Verso la Cop30, i bio-inganni del Belpaese: cronaca di una transizione mai nata. Il Wwf: “Viviamo alla giornata mentre il mondo ci supera”

Il mondo si prepara alla Cop30 di Belém, ma l’Italia è ancora ferma al palo. Mentre le temperature globali superano la soglia critica di 1,5 gradi, Roma gioca con i fondi per il clima e difende i fossili travestiti da “bio”. Una strategia che, secondo il Wwf, “ci porta dritti contro l’iceberg”.

Viviamo alla giornata, e questo è il nostro grande nemico. Vivere alla giornata vuol dire non cambiare mai nulla, restare fermi nello status quo mentre il mondo intorno cambia. La narrativa anti-transizione la sentiamo solo in Italia e negli Stati Uniti: nel resto del mondo, invece, le cose vanno avanti”.

A parlare, in esclusiva per Notizie.com, è Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia di Wwf Italia, a pochi giorni dall’inizio della Cop30 di Belém, in Brasile. Si tratta della 30esima edizione della Conference of the parties, il vertice tra i governi firmatari della Convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici. 191 Paesi si riuniranno dal 10 al 21 novembre. Tutti sono chiamati a compiere progressi su molteplici fronti. Sono ormai trascorsi dieci anni dagli Accordi di Parigi, il trattato internazionale legalmente vincolante che mira a contrastare il cambiamento climatico.

Verso la Cop30 di Belém in Brasile
Verso la Cop30, i bio-inganni del Belpaese: cronaca di una transizione mai nata. Il Wwf: “Viviamo alla giornata mentre il mondo ci supera” (ANSA FOTO) – Notizie.com

Le Cop le fanno gli Stati. – ci ha spiegato Midulla – In particolare, l’Accordo di Parigi si fonda sulla reale volontà dei governi di perseguire il fine che hanno sottoscritto, cioè quello di limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi, ben al di sotto dei 2 gradi. Questo è quanto stabilisce l’Accordo di Parigi. È ovvio che la responsabilità non ricade sulle Cop, come qualcuno cerca di dire, ma sugli Stati stessi.

Recentemente è stato pubblicato un rapporto che sintetizza gli impegni assunti da ciascun Paese. Vediamo segnali positivi, molti Stati stanno lavorando, ma da quella sintesi emerge un dato preoccupante: mancano soprattutto i Paesi del G20, cioè le maggiori economie del mondo. È evidente quindi che la responsabilità ricade in primo luogo sui Paesi di più antica industrializzazione.

L’Europa, per esempio, ha approvato il proprio obiettivo soltanto ieri, e ancora non in via definitiva: dovrà passare lunedì e martedì al Parlamento Europeo. Anche gli Stati Uniti, pur non essendo formalmente usciti, di fatto hanno abbandonato l’Accordo di Parigi. Questi sono segnali davvero preoccupanti. Bisogna dunque creare alleanze tra i Paesi che vogliono andare avanti, non per escludere quelli che non vogliono farlo, ma per includerli al più presto”.

Le tensioni geopolitiche ostacolano l’azione per il clima

Il quadro generale in cui si aprirà la Cop30 è composto da tensioni geopolitiche che ostacolano l’azione per il clima. Il riscaldamento sta accelerando e il 2024, l’anno più caldo mai registrato, ha superato per la prima volta la soglia di 1,5 gradi di riscaldamento, il limite più ambizioso dell’accordo di Parigi. Anche in Italia la crisi climatica corre veloce, mentre le città fanno fatica a rispondere in maniera rapida ed efficace.

Nel nostro Paese negli ultimi 11 anni sono ben 811 gli eventi meteo estremi, di cui 97 nel 2025 (gennaio-settembre), registrati in 136 Comuni sopra i 50mila abitanti dove vivono in tutto 18,6 milioni di persone, ossia il 31,5% della popolazione nel nostro Paese. Eppure, solo il 39,7% dei Comuni in questione ha messo in campo un piano o una strategia di adattamento ai cambiamenti climatici.

Verso la Cop30 di Belém
Le tensioni geopolitiche ostacolano l’azione per il clima (ANSA FOTO) – Notizie.com

L’Italia ha sicuramente fatto il gioco delle tre carte con i fondi. – ha continuato la responsabile del Wwf – Ha preso i soldi destinati al Fondo per il Clima dalla cooperazione, e poi li ha utilizzati soprattutto per il Piano Mattei, che però non ha obiettivi coincidenti. In alcuni casi, anzi, è un modo per fare da appoggio alle strategie delle compagnie oil & gas a partecipazione statale. E, di fatto, l’Italia non sta rispettando pienamente gli impegni presi.

Il nostro Paese è una grande assente, nonostante la narrativa che amiamo raccontarci. Ad esempio, abbiamo lanciato un fondo contro la deforestazione: il Brasile ha messo un miliardo di dollari, c’è un elenco di Paesi partecipanti, ma non ho visto il nome dell’Italia. Evidentemente l’Italia si dedica soprattutto ai biocarburanti, che però purtroppo contribuiscono alla deforestazione. Bisognerebbe pensare a una seria riforma di queste compagnie. Se non la si avvia oggi, se si difende l’esistente, si va sempre più contro la possibilità di avere un futuro migliore”.

Midulla (Wwf) in esclusiva per Notizie.com: “La Cina ha assunto la decarbonizzazione come faro”

L’Unione Europea è spesso considerata il motore della transizione ecologica. Oggi, però, paga lo scotto di un Green Deal che molti definiscono autolesionista per l’industria. È ancora possibile conciliare competitività economica e neutralità climatica, o stiamo rischiando un passo indietro storico nella lotta ai combustibili fossili?

Secondo me è vero il contrario. – ha affermato Mariagrazia Midulla – Questa narrativa secondo cui tutte le colpe sarebbero del Green Deal è una grandissima fandonia. C’è un Paese, la Cina, che ha assunto la decarbonizzazione come faro del proprio sviluppo industriale e sta facendo passi da gigante, con grande vantaggio anche economico. Noi, invece, rischiamo di rimanere indietro rispetto a un percorso che abbiamo tracciato noi stessi come Europa.

Verso la Cop30 dell'Amazzonia
Midulla (Wwf) in esclusiva per Notizie.com: “La Cina ha assunto la decarbonizzazione come faro” (ANSA FOTO) – Notizie.com

E questo anche per colpa di chi, invece di lavorare per minimizzare l’impatto della trasformazione, che, è chiaro, un impatto ce l’ha, continua a lamentarsi. Si parla di ‘lacrime e sangue’, ma se continuiamo così, le lacrime e il sangue arriveranno davvero, perché le future generazioni dovranno affrontare gli effetti del cambiamento climatico in modo sempre più difficile da gestire. Le assicurazioni oggi dicono che non potranno più coprire alcune abitazioni, perché troppo costoso assicurare aree vulnerabili agli eventi estremi.

Penso anche alla crisi dell’automotive: noi stiamo cercando di restare legati ai motori endotermici, arrivando perfino a inserire i biocarburanti nella decisione finale dei Ministri europei sul Target 2040. Ma i biocarburanti realmente sostenibili che potremo produrre non saranno molti: basteranno appena per il settore aereo e forse un po’ per quello marittimo. È tutta propaganda per lasciare tutto com’è, per continuare a mischiare qualcosa di ‘bio’ ai soliti combustibili fossili e chiamarli ‘biodiesel’ o ‘biocarburanti’. Questi sono veri e propri bio-inganni”.

“Segnali pessimi, ma non impariamo mai nulla”

La presidenza brasiliana vorrebbe una Cop dell’attuazione e della verità. Dunque vorrebbe applicare le decisioni già prese in passato piuttosto che limitarsi a negoziare nuovi obiettivi. Si tratterà di avanzare su tutti i fronti contemporaneamente. Se la Cop30 è fondamentale, è innanzitutto perché deve consacrare l’intensificazione degli sforzi dei paesi in materia di riduzione delle emissioni di gas serra. Nel 2025, gli Stati dovrebbero fissare nuove tabelle di marcia, denominate contributi determinati a livello nazionale (Ndc) più ambiziose, come previsto dall’accordo di Parigi, ogni cinque anni.

Questi piani volontari costituiscono la chiave di volta del trattato, una garanzia di credibilità. Tuttavia, nonostante la scadenza sia stata posticipata a settembre, solo 98 Stati li hanno ufficialmente presentati all’Organizzazione delle Nazioni Unite, in particolare gli Stati europei, la Cina, il Regno Unito, il Canada e il Brasile. Tra i membri del G20 mancano ancora all’appello India, Messico, Corea del Sud, Argentina e Arabia Saudita”, si legge sul quotidiano.

I leader verso la Cop30 dell'Amazzonia
“Segnali pessimi, ma non impariamo mai nulla” (ANSA FOTO) – Notizie.com

Io spero che si decida finalmente di elaborare un piano chiaro per l’uscita dai combustibili fossili. – ha concluso Midulla – Se a Belém si stabilisse un piano di questo tipo, sarebbe un segnale fortissimo per tutti: il tempo di scherzare è finito. A quel punto anche le nostre compagnie oil & gas dovrebbero decidere cosa vogliono fare da grandi. Oggi producono una quantità di rinnovabili appena sufficiente, mi piace dire, forse per un apericena per i propri dirigenti.

Un segnale in questo senso aiuterebbe il mondo a smettere di tentennare e a perseguire davvero ciò che la scienza ci dice. Abbiamo ormai toccato e superato il grado e mezzo negli ultimi tre anni, e questo è un segnale pessimo. Dobbiamo agire in modo deciso per ridurre le emissioni, ma stiamo facendo il contrario: stiamo dando ancora più spazio ai combustibili fossili e, in particolare, al gas liquido, che produce emissioni pari o superiori al carbone.

Siamo messi male, male in modo suicida, perché non c’è alcuna ragione per continuare così. Abbiamo tutte le tecnologie e le conoscenze necessarie, e sappiamo che un mondo con meno fossili porta anche enormi vantaggi per la salute. Eppure non lo stiamo facendo. Mi viene da pensare a Roma. Dopo la tragedia del crollo alla Torre dei Fori Imperiali, dove è morto un operaio rimasto intrappolato per undici ore, la mattina dopo, uscendo di casa, ho visto nel palazzo di fronte operai senza casco, senza imbracatura, senza alcuna misura di sicurezza. Ecco, noi stiamo facendo la stessa cosa: non impariamo nulla”.

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