L’estate 2025 italiana è stata caratterizzata da incidenti e tragedie in acqua da nord a sud: ecco perché gli esperti dell’Anab puntano ad una gestione pubblica dell’assistenza. Tutti i dettagli.
Il 12 agosto scorso il corpo senza vita del piccolo Carlo di 6 anni è stato ritrovato senza vita in mare. Un mese prima, l’11 luglio, il 17enne Riccardo è rimasto sepolto sotto la sabbia dopo aver scavato una buca. Tuttora sono in corso, invece, le ricerche di Sergio, di 44 anni, tuffatosi per salvare i propri figli.
Tre episodi emblematici che raccontano di un’estate italiana caratterizzata da tragedie e incidenti. Fin troppi incidenti, avvenuti praticamente su tutto il territorio nazionale in presenza di spiagge, laghi, fiumi e piscine. Sotto accusa, al netto delle indagini di magistratura e forze dell’ordine, ci sono le condizioni di sicurezza dei diversi luoghi e la conoscenza da parte dei cittadini delle buone pratiche per frequentarli.
È questa una delle motivazioni che ha spinto proprio in queste ore l’Associazione nazionale assistenti bagnanti (Anab) a lanciare la proposta di una gestione pubblica dell’assistenza balenare. “Proporre una gestione dello Stato per gli assistenti bagnanti – ha spiegato, in esclusiva per Notizie.com, Guido Ballarin, presidente nazionale di Anab – significa non solo tutelare meglio i cittadini, ma generare anche entrate statali dirette e indirette, rafforzando professionalità e coesione territoriale”.
Ballarin (Anab) in esclusiva per Notizie.com: “Gli assistenti bagnanti hanno un ruolo cruciale”
Secondo l’Anab nel 2024 sono stati registrati 221 decessi per annegamento, con oltre il 50% dei casi verificatisi nelle spiagge. “Ciò evidenzia il ruolo cruciale degli assistenti bagnanti nel prevenire tragedie e l’urgenza di un servizio sistematico e continuativo”, ci ha detto Ballarin. A questi dati si sommano quelli dell’Osservatorio per lo sviluppo di una strategia nazionale di prevenzione degli annegamenti e incidenti in acque di balneazione.
In Italia ogni anno muoiono per annegamento in media circa 328 persone. Tra il 2017 e il 2021 sono morte 1642 persone. Il contesto in cui ci si muove è di quelli estremamente complicati. Prendiamo il caso delle spiagge. Nei lidi, i concessionari sono tenuti per legge a garantire la presenza di un bagnino qualificato con brevetto ogni cento metri di litorale.
Sono obbligatori, tra le altre strumentazioni, i kit di primo soccorso, il defibrillatore, i salvagenti, le torrette di avvistamento. Sulle spiagge libere o libere attrezzate la situazione si complica ancor di più e varia da regione a regione. I Comuni dovrebbero garantire la sicurezza ma fin troppe volte “installano dei cartelli con la scritta Attenzione area sprovvista del servizio salvataggio”, ha sottolineato Ballarin.
Tra le regioni virtuose ci sono Emilia Romagna e Toscana, dove c’è un piano collettivo di salvataggio che obbliga i concessionari dei lidi a contribuire alla sicurezza delle spiagge libere. Eppure ci sarebbe da prendere in considerazione anche i numeri delle presenze attese ed i rischi della zona, dai fondali alle correnti insidiose.
“Servizio assente, spesso per motivi economici”
“Sebbene talvolta le ordinanze – ha continuato il presidente – impongano la presenza di un bagnino ogni 80–150 metri, nelle spiagge libere il servizio è spesso assente, soprattutto per motivi economici. Ci sono pochissime spiagge in Italia coperte dal servizio pubblico nazionale o regionale. Lo stesso vale per laghi e fiumi”. E per le piscine? “Un disastro. Puro sfruttamento con contratti scandalosi”.
“Per le società che gestiscono i servizi privati è solo business”, ha affermato Ballarin. Sarebbe proprio il fattore economico a mettere a rischio la sicurezza dei bagnanti. In Italia, secondo Anab, mancherebbero almeno il 20% degli assistenti bagnanti necessari per la stagione estiva. Il deficit di personale si traduce in difficoltà operative per gli stabilimenti, in particolare nei periodi di punta della stagione estiva.
“Gli stipendi, quando sono accettabili, si aggirano tra 1300 e 1800 euro mensili, ma con contratti poco rappresentativi e scarsa tutela. – ha dichiarato il presidente Anab – Salari bassi e stagione troppo corta rendono la professione poco attrattiva, aggravando la carenza di personale, rendendo il lavoro incerto e svilendo la professione. Il ‘grigio’ gira a discapito della categoria, i contratti più rappresentativi non vengono applicati. Tanto più che non esiste un contratto specifico per la categoria, siamo inseriti sul commercio, oppure sul turismo”.
Tutto ciò ha portato l’Anab a proporre la creazione di un Corpo statale di assistenti bagnanti, analogamente ai vigili del fuoco, con contratti nazionali stabilizzati, formazione coerente e un organico centrale. Il passaggio sotto gestione statale dovrebbe migliorare le condizioni economiche e normative, garantendo formazione continua, stabilità contrattuale e riconoscimento professionale. Un’iniziativa simile, a febbraio di quest’anno, è stata portata avanti da un gruppo di esperti soccorritori di Viareggio, che ha dato vita ad un’associazione denominata Conasag, ovvero Corpo nazionale dei soccorritori acquatici e dei guardia spiaggia.
“Il servizio non sarebbe gratuito. – ha concluso Ballarin – I concessionari balneari pagherebbero un canone proporzionato (per metratura, presenze, redditività) allo Stato, generando un fondo nazionale stabile per sostenere il servizio. Lo Stato, unico coordinatore, assicurerebbe la presenza del servizio anche sulle spiagge meno profittevoli o libere, garantendo migliori standard di sicurezza. La stabilità renderebbe il lavoro più sostenibile e attraente per i giovani. E la gestione statale, sinergica con campagne come ‘Spiagge sicure’, promuoverebbe una cultura della balneazione consapevole e sicura”.