Nelle scorse ore a Viterbo le forze dell’ordine hanno arrestato due cittadini turchi ipotizzando, nelle prime fasi del blitz, un attentato alla processione. Sotto la superficie, il mondo della criminalità.
Una pistola semiautomatica e una mitraglietta d’assalto fabbricata nell’est Europa, entrambe calibro 9, cariche e pronte all’uso. La finestra della stanza del b&b aperta che affacciava su una delle strade dove, di lì a poco, si sarebbe svolta la tradizionale processione della Macchina di Santa Rosa.
Tutti elementi che hanno portato le forze dell’ordine ad ipotizzare che i due turchi arrestati nelle scorse ore a Viterbo avessero pianificato un attentato terroristico facendo fuoco sulla folla composta da migliaia di persone. “Poteva essere una strage, ma l’intervento decisivo delle forze dell’ordine ha sventato l’attentato”, si è affrettato a dire il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini. Tutte le piste investigative sono aperte, ma ulteriori elementi investigativi in direzione dell’attentato o del terrorismo, però, al momento non ci sono.
Tanto più che i due non hanno risposto alle domande del pm Massimiliano Siddi della Procura della Repubblica di Viterbo. Sullo sfondo, però, c’è un forte interesse, ben documentato da numerose inchieste, della criminalità turca per il territorio italiano. E, soprattutto, c’è un nome che dal 2022 riecheggia nel nostro Paese: Boris Boyun, 41 anni, elemento di spicco della mafia turca, arrestato una prima volta a Rimini tre anni fa e di nuovo nel 2024 a Bagnaia. Proprio in provincia di Viterbo.
Presunto attentato sventato a Viterbo, indagini su Boyun
E sempre a Viterbo il 26 agosto scorso è stato arrestato un altro cittadino turco, ricercato a livello internazionale. E sospettato di essere il leader di un’associazione criminale dedita al riciclaggio e ad altri reati violenti, tra cui l’uso di armi, estorsioni e minacce aggravate. Investigatori ed inquirenti stanno cercando in queste ore possibili collegamenti, anche perché le vicissitudini di Boyun sono ormai ben note alle autorità italiane. Tanto che il suo permanere in carcere in Italia aveva creato tensioni con la Turchia.
Lo stesso presidente turco Recep Tayyip Erdogan avrebbe manifestato il proprio disappunto alla premier Giorgia Meloni per la mancata consegna del boss. Al momento i due turchi arrestati si trovano in carcere a Viterbo con l’accusa di traffico di armi. Altri cinque cittadini turchi sono stati fermati nella serata di ieri dai poliziotti della squadra mobile e della Digos in un b&b di Montefiascone, non lontano da Viterbo.
A guidare gli agenti nella struttura ricettiva, il documento usato dai fermati per registrarsi. Che era lo stesso usato dai due turchi arrestati in precedenza. I cinque, dopo l’identificazione e gli accertamenti, sono stati rilasciati. Al lavoro sulla complessa vicenda oltre alla Procura di Viterbo c’è anche la Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Roma. Sono stati effettuati controlli incrociati con le autorità turche, passati al setaccio cellulari, attrezzature ed esaminati vestiti e oggetti in possesso dei fermati.
Alcuni parlamentari di opposizione, tra cui Francesco Boccia del Partito democratico e Matteo Renzi di Italia Viva, hanno chiesto al governo di riferire al più presto sull’accaduto. Il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, cauto, si è limitato a dire: “In poche ore sono stati individuati e fermati due soggetti pericolosi. È stato rimodulato il dispositivo di sicurezza senza che si generasse allarmismo e preoccupazione tra i partecipanti“.
Baris Boyun, boss della Dalton e i suoi attentati
Di mafia turca in Italia, come già accennato, si è cominciato a parlare insistentemente dal 2022 e del caso Notizie.com se n’era occupato già a febbraio e marzo 2025. Nell’agosto di tre anni Boris Boyun è giunto nel nostro Paese dalla Svizzera insieme ad altre tre persone. Ricercato in patria per decine di omicidi e tentati omicidi, è stato arrestato a Rimini ad appena ventiquattr’ore dal suo ingresso in Italia. Originario del quartiere Beyoglu di Istanbul, è considerato uno dei capi della Dalton Gang, un gruppo mafioso che si ispira ai cartelli del narcotraffico colombiani.
Posto agli arresti domiciliari a Crotone, è emerso che Boyun continuava a dirigere e coordinare dall’Italia la cosca attiva nei traffici di droga e nell’immigrazione clandestina attraverso la rotta balcanica. Non solo. Per le autorità italiane ed internazionali il boss avrebbe l’obiettivo di “interferire con lo status quo esistente in Turchia”. Da qui l’interesse del presidente Erdogan. Sempre dal nostro Paese Boyun avrebbe pianificato un attentato in una fabbrica di alluminio in Turchia. Nel mirino c’era un gruppo criminale rivale, la famiglia dei Sarallar. Boyun avrebbe anche ordinato l’omicidio di un turco a Berlino.
L’attentato è fallito grazie all’attività investigativa di polizia di stato, polizia turca ed Interpol. Il boss è quindi stato nuovamente arrestato a maggio 2024 e posto in regime di 41 bis. Insieme a Boyun sono state arrestate altre diciassette persone, tutte di cittadinanza turca.
L’indagine, avviata a Como e proseguita a Viterbo (dove Europol aveva inviato anche due esperti a coordinare le attività di intelligence), ha rivelato che l’organizzazione criminale era coinvolta in molteplici attività illegali, tra cui omicidi in tutta Europa, trasporto di migranti, traffico di droga e contrabbando di sigarette contraffatte. E che molti flussi finanziari provenienti dall’estero sotenevano le attività illegali dell’organizzazione criminale in Europa. Per questi fatti a Milano è in corso da mesi, con prossima udienza fissata per il 6 ottobre davanti alla Corte d’Assise, il processo a Boyun.
Non è finita. Nei mesi precedenti al blitz del maggio 2024, che ha visto coinvolte anche le autorità di Svizzera, Bosnia e Olanda, è emerso che Boyun era scampato ad un presunto agguato nei suoi confronti. Dalla Turchia era quindi giunta in Italia una “squadra” per proteggere il boss e per far fronte alle sue necessità economiche, organizzative e logistiche. Tra di essi il componente di un gruppo di fuoco con un ruolo apicale nella compravendita di armi e munizioni. Il cerchio parrebbe chiudersi, ma è ancora presto per dirlo. Ciò che è certo, come da informative dell’intelligence, è che l’Italia per la mafia turca sarebbe un fondamentale snodo per la logistica ed il riciclaggio. Basi sicure e consolidate dalle mafie locali, porta d’ingresso d’Europa per droga e armi.