La famiglia di Diabolik: “Fabrizio non era un boss, ci devono dire chi l’ha ucciso”

A parlare per conto dei famigliari è l’avvocata Siano dopo l’udienza del processo nei confronti di Calderon, accusato di essere il killer

La famiglia di Fabrizio Piscitelli, conosciuto da tutti come Diabolik, assassinato il 7 agosto del 2019, esce allo scoperto e lo fa in modo dirompente: Il nostro Fabrizio non era un boss. A parlare per conto della famiglia di Piscitelli è l’avvocato dei genitori Tiziana Siano: ”Continuiamo a leggere ricostruzioni giornalistiche in cui Fabrizio Piscitelli appare come un boss del narcotraffico a Roma, ma allo stato attuale questo suo ruolo non emerge né dagli atti di Grande Raccordo Criminale né da quelli del procedimento in corso per il suo omicidio. Sarebbe necessario invece chiarire esattamente chi era Fabrizio Piscitelli, perché forse solo questo potrebbe portare a stabilire le motivazioni per cui è stato ucciso’‘.

Il caso
Una bandiera che c’è sempre allo stadio e ricorda Fabrizio Piscitelli (Ansa Notizie.com)

Le parole dell’avvocato sono state pronunciate dopo l’udienza del processo che c’è stato nei confronti di Raul Esteban Calderon, il presunto killer di Diabolik, l’uomo che, secondo le prove e alcune testimonianze, è accusato di essere l’esecutore materiale del delitto.

“Chiarezza su Fabrizio fino adesso non c’è stata”

Il caso
La famiglia di Fabrizio Piscitelli chiede chiarezza sulla morte e sul ruolo nel mondo criminale (Ansa Notizie.com)

Il legale della famiglia non ci sta soprattutto su alcune ricostruzioni e attraverso l’AdnKronos cerca di spiegare meglio il punto di vista della famiglia: ”Gli ultimi articoli di stampa parlano di spartiacque ma ad oggi non sappiamo ancora il motivo reale e chi ha voluto la morte di Fabrizio‘.

La famiglia, supportata dal lavoro degli avvocati, cerca da anni chiarezza su quello che è successo ma anche e soprattutto su quello che si dice di Fabrizio Piscitelli. ”Da una parte abbiamo una sentenza del Tribunale di Roma nel processo contro Fabietti che non lo riconosce in questo modo e dall’altra la conclusione di un’attività investigativa che porta all’archiviazione dei mandanti senza chiarire il motivo di questo delitto, la cui esecuzione non può che definirsi di stampo mafioso”, spiega cercando e chiedendo di fare chiarezza sulla posizione di Diabolik. Per quanto riguarda la sentenza del processo Grande Raccordo Criminale che ”condanna Fabrizio Fabietti a 30 anni di carcere”, sottolinea ancora l’avvocato, i giudici, ”espressamente e in maniera chiara, dicono che in quella attività di narcotraffico Piscitelli ha un ruolo addirittura marginale. E allora dove e come si colloca la morte di Fabrizio?”.

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