Stop al gas russo. Una svolta definita “storica” da Bruxelles, ma che svela un forte divario tra ambizioni politiche e realtà del mercato.
Divieto graduale delle importazioni di gas naturale liquefatto russo dal 2026, e via gasdotto nel 2027; nel 2027 ci si preparerà vietare il petrolio; sanzioni massime in caso di violazioni. È quanto contenuto in un provvedimento varato nelle scorse ore da Bruxelles. 
Il progetto di legge, concordato con il Consiglio mira a proteggere gli interessi dell’Ue dalla strumentalizzazione delle forniture energetiche da parte della Federazione Russa. Il documento è stato votato dagli eurodeputati della Commissione per l’industria, la ricerca e l’energia e della Commissione per il commercio internazionale. Il testo elenca anche le sanzioni massime che gli Stati membri devono applicare agli operatori in caso di violazione del regolamento.
“Negli ultimi anni abbiamo sentito ripetere all’infinito che l’Europa doveva liberarsi dalla dipendenza energetica dalla Russia perché Mosca ci teneva ‘sotto scacco’. Ma se guardiamo i fatti in modo onesto, senza propaganda, dobbiamo ammettere una cosa molto semplice: la scelta di interrompere i rapporti commerciali è partita dall’Occidente, non dalla Russia.
L’esperto: “La Russia ha continuato a rispettare i contratti”
Anche dopo lo scoppio della guerra, per molti mesi la Russia ha continuato a rispettare i contratti e a mantenere attivi i flussi. Per decenni quei flussi sono stati stabili, contrattualizzati, prevedibili. Non si è mai trattato di un’arma, ma di un pilastro economico reciproco. Detto questo va sempre considerato che nessuna dipendenza è mai veramente positiva. In questo caso ne stiamo sostituendo una con un’altra e lo dico a malincuore: il confronto tra gli attuali approvvigionamenti e quelli pre-2022 non regge oggettivamente sotto nessun profilo”.
A parlare è Marco Lupo, delegato regionale E-R consumerismo e Assium – Amministratore Utilities Dimension Srl. Nel corso dei negoziati, gli eurodeputati hanno insistito per vietare tutte le importazioni di petrolio russo e hanno ottenuto l’impegno della Commissione europea a elaborare una proposta legislativa su tale divieto, da presentare all’inizio del 2026, affinché il divieto entri in vigore entro la fine del 2027. 
“Oggi l’Europa racconta di una rottura netta con Mosca, – ci ha spiegato Lupo – ma allo stesso tempo ha costruito un’uscita graduale, lunga e diluita nel tempo. Sinceramente questo non mi sembra un dettaglio tecnico. Appare come la fotografia plastica della distanza che continua a esistere tra politica energetica e mercato energetico.
Quando si fissano scadenze a tre o quattro anni per l’uscita dal gas russo, significa che quei volumi sono ancora oggi strutturalmente necessari e che il sistema non è pronto a reggere un reale stop. In questi mesi l’ho ripetuto più volte: la politica dice una cosa, il mercato ne fa un’altra. Il mercato dell’energia si muove su tempi, logiche e vincoli che la politica fatica a inseguire. Lo stesso Vladimir Putin, in modo provocatorio ma realistico, ha detto: ‘Nessun gas è più sicuro per l’Europa di quello russo’. Al di là della fonte, sotto il profilo tecnico quel concetto è stato vero per molto tempo”.
“L’Europa ha perso una parte rilevante del proprio peso geopolitico”
Gli eurodeputati si sono adoperati per rafforzare le condizioni in base alle quali può verificarsi una sospensione temporanea del divieto di importazione in situazioni di emergenza legate alla sicurezza energetica dell’Ue. Per colmare le lacune e mitigare il rischio di elusione delle norme, gli operatori dovranno fornire alle autorità doganali prove più rigorose e dettagliate del Paese di produzione del loro gas prima della sua importazione o stoccaggio.
“Da amministratore di una società che lavora ogni giorno sul mercato del gas, – ha continuato l’esperto – posso testimoniarlo direttamente. Prima della guerra il prezzo netto alla base delle nostre bollette era mediamente circa il 60% più basso rispetto all’era post conflitto Russia-Ucraina. E questo è un dato economico, non ideologico. Nel frattempo, però, il mondo sta cambiando profondamente. 
Non viviamo più in un mondo occidentocentrico. La Russia ha rafforzato in modo strutturale il suo asse con la Cina, i Brics stanno crescendo come polo economico e finanziario alternativo – anche grazie alle politiche atlantiste, che hanno dato una forte spinta a questa evoluzione – e l’Europa ha perso una parte rilevante del proprio peso geopolitico. Questo non significa che l’asse occidentale non conti più nulla, ma significa che non è più il centro del mondo. È uno dei poli.
Ciò sta avvenendo in un momento in cui queste realtà economiche emergenti sono ormai in una fase di maturità. Questo rende l’equilibrio globale molto più stabile di quanto spesso si voglia raccontare in Europa. Ed è proprio per questo che, nonostante le sanzioni, gli attacchi politici e la propaganda, il gas continua comunque ad arrivare. Se davvero fosse solo una guerra ideologica, Mosca avrebbe già staccato tutto. E invece il gas continua a fluire, anche se mascherato. Perché quando entrano in gioco gli equilibri energetici globali la propaganda conta meno dei flussi reali e dei conti economici”.
“Una potenza non taglia i canali: li moltiplica”
Per Bruxelles Russia non potrà mai più usare le esportazioni di combustibili fossili come arma contro l’Europa. Il Parlamento europeo aveva come priorità assoluta accelerare il più possibile i tempi per vietare il gasdotto, vietare i contratti gnl a lungo termine con un anno di anticipo e impedire che le regole vengano aggirate. Ora l’attenzione sarò rivolta alle importazioni di petrolio.
“Una potenza non taglia i canali: li moltiplica. – ha concluso Marco Lupo – Incassa dove può, mantiene leve future, gioca su più tavoli. Io credo che dal punto di vista di una personalità come quella di Putin, nei decenni la morale conti poco, mentre gli interessi tanto. Finché l’Europa avrà bisogno di energia per tenere accese le fabbriche, riscaldare le case e sostenere la propria economia, l’energia continuerà a trovare la strada per arrivare.
Cambieranno le rotte, i nomi, i contratti, ma il bisogno resterà. La politica può riscrivere le norme ma i crescenti bisogni reali restano granitici. L’energia resta una questione di sopravvivenza economica, industriale e sociale. E finché questo dato non tornerà al centro delle scelte strategiche, continueremo a muoverci in un equilibrio fragile, costoso e sempre più instabile”.





