A Reggio Calabria una ragazza è stata arrestata per aver ucciso i due gemellini che aveva appena partorito. Per le autorità lo aveva già fatto nel 2022. Ecco tutta la storia.
Stando alle ricostruzioni delle autorità, Sara Genovese vive con i genitori ma è sola in casa, tra le 19 e le 20 e 30 dell’8 luglio 2024. Fa caldo nel quartiere Pellaro di Reggio Calabria, tra mare e collina. Sono trascorsi pochi giorni da quando è stata ricoverata per una forte emorragia al Grande ospedale metropolitano del capoluogo calabro.
Ha negato di essere incinta, forse non le sono stati fatti i giusti esami, poi è tornata a casa. Ma Sara, di 24 anni, aspetta due bambini e ormai siamo agli sgoccioli. In quei novanta minuti di angoscia e solitudine, il parto dei gemellini. Sono nati vivi, probabilmente piangono, e strillano. L’oscurità e l’orrore calano in quella stanza. La mamma uccide i due piccoli appena nati, li avvolge in una pesante coperta. Li nasconde in un armadio di casa e lo chiude.
“Una donna che decide lucidamente di sbarazzarsi di un figlio appena nato, è più probabile che lo faccia allontanando il neonato da sé”, dice oggi alle agenzie il vicepresidente della Società italiana di psichiatria Massimo Clerici, per il quale per la ragazza è “fondamentale effettuare una perizia psichiatrica”. Non è dato sapere cosa abbia spinto la giovane a commettere il delitto che ora, ad un anno di distanza, sta inorridendo il Paese intero.
Pochi giorni dopo quell’8 luglio Sara sta ancora male, e viene ricoverata stavolta al Policlinico di Messina. Stavolta, sola in casa c’è sua madre. È il 17 luglio 2024. Un sospetto forse, suffragato dal cattivo odore che proviene da quell’armadio chiuso. Lì, tra quel cumulo di coperte per l’inverno, ci sono i corpi minuscoli dei suoi nipotini che non ha mai conosciuto. Senza pensarci due volte afferra il telefono e chiama la polizia.
La squadra mobile di Reggio piomba nell’appartamento e poi in ospedale, avvia le indagini e scopre che la ragazza è stata sottoposta a raschiamento, e che quei due gemellini soffocati sono i suoi. “La donna ha messo in atto una sorta di ritualizzazione dell’omicidio – spiega Clerici – avvolgendo i neonati in una coperta e chiudendoli nell’armadio, come a volerli eliminare per una qualche ragione ma tenendoli al contempo vicini“.
A luglio 2024 Sara Genovese viene iscritta nel registro degli indagati per infanticidio. Non parla, resta in silenzio davanti agli agenti e al magistrato della Procura di Reggio Calabria. Ma le indagini vanno avanti, viene sequestrato anche lo smartphone di Sara. Ora è ai domiciliari con il braccialetto elettronico, destinataria di una misura cautelare emessa ieri dal gip. Deve rispondere di omicidio per soffocamento dei suoi due bambini appena partoriti, di occultamento dei loro corpi nonché di soppressione di cadavere in relazione a un altro bambino partorito tre anni fa.
Già, perché gli investigatori hanno scoperto che l’orrore con ogni probabilità non è cominciato l’8 luglio 2024, bensì nell’agosto del 2022. Nel cellulare di Sara ci son i messaggi che la ragazza ha scambiato con il fidanzato. Dallo scambio di tre anni fa sono emersi “forti disaccordi circa il fatto di tenere o meno il figlio”. Secondo gli inquirenti, anche allora la donna avrebbe partorito e soppresso il corpo del neonato appena nato. Il fidanzato è indagato per favoreggiamento.
L’ipotesi è che la donna soffrisse di depressione o psicosi post partum, una condizione patologica che può ripresentarsi dopo ogni gravidanza. Una vicenda, quella di Reggio Calabria, che presenta numerosi tratti in comune con quella di Vignale di Traversetolo, in provincia di Parma. Qui tra il 2023 ed il 2024 la ventenne Chiara Petrolini ha partorito, ucciso e seppellito nel giardino di casa due neonati. Ora sta affrontando il processo.
A Reggio, intanto, la squadra mobile sta utilizzando unità cinofile specializzate e un georadar. Sta perlustrando palmo a palmo immobili, cortili, giardini e terreni dove in uso a Sara e al fidanzato. Il sospetto è che lì possano trovarsi i resti del piccolo partorito nel 2022. Depressione post partum, si diceva. Il problema, per lo psichiatra Clerici “è che non è stata riconosciuta la sofferenza. Spesso queste donne non danno sintomi evidenti ed è difficile individuare che stiano male”.