Un dossier pubblicato poche ore fa dall’Oms parla di quanto la guerra nella Striscia di Gaza, anche se oggi il conflitto dovesse fermarsi, inciderà sul futuro dei palestinesi.
Su quanti morti abbia provocato il conflitto nella Striscia di Gaza tra Israele e Hamas non c’è una cifra precisa. Stime recenti parlano di un numero che si aggira tra le 55mila e le 65mila persone decedute.
Altri numeri li ha confermati proprio in queste ore l’Organizzazione mondiale alla sanità. L’Oms ha pubblicato un rapporto che Notizie.com è stato in grado di visionare. “Il blocco degli aiuti – si legge – ha aggravato la carenza di forniture e attrezzature mediche e chirurgiche, comprese quelle necessarie per la riabilitazione. Gli ordini di evacuazione e gli attacchi alle strutture sanitarie hanno ulteriormente compromesso i servizi sanitari, compresi quelli di riabilitazione”.
Secondo le ultime stime dell’Oms quasi 42mila persone nella Striscia di Gaza hanno riportato ferite mortali causate dal conflitto in corso. E una su quattro riguarda bambini. L’Organizzazione parla di lesioni permanenti. Che comprendono anche le 5mila persone che hanno dovuto subire un’amputazione. “L’aumento della malnutrizione e la mancanza di accesso all’acqua potabile – continua il dossier intitolato Estimating trauma rehabilitation needs in Gaza – compromettono ulteriormente il recupero dei feriti, con la carestia confermata in alcune zone di Gaza nell’agosto 2025”.
Solo 14 dei 36 ospedali di Gaza rimangono parzialmente operativi
Sono diffuse anche altre gravi lesioni, tra cui quelle alle braccia e alle gambe (oltre 22mila), al midollo spinale (oltre 2mila), al cervello (oltre 1.300) e gravi ustioni (oltre 3.300). Lesioni che aumentano ulteriormente la necessità di servizi chirurgici e riabilitativi specializzati e colpiscono profondamente i pazienti e le loro famiglie in tutta Gaza. Il rapporto evidenzia inoltre la prevalenza di lesioni complesse al viso e agli occhi, soprattutto tra i pazienti in lista per l’evacuazione medica fuori Gaza. Condizioni che spesso portano a sfigurazioni, disabilità e stigma sociale.
L’analisi aggiornata si basa sui dati di 22 squadre mediche di emergenza (Emt) supportate dall’Oms, del Ministero della Salute di Gaza e di importanti partner sanitari. Con l’aumento dei nuovi infortuni e delle esigenze sanitarie, il sistema sanitario è sull’orlo del collasso. Solo 14 dei 36 ospedali di Gaza rimangono parzialmente operativi, mentre meno di un terzo dei servizi di riabilitazione pre-conflitto è operativo, e molti rischiano la chiusura imminente. Nessuno è pienamente operativo, nonostante gli sforzi dei paramedici e dei partner sanitari.
Il conflitto ha devastato il personale addetto alla riabilitazione. Un tempo Gaza contava circa 1300 fisioterapisti e 400 terapisti occupazionali, ma molti sono stati sfollati e almeno 42 sono stati uccisi a settembre 2024. “Sfollamenti, malnutrizione, malattie e la mancanza di ausili fanno sì che il reale onere della riabilitazione a Gaza sia di gran lunga superiore alle cifre qui presentate“, ha affermato Richard Peeperkorn, Rappresentante dell’Oms nei Territori palestinesi occupati.
Pochi giorni fa, Medici senza frontiere ha sospeso le attività a Gaza City, assediata. Proprio oggi un attacco israeliano ha ucciso un altro operatore umanitario a Gaza. Omar Hayek è il quattordicesimo operatore di Msf ucciso dall’inizio del conflitto. Omar lavorava come terapista occupazionale, ed è stato ucciso mentre si recava al lavoro in ospedale. Aveva da poche settimane evacuato da Gaza City verso sud, in una zona designata come sicura dalle forze israeliane. Altri quattro membri dello staff sono rimasti feriti nell’attacco, uno é in condizioni critiche. Tutti gli operatori indossavano gilet bianchi chiaramente contrassegnati con il logo di Msf.
Gaza, l’operatore umanitario Omar ucciso alla fermata del bus
“Omar era un uomo tranquillo, di profonda gentilezza e massima professionalità. – si legge in una nota dell’organizzazione internazionale – Dal giugno 2018 lavorava come terapista occupazionale in una clinica di Msf di Gaza City, dedicando la sua vita a restituire forza e dignità a migliaia di pazienti. È rimasto a Gaza City prima di decidere di evacuare definitivamente verso sud il 13 settembre scorso a causa dei continui attacchi e degli sfollamenti forzati da parte delle forze israeliane, che sostenevano che lì, a sud, le persone avrebbero trovato sicurezza”.
Invece, Omar è stato ucciso alla fermata dell’autobus, mentre si recava al lavoro. Era l’unico a provvedere alla sua famiglia da quando suo padre è morto e suo fratello minore è stato ucciso.