Un ragazzino di diciannove anni, Bojan Panic, ha ucciso il padre per difendere la madre durante una lite. Le parole del giovane al pubblico ministero.
“L’ho accoltellato con un coltello da cucina, stava ancora maltrattando la mamma”. E ancora, “Ho cercato di rianimarlo, ma era già morto, e ho chiamato i carabinieri”. Sono le parole di Bojan Panic in sede di interrogatorio con la pm, dopo essere stato arrestato per il reato di omicidio volontario del padre.
Una tragedia familiare si è consumata a Mezzolombardo, in Trentino, nel corso della notte tra giovedì 3 e venerdì 4 aprile. Bojan, studente di 19 anni, ha ucciso il padre al culmine di una lite nata per difendere la madre, vittima dei maltrattamenti del marito.
L’omicidio è avvenuto nella casa di famiglia. La vittima si chiamava Simeon Panic, aveva 46 anni e lavorava come muratore. È morto per mano del figlio, con una serie di coltellate. A chiamare i soccorsi sono stati la madre e il diciannovenne, che dopo aver colpito il padre è rimasto nell’appartamento e non è scappato.
Si indaga sul contesto familiare
Sul posto sono giunti i carabinieri del Nucleo Radiomobile di Trento e del Nucleo Investigativo del comando provinciale, che ora stanno indagando per ricostruire tutta la dinamica dell’omicidio e il contesto familiare all’interno del quale è avvenuto.
Bojan Panic in sede di interrogatorio con la pm Patrizia Foiera avrebbe raccontato di aver agito senza pensarci, stanco di assistere alle continue vessazioni del padre nei confronti della madre.
Durante la lite tra i genitori, sarebbe intervenuto in difesa della donna. Da. qui, uno scontro col padre, culminato con coltellate letali. Avrebbe anche tentato di rianimarlo, ma ormai era tardi.
Simeon Panic si sarebbe accasciato e morto nel giro di pochi minuti. Il diciannovenne è ancora sotto choc. Nelle prossime ore verrà sentita dai carabinieri anche la madre. Dalle prime ipotesi investigative pare che non risultino denunce di maltrattamenti da parte della donna.
La famiglia era perfettamente integrata socialmente e lavorativamente nella comunità locale. Erano arrivati dalla Bosnia in Trentino da oltre dieci anni. E prima di trasferirsi a Mezzolombardo avevano vissuto a Lavis, un paese lì vicino.
“Non conosco il contesto familiare”, ha raccontato Michele Dalfovo, sindaco di Mezzolombardo. “Sono fatti che per fortuna non succedono spesso ma che ci devono far riflettere e alzare l’asticella dell’attenzione anche attraverso i servizi sociali”.