“Ultras, amicizia, lealtà, fratellanza, aggregazione: noi siamo la curva sud, non siamo un’associazione”.
È stato questo il testo dello striscione esposto da un gruppo di tifosi del Milan fuori dall’aula di San Vittore. All’interno del bunker i giudici stavano decidendo il destino dei capi ultrà del capoluogo lombardo coinvolti nel processo Doppia Curva.
Poche ore fa la decisione: il capo ultras del Milan Luca Lucci, e quello dell’Inter Andrea Beretta, sono stati condannati. Prima di parlare dell’entità della pena e dei reati di cui devono rispondere i due, bisogna ricordare che Beretta, in particolare, è diventato collaboratore di giustizia.
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Il processo si è svolto a porte chiuse con rito abbreviato in più tranche mentre fuori dall’aula bunker i tifosi hanno contestato le accuse mosse dai pm antimafia. Il processo era a carico di sedici ultrà in tutto, tra capi curva e sodali. Era scaturito dalle indagini dei pm della Direzione distrettuale antimafia (Dda) Milano Paolo Storari e Sara Ombra della Procura diretta da Marcello Viola. Indagini che avevano portato al maxi blitz Doppia Curva di fine settembre di polizia di stato e guardia di finanza.
Inchiesta ultras: minacce, estorsioni e ‘ndrangheta calabrese
Uno scenario a dir poco inquietante quello delineato dall’Antimafia. Nelle 560 pagine dell’ordinanza c’erano minacce, estorsioni, traffici illeciti, omicidi e rapporti con la ‘ndrangheta calabrese. In particolare l’associazione a delinquere riconducibile ai vertici della curva nord dell’Inter si finanziava attraverso la vendita di biglietti, bevande, magliette e gadget a prezzi maggiorati.
Fornivano inoltre protezione agli imprenditori che richiedevano servizi di guardiania fuori dallo stadio San Siro. Gestivano i parcheggi e permettevano gli ingressi illegali nella struttura. Un quadro sul quale aveva voluto vederci chiaro anche la Commissione parlamentare Antimafia, che aveva deciso di acquisire gli atti dell’indagine. Il blitz era scattato pochi giorni dopo l’omicidio di Bellocco per mano di Andrea Beretta, entrambi ai vertici della curva dell’Inter.
Bellocco era ritenuto un esponente del potente omonimo clan calabrese. Stando alle carte dell’inchiesta Bellocco avrebbe voluto estromettere Beretta dagli affari della curva nerazzurra ed in particolare dalla gestione del merchandising. Pochi giorni dopo il blitz, il 4 ottobre, la Questura aveva predisposto i daspo proprio nei confronti di Beretta e Lucci, gli stessi soggetti condannati oggi. Per loro lo stadio resterà off-limits, comunque continueranno i successivi gradi di giudizio, fino al 2034.
Tra ottobre e novembre Beretta aveva deciso di collaborare con la giustizia. Aveva riempito numerosi verbali anche sull’omicidio del 2022 dello storico capo ultrà interista Vittorio Boiocchi, un cold case poi risolto. “La tua infamità non appartiene alla nostra mentalità”, lo striscione che gli avevano dedicato allora gli ex compagni della curva. Ed il 23 novembre era stato rinvenuto nella sua disponibilità un vero e proprio arsenale da guerra composto da granate, pistole, kalashnikov, bombe a mano, mitragliette, proiettili e giubbotti antiproiettile. E man mano si erano cominciati a delineare i contorni dei contrasti tra Beretta, scampato a più agguati, e Bellocco, il cui obiettivo era appropriarsi del brand We are Milano.
Doppia Curva, il caso della finale di Champions League
Il corposo fascicolo della Dda milanese non aveva risparmiato neppure l’allora allenatore dell’Inter Simone Inzaghi ed alcuni dirigenti, calciatori ed ex calciatori. Nessuno di loro è mai stato indagato, ma dalle carte di Doppia Curva era scaturito un procedimento davanti alla Procura federale. Il capitolo dell’inchiesta, in questo caso, era quello su biglietti.
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Era emerso che prima della finale di Champions League tra Inter e Manchester City disputata ad Istanbul il 10 giugno 2023, gli ultras erano furiosi per non aver ottenuto dalla società abbastanza biglietti che avrebbero poi dovuto rivendere a prezzo maggiorato.
Dopo aver minacciato uno sciopero del tifo si erano rivolti, tra gli altri, allo stesso Inzaghi. Che con la magistratura sportiva ha patteggiato un turno di stop e 15mila euro di multa. Sanzionati nello stesso procedimento anche l’ex capitano e bandiera nerazzurra, poi dirigente, Javier Zanetti, ed il centrocampista Hakan Calhanoglu.
Arriviamo a oggi, quando la gup di Milano Rossana Mongiardo ha letto la sentenza condannando a dieci anni di reclusione Luca Lucci e Andrea Beretta. Il primo era imputato per associazione a delinquere e per il tentato omicidio dell’ultrà Enzo Anghinelli. Beretta rispondeva invece dell’omicidio di Antonio Bellocco e di associazione a delinquere aggravata dal metodo mafioso. Il pubblico ministero Storari aveva chiesto dieci anni per Lucci e nove per Beretta.
Sempre dieci anni sono stati inflitti a Daniele Cataldo, il vice di Lucci. Otto anni per Marco Ferdico, anche lui tra i leader del direttivo della curva dell’Inter. L’unica donna imputata, Debora Turiello è stata condannata a due anni, con pena sospesa. La giudice ha riconosciuto anche risarcimenti a carico degli ultras, per danni patrimoniali e di immagine, da 20mila euro per la Lega Serie A e da 50mila euro ciascuna per Inter e Milan.