Dalla cattura del latitante Leonardo Gesualdo uno spaccato su un fenomeno mafioso ancora troppo poco conosciuto, quello della Società foggiana. I dettagli della cattura e l’analisi di Federica Bianchi, coreferente di Libera Puglia.
Lo hanno colto nel sonno, svegliato con ogni probabilità solo dal fragore delle esplosioni che hanno preceduto l’ingresso nel covo da parte delle teste di cuoio. È finita così, all’alba di oggi, la latitanza di Leonardo Gesualdo.
Trentanove anni, boss della Società foggiana, la mafia del capoluogo dauno, Gesualdo era ricercato dal 2020, ai tempi del blitz Decima bis. È già stato condannato in contumacia in primo grado a 12 anni di reclusione per associazione mafiosa e, prima che i carabinieri gli facessero visita questa mattina, era inserito nella lista del Ministero dell’Interno come uno dei latitanti più pericolosi d’Italia.
“Si tratta di un segnale importante che lo Stato sta prestando particolare attenzione a queste mafie. Nella provincia di Foggia operano quattro organizzazioni mafiose, il che comporta una complessità investigativa significativa. Lo Stato sta ottenendo risultati tangibili. Non c’è solo questo arresto, ma anche il numero sempre crescente dei collaboratori di giustizia e le numerose altre operazioni recenti che lo confermano”.
Bianchi (Libera) in esclusiva per Notizie.com: “Le mafie si sono sostituite allo Stato creando una forma di welfare”
A parlare, in esclusiva per Notizie.com, è Federica Bianchi, coreferente di Libera Puglia, l’associazione contro le mafie. Come già accennato, Gesualdo è stato catturato all’interno di una piccola abitazione al piano terra di un edificio della periferia di Foggia dal Gruppo intervento speciale (Gis) dei carabinieri, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Bari, guidata dal procuratore Roberto Rossi. Il boss non ha opposto resistenza, nel corso della perquisizione è stata ritrovata una pistola calibro 7,65 con matricola abrasa con sei colpi nel caricatore.
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“Serve un impegno non solo repressivo, – ha continuato Bianchi – ma anche preventivo: cultura, investimenti e attenzione dello Stato centrale verso questo territorio, con interventi strutturali e non solo emergenziali. È fondamentale ascoltare le realtà locali, i bisogni del territorio e le povertà presenti, non solo economiche ma anche culturali e di servizi. Le mafie hanno saputo cogliere queste fragilità, sostituendosi allo Stato e creando una forma di welfare laddove i servizi mancano. Ciò ha permesso loro di radicarsi ulteriormente, rendendo difficile scardinarle velocemente, anche a causa di anni di sottovalutazione, con scarsa attenzione da parte della stampa nazionale”.
Leonardo Gesualdo è considerato dalle autorità organico alla batteria Moretti Pellegrino Lanza, ovvero uno dei gruppi più agguerriti della Società foggiana. Il 16 novembre 2020 si era sottratto all’ordinanza di custodia cautelare in carcere dell’operazione Decima Bis dell’Antimafia barese. L’inchiesta ha ricostruito le dinamiche organizzative-funzionali e le attività criminali delle tre batterie della Società foggiana, da tempo contrapposte tra loro, per il conseguimento della leadership interna ed il controllo degli affari illeciti in città. Parallelamente era emersa l’esistenza di una cassa comune per il pagamento degli stipendi degli affiliati, delle spese di gestione e di quelle legali per i detenuti.
“La dinamica della cassa comune era già emersa in altre operazioni e rappresenta un dato significativo. – ha dichiarato l’esponente di Libera – Dimostra che le mafie hanno imparato a fare rete, a mettere da parte le loro rivalità quando si tratta di affari e di accumulare potere. Nonostante le loro radici tradizionali hanno fatto un salto di qualità, si sono riorganizzate e capito quando conviene collaborare. È un elemento estremamente importante, perché nella complessità delle mafie foggiane, sia in città che in provincia, queste dinamiche dimostrano come siano capaci di stringere alleanze tra loro e anche con mafie al di fuori del territorio locale”.
“Ancora oggi c’è chi confonde le mafie foggiane con la Sacra corona unita pugliese”
Su Gesualdo pendono anche una serie di precedenti per reati contro la persona e il patrimonio. L’arresto di oggi è l’ultimo di una serie che ha colpito i capi storici dell’associazione mafiosa. Tra gennaio e febbraio 2024 le forze dell’ordine hanno catturato all’estero Marco Raduano e Gianluca Troiano. Sempre l’anno scorso i militari dell’Arma hanno preso Vincenzo Fratepietro. Anche quest’ultimo faceva parte della lista dei cento latitanti più pericolosi.
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“Ancora oggi – ha sottolineato Federica Bianchi – c’è chi confonde le mafie foggiane con la Sacra corona unita pugliese, distante dal territorio. In realtà nella provincia di Foggia operano quattro mafie distinte, strutturate con propri clan e regole, capaci di tessere relazioni tra loro e con altre mafie oltre il territorio locale. Questa complessità è ancora poco conosciuta, e dalla conoscenza dipende anche la possibilità di immaginare risposte efficaci”.
La Società foggiana è una mafia relativamente giovane rispetto a cosa nostra, ’ndrangheta, camorra e alla stessa Sacra corona unita pugliese. Negli ultimi anni il suo potere, il suo impatto sul territorio e la sua capacità d’infiltrazione sono aumentati a dismisura. È organizzata in batterie, identificabili come i classici gruppi o clan a carattere familiare. Tra loro le batterie lottano o collaborano come in una sorta di federazione criminale.
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“Troppe volte – ci ha spiegato la coreferente di Libera Puglia – il fenomeno mafioso è confuso o sminuito. Come quando si parla delle mafie garganiche riducendole a dispute tra pastori. In questo contesto, le mafie hanno continuato a espandersi, strutturarsi diversamente e aprire nuove attività economiche. Da un lato, l’arresto di oggi rappresenta un risultato estremamente importante. E va fatto un plauso alla magistratura e alle forze dell’ordine che hanno portato a termine l’operazione. Dall’altro, non possiamo non interrogarci su altre situazioni e provare a fare un passo in più a tutti i livelli, perché l’aspetto repressivo da solo non basta”.
“Il territorio paga lo scotto di scarsa informazione e conoscenza del fenomeno mafioso”
Diverse inchieste hanno fatto emergere il ruolo della Società foggiana in traffici di droga, armi, estorsioni, riciclaggio e infiltrazione nel tessuto legale economico. La mafia avrebbe messo le mani su imprese, negozi, società edilizie e onoranze funebri. La metodologia è delle più violente, con agguati, ordigni, intimidazioni. Un fattore questo che differenzia la Società foggiana dalla criminalità organizzata storica, ormai più interessata agli affari che al sangue.
“Oltre all’impegno dello Stato e della magistratura, serve uno scatto in più anche sotto altri profili. – ha concluso Bianchi – Non solo responsabilità della società civile. Ma anche investimenti in uomini e donne delle istituzioni, carabinieri, polizia, magistratura, rafforzamento degli uffici giudiziari e risorse economiche per cultura e servizi. Solo così la comunità può sentirsi accompagnata e supportata, evitando la normalizzazione e la rassegnazione. Il territorio paga lo scotto di scarsa informazione e conoscenza del fenomeno mafioso. È fondamentale riconoscere il valore di operazioni come questa e usarle per parlare di un fenomeno troppo a lungo sottovalutato”.