Vittorio Gassman e il suo epitaffio: “Non fu mai impallato… Alla fine, impallò se stesso”

A cent’anni dalla sua nascita, ricordiamo Vittorio Gassman nelle sue fragilità e sconfitte, lasciando da parte gli ormai scontati successi.

Mi disturba la morte, è vero. Credo che sia un errore del padreterno. Io non mi ritengo per niente indispensabile, ma immaginare il mondo senza di me… che farete da soli?”, è solo una delle innumerevoli e celebri frasi pronunciate dalla soave voce di Vittorio Gassman. Nato a Genova il primo settembre del 1922, è uno degli attori più rappresentativi del cinema italiano, nonché una delle personalità più carismatiche del nostro novecento. La sua fama è da imputare, in particolar modo, all’assidua presenza nella commedia all’italiana del secondo novecento, a cui si dedicò dopo aver percorso, con scarsi risultati, la strada del dramma cinematografico. Descriverne noiosamente la biografia non è il fine delle seguenti righe, nelle quali si tenterà invano di accennarne la statura morale. Ciò che rimane a ventidue anni dalla sua morte (29 giugno 2000), oltre alle immortali interpretazioni teatrali o cinematografiche, è una spiazzante onestà, testimoniata dalle numerose interviste dei suoi ultimi anni. Uno dei confronti più rappresentativi dell’invidiabile coscienza di sé, ebbe luogo nella trasmissione “Perdenti”, condotta nel 1997 dal critico cinematografico Claudio G.Fava, in cui Gassman si prestò ad uno spietato interrogatorio sulle proprie sconfitte.

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Nell’evolversi dell’incalzante intervista, cresce nello spettatore un sentimento di forte empatia nei confronti del divo, il quale tenterà invano di presentarsi come un sostanziale incapace, vittima della grandezza della vita. Nonostante il tentativo sia poco efficace, Gassman riesce comunque nel nobile scopo di declinarsi, smontando pezzo dopo pezzo la maestosa statua costruita dalla fama. Frasi come: “Non ho mai capito niente dei figli, ne sono impaurito”, o “Sono bravo nei decimali della vita, nelle cose inutili… Negli interi sono assolutamente un perdente”, ci avvicinano a quello che, con il passare dei minuti, diverrà sempre più Vittorio e meno Gassman. L’apice del prodigioso conversare di un tale artista della parola, è raggiunto nella descrizione del suo significativo epitaffio: “Non fu mai impallato” ( impallare = coprire un attore in scena ). Il breve periodo sintetizza con brillante efficacia il perpetuo protagonismo scenico di Gassman, il quale, tuttavia, confesserà di averci voluto aggiungere l’emblematica frase: “… Alla fine, impallò se stesso”. In questa seconda parte, mai veramente aggiunta alla tomba, egli descrive con commovente precisione la propria esistenza, sintetizzando con arguta sintesi la natura della sua rinomata bipolarità: una magnetica sicurezza sul palco conviveva con l’intima fragilità, la pubblica estroversione con una privata riservatezza, fino alla travolgente vitalità tragicamente stroncata, in tenera età, da una violenta depressione. L’intervista a “Perdenti”, dunque, è una preziosa testimonianza, resa inestimabile delle squisite e affascinanti contraddizioni di un uomo tanto vanitoso, quanto disperatamente umile.

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