problemi alla tiroide. Ma anche problemi al fegato e ai reni e ridotta risposta del sistema immunitario.

Ungherese (Greenpeace) in esclusiva per Notizie.com: “I risultati dell’indagine ci hanno sorpreso”

I risultati dell’indagine Acque senza veleni ci hanno sorpreso, non pensavamo che così tante aree del Paese fossero intaccate da questa contaminazione. – ha sottolineato Ungherese – Oggi particolari criticità si registrano nell’Alessandrino. Qui insiste l’unico stabilimento che produce queste sostanze, ma anche in varie altre aree del Piemonte: da Torino a numerosi comuni della Valle di Susa“.

Tutta l’asta del fiume Po, a valle di Torino e fino alla foce, risulta contaminata così come numerosi Comuni della Toscana, laddove insistono importanti distretti manifatturieri, e varie zone della Lombardia, Milano inclusa. Purtroppo i Pfas se immessi nell’ambiente sono destinati a restarci per secoli. Pertanto noi riteniamo che in via prioritaria il problema vada affrontato all’origine vietando la produzione. E accompagnando le varie realtà che impiegano i Pfas nei cicli produttivi a introdurre alternative Pfas-free che già esistono sul mercato”.

Due attivisti di Greenpeace durante la campagna contro i Pfas
Ungherese (Greenpeace) in esclusiva per Notizie.com: “I risultati dell’indagine ci hanno sorpreso” (ANSA FOTO) – Notizie.com

Recentemente Greenpeace ed il sindacato Usb dei vigili del fuoco hanno condotto un’indagine sui livelli di Pfas presenti nei dispositivi di protezione individuale e nel sangue dei pompieri di diversi comandi. I dati sierologici (analisi sul siero estratto dal sangue) hanno superato la prima soglia di rischio individuata dalla National academy of sciences. Un altro studio intitolato Message from the bottle pubblicato dal Pesticide action network (Pan Europe) ha rilevato la presenza di Tfa, ovvero l’acido trifluoroacetico, nei vini di dieci Paesi europei tra cui Chianti e Prosecco.

Greenpeace da tempo ha lanciato una petizione, sottoscritta da migliaia di persone, per chiedere un intervento legislativo al nostro governo. – ha affermato il responsabile della campagna inquinamento di Greenpeace – Al nostro fianco ci sono decine di movimenti e comitati territoriali che da tempo pagano sulla loro pelle un prezzo elevato dovuto alla contaminazione. E all’inazione politico-legislativa. Purtroppo finora non siamo stati ascoltati dalla politica. Ci auguriamo che la sentenza di Vicenza segni un cambio di passo perché chi ci governa non può restare a guardare. I dati ci dicono che di Pfas si muore, il governo deve farsi carico di tutelare la collettività”.

“Le scelte italiane non sembrano essere guidate dalle evidenze scientifiche”

All’inizio di giugno la Commissione Affari sociali della Camera ha approvato un Decreto legislativo che prevede la riduzione dei livelli consentiti di Pfas nelle acque potabili. Per la prima volta, viene inserito tra le sostanze da monitorare anche il Tfa.

Il decreto che introduce limiti più cautelativi è un importante passo avanti. Ma non può essere considerato sufficiente a tutelare la salute umana. – ha concluso Giuseppe Ungherese – D’altra parte la comunità scientifica internazionale indica chiaramente come queste sostanze siano pericolose a soglie infinitamente basse anche difficili da misurare“.

Come già fatto da altri Paesi come Danimarca, Svezia, la regione belga delle Fiandre e i Paesi Bassi bisogna introdurre limiti prossimi allo zero tecnico. Purtroppo le scelte italiane non sembrano essere guidate dalle evidenze scientifiche più recenti. Abbiamo già sollecitato le forze parlamentari a optare per valori molto più bassi. Ci auguriamo che si arrivi a un accordo bipartisan per introdurre limiti realmente protettivi per la salute”.

Gestione cookie