“Il pubblico ministero diventerà un super poliziotto, preoccupato solo delle condanne e non di garantire i diritti dei cittadini”.
Oggi, 27 febbraio, è stato un giorno storico: quello in cui, dopo circa quindici anni, i magistrati italiani sono scesi in piazza per manifestare contro il disegno di legge per la riforma costituzionale della giustizia.
Il terreno di scontro principale è stato ancora una volta la separazione delle carriere, ma non è l’unico punto previsto dalla riforma Nordio che non convince affatto l’Associazione nazionale dei magistrati. Picchi di adesione dell’80% in tutta Italia e nel momento in cui si scrive i dati delle varie regioni sono ancora incompleti.
“Siamo stati coraggiosi, ma evidentemente in tutta Italia è alta la percezione del pericolo”. Così, contattato da Notizie.com Stefano Celli, sostituto procuratore del Tribunale di Rimini e componente di Magistratura Democratica nell’Anm. “Per avere una cosa del genere bisogna fare un passo indietro di quindici anni fino allo sciopero contro l’ordinamento giudiziario”.
Separazione delle carriere: “Il pm è l’avvocato della legge, non della polizia”
La separazione delle carriere per il magistrato è però “più grave perché consegna un pubblico ministero separato dalla giurisdizione, che fa riferimento solo a se stesso. Diventerà un super poliziotto, preoccupato solo delle condanne e non di garantire i diritti dei cittadini. Il pm però, non è l’avvocato della polizia, ma della legge“.
Il rischio, secondo i magistrati è che un “pubblico ministero separato da un giudice non potrà che essere controllato dal governo. Non esiste al mondo un corpo di pm autonomo. In tutti i Paesi in cui carriera inquirente e giudicante sono separate, i pubblici ministeri dipendono dal governo, dal ministro della Giustizia o dell’Interno”.
Inoltre, se il pm dipende dall’esecutivo, “alla fine anche per il giudice sarà lo stesso. Quest’ultimo infatti non può fare processo e indagini da solo. Quindi farà solo processi facili che gli porterà il pubblico ministero, preoccupato non di applicare la legge e trovare la verità, ma di ottenere condanne. Proprio come succede in America”.
Lo sciopero di oggi è stato indetto il 15 dicembre durante un’assembla straordinaria. E a gennaio, in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario i magistrati dell’Anm avevano organizzato una protesta silenziosa, tenendo in mano la Costituzione al momento dell’intervento degli esponenti del governo.
“A difesa della Costituzione“: questo lo slogan della protesta di oggi. Perché la riforma Nordio “danneggia i diritti dei cittadini. Da un punto di vista sindacale – dichiara Celli – a noi non cambia nulla. Non ci tolgono le ferie, non ci mandano in pensione prima, non ci abbassano lo stipendio. Abbiamo scioperato per tutelare i cittadini”.
Due Csm e l’Alta Corte di giustizia
La riforma contiene anche un riordinamento dell’assetto della magistratura, con due due Csm con componenti estratti a sorte: “Questo non accade in nessun ordine professionale”, dice il magistrato a Notizie.com.
Il piano di Nordio contiene anche l’istituzione di un’Alta Corte di giustizia per i provvedimenti disciplinari, riservata solo ai magistrati ordinari: “Sarebbe comporta da un numero superiore di laici rispetto a quello che c’è adesso e non prevede la possibilità di impugnare decisioni sfavorevoli davanti a un giudice – spiega ancora Celli – L’impugnativa è prevista solo davanti ad altri giudici della stessa Corte. Anche questo non esiste per nessun cittadino e nessun ordinamento. È chiaramente una riforma punitiva”.
In tutta Italia ci sono state ventinove assemblee: “Ci siamo rivolti sì, ai colleghi e alle istituzuni, ma anche agli avvocati, alla società civile, ai sindacati, alle associazioni”.
Referendum: “Convinceremo i cittadini”
“Vogliamo continuare il dialogo in modo che tutti comprendano le nostre ragioni, anche in vista del referendum, se arriverà. Speriamo di convincere i cittadini a dire no“.
Con governo non ci sono margini di trattative: “Non abbiamo grandi aspettative. Ma sappiamo che il governo è capace di leggere i messaggi della società. Se l’80% dei magistrati italiani ha aderito allo sciopero, il danno è fatto ai cittadini. E visto che l’esecutivo richiama spesso alla volontà popolare, dovrebbe prendere in considerazione la possibilità di ritirare la riforma. Non è una questione di trattative. La riforma va ritirata, perché è inaccettabile. E anche i cittadini lo capiranno”.