La situazione sta migliorando sul Vesuvio, le fiamme sono circoscritte. Il momento della conta dei danni e delle indagini.
Una vera e propria lotta contro il vento si sta combattendo negli ultimi giorni nel Parco Nazionale del Vesuvio. Le fiamme hanno distrutto più di 500 ettari, il fronte del fuoco è arrivato a tre chilometri.
Nonostante gli sforzi dei vigili del fuoco, della Protezione civile e dei volontari giunti in soccorso da tutta l’Italia, i fronti attivi sono ancora tre. Le zone colpite sono la valle del Gigante, in direzione del Monte Somma, dove stanno operando i Canadair, a sud del cratere, che vede impegnati gli elicotteri della Protezione civile e nella zona del Vicinale, dove le operazioni di spegnimento stanno procedendo via terra.
Lo ha fatto sapere la Prefettura di Napoli dopo un vertice di coordinamento soccorsi d’intesa con il Dipartimento della Protezione Civile e la Regione Campania. La situazione va via via migliorando, ma resta alta l’allerta perché basterebbe un soffio di vento e le fiamme riprenderebbero forza.
Il ministro della Protezione Civile Nello Musumeci ha accolto la richiesta del governatore Vincenzo De Luca di indire lo stato di mobilitazione nazionale. E questo ha reso possibile l’invio dei rinforzi.
Ritardi negli interventi e prevenzione: su cosa indaga la Procura di Nola
I centri abitati restano fuori pericolo. La Procura di Nola ha aperto un fascicolo senza indagati e coordina le indagini dei carabinieri. Quando il Vesuvio avrà smesso di bruciare, dovrà essere chiarito se gli incendi siano stati di natura accidentale (quindi colposa) o dolosa. Quest’ultima ipotesi implicherebbe l’intenzione di qualcuno di dare alle fiamme la flora e la fauna del Parco Nazionale del Vesuvio.
Per chi non conosce il territorio potrebbe sembrare piuttosto strano, eppure nella storia degli incendi in questa zona ci sono anche stati bracconieri che provocavano incendi per fare in modo che gli animali si spostassero, in modo da poterli cacciare.
La prima cosa che gli inquirenti dovranno chiarire riguarda i presunti ritardi negli interventi. Secondo alcune testimonianze infatti, un piccolo rogo nella zona di Terzigno sarebbe stato segnalato tre giorni prima che la situazione precipitasse.
Il secondo punto che la Procura di Nola dovrà chiarire è anche quello che più interessa i cittadini: sapere cosa è stato fatto sul fronte della prevenzione dal 2017 ad oggi. Nell’estate di quell’anno il Vesuvio uscì letteralmente devastato dagli incendi (che partirono dalla zona di Ercolano).
Dopo otto anni, un nuovo disastro: “Le nostre esistenze sono nelle mani di chi sta devastando la nostra terra, abbiamo quindi la necessità di chiedere quali e di chi sono le responsabilità di ciò che accade, oggi come ieri”, dicono in una nota diramata dai Cittadini e Cittadine Area Vesuviana, per invitare le persone a partecipare a un’assemblea pubblica che si è tenuta sabato 9 agosto.
Anche nel 2017 la Procura puntava a far luce sulla prevenzione
Un disastro che riguarda la flora e la fauna di un Parco Nazionale, ma anche l’economia locale di un territorio già devastato negli anni dalle discariche legali e illegali. E segnato da una lunga storia di lotte ambientali.
Come oggi ha fatto la Procura di Nola, nel 2017 fu quella di Napoli ad aprire un’inchiesta che puntava il dito verso un contadino e ipotizzava un cooperazione colposa di alcuni funzionari della Regione Campania. Ipotesi poi smentita dai giudici, se assolsero i dipendenti per insufficienza di prove. Il contadino invece, morì per cause naturali prima della sentenza. Indipendentemente dall’esito giudiziario, la Procura provò a far luce anche in quel caso sulla prevenzione.