“Se la Procura di Pavia ha deciso di procedere con l’incidete probatorio per il delitto di Garlasco ha evidentemente ritenuto che ci siano buoni margini per ottenere un risultato”.
A parlare, in esclusiva per Notizie.com, è Ugo Terracciano, docente di Criminologia e fondatore e presidente dell’Aicis, l’Associazione italiana criminologi per l’investigazione e la sicurezza.
Bisogna ricordare che in questi giorni si sta tenendo l’incidente probatorio nell’ambito della nuova inchiesta sull’omicidio di Chiara Poggi. Il delitto è avvenuto nella villetta di famiglia in via Pascoli a Garlasco il 13 agosto 2007. I pm guidati da Fabio Napoleone hanno riaperto le indagini a carico di Andrea Sempio, amico del fratello della vittima. L’uomo è indagato per concorso in omicidio. Per l’omicidio c’è già però un condannato a sedici anni di carcere, Alberto Stasi, fidanzato di Chiara.
Ma dopo 18 anni, è realmente possibile ottenere elementi probatori utili da reperti come quelli rinvenuti nella spazzatura? “Il fattore tempo è relativo e di sicuro non favorisce le analisi scientifiche. Ma non è un elemento determinante. – ci ha spiegato Terracciano – Dipende dallo stato di conservazione e dalle tecniche scientifiche applicabili. Se la Procura ha deciso di procedere con l’incidente probatorio ha evidentemente ritenuto che ci siano buoni margini per ottenere un risultato. Poi vedremo quale risultato”.
Garlasco, Terracciano (Aicis) in esclusiva: “Non confondere dati oggettivi con quelli ipotetici”
Secondo il docente l’incidente probatorio è un istituto processuale che viene utilizzato per “cristallizzare” la prova in una fase antecedente quella del dibattimento. Ciò vuol dire che se la Procura ha deciso di farvi ricorso è animata dall’idea che una prova possa effettivamente esserci. Una delle ultime ipotesi è che Chiara Poggi sia stata aggredita dopo una possibile colazione condivisa. E non subito dopo aver aperto la porta al proprio assassino.
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“Ho l’impressione che si confondano i dati oggettivi con quelli ipotetici, frutto di ragionamenti astratti. – ha sottolineato il criminologo – Ma quello che conta è il dato oggettivo che qui è uno e riguarda la persona della povera vittima. Pare che fosse intollerante al lattosio il che escluderebbe che avesse consumato il famoso Fruttolo, che è appunto un prodotto non incluso nella sua normale dieta”.
Il criminal profiling, stando a quanto ci dice Terracciano, è una tecnica applicata nelle indagini sui crimini seriali “e non è il nostro caso”. Qui c’è da accertare chi abbia consumato quel prodotto perché in questo modo si può riscontrare che con la ragazza la mattina dell’omicidio erano presenti altre persone con cui lei aveva quanto meno un rapporto di cordialità.
Pm, avvocati, consulenti e periti sono alle prese con materiale rimasto nella villetta per mesi. Tutto ciò ha sollevato dubbi sull’approccio iniziale all’inchiesta. “Di sicuro la prima fase dell’indagine è di fondamentale importanza. – ha affermato Ugo Terracciano – Non a caso gli accertamenti urgenti sui luoghi, sulle cose e sulle persone avvengono quasi sempre senza contraddittorio. Data l’urgenza le operazioni tecniche sono ad appannaggio esclusivo degli organi investigativi e del resto non potrebbe essere altrimenti”.
Garlasco, prima fase concitata ma non esiste solo il dna
Insomma per quanto fondamentale, la prima fase è anche quella più concitata e questo conduce spesso a tralasciare qualcosa o a commettere degli errori. Sul tema dell’errore nelle investigazioni Terracciano ha scritto un libro in pubblicazione a novembre in cui analizza una lunga rassegna di mancanze nei casi di cronaca più controversi. Cercando di spiegare i meccanismi spesso involontari che conducono in fallo gli inquirenti.
“Le evidenze scientifiche che si rilevano sui luoghi sono certamente importantissime, ma talvolta le grandi aspettative che ne derivano comportano un abbassamento dell’attenzione sulle indagini tradizionali. – ha sottolineato il docente – Non ci sono solo il dna e la dpa. Ci sono anche i riscontri fattuali che gli investigatori devono sempre ricercare verificando molto bene ciò che riferiscono i testimoni e anche ricostruendo il contesto socio-ambientale nel quale si sono svolti i fatti”.
L’attuale ipotesi del “concorso” nell’omicidio apre comunque a nuovi scenari investigativi. Secondo il presidente Aicis bisogna considerare i meccanismi legali. Nel formulare una nuova eventuale imputazione ad un soggetto terzo non si può non tenere conto che per quell’omicidio esiste già un condannato in via definitiva. Quindi il nuovo indagato si deve ipotizzare che abbia agito in concorso quantomeno con Alberto Stasi, se non con altri.
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Sono meccanismi giuridici. Bisogna considerare che non è stata aperta la revisione del processo a Stasi, è stata avviata una nuova indagine sul medesimo evento, ma su un’altra persona. “Magari da tutto questo potrebbe venire fuori che Stasi è innocente, ma questo non è l’obiettivo della nuova indagine. Magari è un discorso che si potrà riaprire successivamente a seconda dei risultati che verranno fuori”.
La vera complicazione, per Terracciano, è che siamo di fronte ad un omicidio “senza movente“. “Attenzione: il movente non è un elemento costitutivo del reato. – ha concluso il docente di Criminologia – Non deve essere accertato per forza. Quello che conta è l’azione dell’assassino e l’evento che ha provocato. Però, se si potesse capire qual è la molla che ha fatto scattare tanta violenza l’indagine sarebbe facilitata. Per quello che si apprende dalla stampa ci sarebbero degli elementi concreti che fanno pensare ad una cooperazione nell’omicidio. Se così fosse, l’impressione è che nella tragica azione omicidiara ai danni della ragazza diversi soggetti potrebbero essere stati presenti con ruoli diversi, non tutti necessariamente attivi”.