Garlasco, cosa sappiamo del capello di tre centimeti ritrovato tra i rifiuti di casa Poggi

Un capello di tre centimetri: cosa sappiamo del nuovo reperto trovato nel sacco della spazzatura della casa di Chiara Poggi. 

Un nuovo reperto è emerso durante il secondo appuntamento dell’incidente probatorio nell’ambito della nuova indagine sul delitto di Garlasco.

Chiara Poggi in una foto di archivio
Garlasco, cosa sappiamo del capello di tre centimeti ritrovato tra i rifiuti di casa Poggi (Ansa Foto) – notizie.com

Si tratta di un capello di tre centimetri rinvenuto nel sacco della spazzatura otto mesi dopo l’omicidio di Chiara Poggi e che non è mai stato analizzato. Si trovava nel sacchetto di plastica con il resto dei reperti rinvenuti nella villetta di via Pascoli dagli investigatori dell’epoca: un piattino, i vasetti di yogurt, un bicchiere di plastica di tè freddo e i resti della colazione che la vittima quella mattina non riuscì a terminare.

Questo capello verrà ora analizzato da Denise Albani e Domenico Marchigiani, i due consulenti nominati dal giudice per le indagini preliminari di Pavia, per tentare di estrarre un profilo di dna nucleare. Potrebbe rivelarsi un nuovo elemento di svolta verso una nuova verità sulla morte di Chiara Poggi, nell’ambito dell’indagine su Andrea Sempio. Oppure essere un buco nell’acqua.

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La scoperta è avvenuta nel laboratorio scientifico della Questura di Milano, poco prima di un blackout. Inizialmente il capello non era stato analizzato perché si era pensato fosse un pelo del gatto di famiglia. Diciotto anni dopo quel tragico 13 agosto del 2007, gli esperti ipotizzano che abbia una “formazione pilifera” di origine umana.

Altri sette capelli furono trovati nella mano di Chiara Poggi

Sarà da chiarire a chi appartenga questo capello: se a Chiara Poggi oppure a una persona non ancora identificata. Un tentativo di estrarne il dna si rivelò vano che nel 2007. Nel 2008 il genetista Carlo Previderè analizzò anche un mazzetto di sette capelli rinvenuti nel pugno della mano della vittima. Solo uno era provvisto di bulbo e dal dna risultò appartenente a Chiara Poggi. Mentre da altri diciassette rinvenuti sul luogo del delitto, fu possibile isolare un solo aplotipo mitocondriale, anch’esso riconducibile alla giovane.

Nel 2007 non vennero analizzati i capelli nel lavandino, dove si ipotizzò che il killer si fosse lavato prima di lasciare la villetta. Grazie ai nuovi strumenti della tecnologia, oggi questi reperti potrebbero restituire risultati differenti. Così non è stato invece, per il primo appuntamento dell’incidente probatorio, che si è tenuto martedì 17 maggio.

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All’attenzione dei periti, anche un’impronta sull’etichetta del bicchiere del tè freddo, che però non ha restituito elementi nuovi. Lo stesso è stato per un’impronta digitale isolata sul telefono fisso in casa, che era sporco del sangue di Chiara. L’ipotesi è che la giovane lo abbia toccato nel tentativo di chiamare aiuto.

Ci sono poi le tracce già repertate nel 2007, che però furono archiviate come “di nessuna utilità” ma che ora potrebbero rivelare nuovi elementi utili alle indagini.

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