La partecipazione religiosa cala ancora: come leggere i dati Istat?

Un dibattito che prosegue da anni, sempre nella stessa modalità. Cala la partecipazione alle funzioni religiose e nelle attività della Chiesa, come anche l’identificazione in essa. Novità? No di certo. Basta recarsi a Messa la domenica per rendersi conto che coloro che frequentano regolarmente le funzioni liturgiche sono in gran parte anziani, o comunque adulti padri e madri di famiglia. La domanda più interessante è però sul cosa ci dica tutto questo, e su i numeri si traducano in vita vissuta per coloro che restano fedeli e dentro la Chiesa, come anche per chi tenta di cogliere le dinamiche del mondo esterno a ogni orizzonte religioso della vita. 

In un mondo in continua evoluzione per mano della tecnologia sempre più invadente, vi è una questione propriamente antropologica da affrontare, ma quella che si erge all’orizzonte è anche una riflessione propriamente profetica. E riguarda le parole pronunciate oltre un secolo fa dall’allora giovane teologo Joseph Ratzinger.

chiesa cattolica
(Ansa Foto)

“Chiese sempre più vuote, i fedeli al minimo storico: a messa 1 su 5”, si legge oggi su diversi quotidiani online, in una riproposizione annuale estenuante della stessa notizia. La partecipazione alle funzioni religiose cattoliche è in calo. Una realtà che quasi ormai non fa più notizia, eppure che stride particolarmente con le immagini di solo una settimana prima provenienti da Lisbona, in cui si potevano ammirare centinaia di migliaia di giovani festanti, entusiasti della fede e capaci di compiere migliaia di chilometri non per incontrare Papa Francesco, o ancora peggio la sua versione “leaderistica”, come erroneamente ha descritto la quasi totalità dei mezzi di informazioni – come al solito particolarmente ignari, per non dire ignoranti, dei fatti di Chiesa e fede – ma Cristo vivente in mezzo a loro, e all’umanità tutta.

La notizia che si replica ogni anno

I dati Istat parlano infatti, anche quest’anno, di un dato in cui coloro che non mettono più piede in alcun luogo di culto sono in crescita. I numeri ci spiegano che nel giro di un ventennio i praticanti sono scesi ancor più drammaticamente, dal 36,4 di inizio millennio, nello specifico nel 2001, al 18,8 per cento di oggi. Il 31 per cento non sono mai entrati in un luogo di culto, se non per un evento particolare, come un matrimonio o un funerale, negli ultimi 12 mesi.

Il calo più significativo ci sarebbe stato con la pandemia, a inizio 2019, con una perdita del 4 per cento di fedeli a Messa dopo la sospensione delle celebrazioni in presenza. Diminuiscono anche i battesimi: a Milano, secondo i dati diffusi dalla città, i battesimi sono diminuiti dai 37-38mila degli anni 2000 agli attuali 20mila. Nonostante la denatalità, la cifra è sicuramente molto bassa. Come anche per i matrimoni diocesani: dai 18mila negli anni Novanta agli attuali 4mila. Un fenomeno, quello di distanza dal fatto religioso, che tocca in modo particolare giovani e adolescente.

Tutto questo ci indica che le Chiesa italiane sono sempre più vuote e rischiano di esserlo ancora di più in futuro. Per quale ragione? Molti rispondono che l’appeal clericale non risponde più ai gusti dei giovani, che i cattolici sono troppo bigotti rispetto alla libertà libertineggiante ormai ampiamente diffusa tra i giovani. Altri che gli scandali finanziari degli ultimi decenni avrebbero inciso in maniera significativa, che i preti si interessano troppo di soldi e politica e non più di poveri e di anime. Altri ancora che esiste un gruppo di potere oscuro e internazionale che ha l’intenzione di screditare scientemente non tanto il Vaticano ma direttamente Gesù e la sua Chiesa, con azione complessiva orchestrata ad arte. Infine, molti sostengono pure, in maniera verosimile, che la trasmissione della fede si è interrotta già dentro le stesse famiglie di provenienza dei giovani, e che il sistema mediatico culturale in cui questi ultimi sono immersi certamente non è irrilevante. Che i giovani cercano esperienze forti, non scimmiottamenti grotteschi di quanto c’è già fuori ma una presenza vera e tangibile, che guardi ai loro drammi e dia un senso al tempo che vivono.

Tanti discussioni intellettuali e la fede del cristiano descritto da Joseph Ratzinger

Esiste insomma, o potrebbe benissimo esistere, un’ampia letteratura in merito. Tanti discorsi, analisi, approfondimenti o ragionamenti che tuttavia non scalfiscono in un alcun modo la fede sia dei credenti che dei non cedenti, né tantomeno aiutano a risolvere la situazione, almeno dal punto di vista della Chiesa. Ma poi, ci si inizia a chiedere: c’è davvero bisogno per un credente che la situazione debba venire a risolversi? Cristo, per i cristiani, non è infatti una filosofia o uno stile di vita. Ed è sì un’amicizia, una vita insieme e in comunità, perché il cristianesimo non è ascetismo, ma non è di certo una propaganda, un partito politico o ancor peggio un’azienda impegnata nel marketing.

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“Se Cristo non fosse risorto vana sarebbe la nostra fede”, scriveva San Paolo nella Lettera ai Corinzi (1 Cor 15), un uomo che prima di convertirsi ne aveva combinate delle belle, e si fa per dire. “La fede cristiana non è un’idea, ma una vita”, diceva Benedetto XVI, spiegando che se i cristiani interpretano la fede come un solo agire umano, qualcosa di fondato unicamente sulle mani dell’uomo, allora il cristianesimo non avrebbe più alcun senso. La fede cristiana è certezza che lui esiste, e che è lui al timone della Barca, è lui che guida l’imbarcazione in tempesta. La stessa fiducia che ha guidato Ratzinger il giorno delle sue storiche dimissioni.

Sempre Ratzinger, allora non Papa ma giovane teologo, nel Natale 1969 esprimeva una profezia destinata a durare a lungo e ad accompagnare i cristiani nella tempesta. “Dalla crisi odierna emergerà una Chiesa che avrà perso molto. Diventerà piccola e dovrà ripartire più o meno dagli inizi”, affermava durante una diretta radiofonica a una radio tedesca. “Non sarà più in grado di abitare molto degli edifici che aveva costruito nella prosperità. Poiché il numero dei suoi fedeli diminuirà, perderà anche gran parte dei privilegi sociali. In contrasto con un periodo precedente, verrà vista molto più come una società volontaria, in cui si entra solo per libera decisione”. Non più un’abitudine, un’usanza di tipo sociale, ma un’adesione volontaria, forte e radicale, radicata in Cristo e nei suoi insegnamenti. “Ma nonostante tutti questi cambiamenti che si possono presumere, la Chiesa troverà di nuovo e con tutta l’energia ciò che le è essenziale, ciò che è sempre stato il suo centro: la fede nel Dio Uno e Trino, in Gesù Cristo, il Figlio di Dio fattosi uomo, nell’assistenza dello Spirito Santo che durerà fino alla fine”.

Nelle sue parole era già scritto il futuro della cristianità. “Ripartirà da piccoli gruppi, da Movimenti e da una minoranza che rimetterà la fede e la preghiera al centro dell’esperienza e sperimenterà di nuovo i sacramenti come servizio divino e non come un problema di struttura liturgica. Sarà una Chiesa più spirituale, che non si arrogherà un mandato politico flirtando ora con la sinistra e ora con la destra. Essa farà questo con fatica. Il processo infatti della cristallizzazione e della chiarificazione la renderà povera, la farà diventare una Chiesa dei piccoli, il processo sarà lungo e faticoso, perché dovranno essere eliminate la ristrettezza di vedute settarie e la capacità pomposa. Si potrebbe predire che tutto questo richiederà tempo”.

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