È possibile che in alcune aree del nostro Paese il virus West Nile sia stato se non dimenticato, quantomeno trascurato? Mentre continuano a salire contagi e decessi, ecco come lo Stato, le Regioni e gli Istituti lottano contro la malattia trasmessa dalle zanzare.
Salgono a sette i decessi per virus West Nile in Italia, la maggioranza tra Lazio e Campania. Solo oggi sono morte tre persone: un 74enne, un 68enne ed un 86enne. Sono scattate le bonifiche sul territorio e tra le misure di prevenzione c’è anche lo stop alle donazioni di sangue in trentuno province.
Le aree dove si stanno verificando la maggior parte dei contagi parrebbero essere circoscritte, e c’è preoccupazione circa la diffusione della zanzara responsabile della trasmissione del virus del Nilo Occidentale all’uomo, la Culex pipiens. Cosa sta accadendo tra Lazio e Campania? Oltre al fattore climatico di cui aveva parlato anche l’Organizzazione mondiale alla sanità (Oms) nelle sue “previsioni”, cos’è cambiato in questo territorio?
“È molto difficile dirlo, non ci sono dati sulla densità della zanzara comune. Non c’è un sistema di sorveglianza e monitoraggio quantitativo che possa dire qualcosa in merito. È possibile fare delle ipotesi legate cambiamento climatico, ma non mi azzardo a dire che quest’anno è accaduto qualcosa di particolare”. A parlare, in esclusiva per Notizie.com, è Romeo Bellini, già responsabile del Settore entomologia e zoologia sanitarie del Centro agricoltura ambiente G. Nicoli, direttore europeo della Society for vector ecology e direttore nazionale italiano della European mosquito control association.
Romeo Bellini in esclusiva per Notizie.com: “Il virus storicamente è più associato ad ambienti di pianura”
“Il virus West Nile è conosciuto da molti anni, ed è endemico in Italia e in altri Paesi europei. – ha continuato l’esperto – Circola soprattutto negli uccelli e si diffonde sfruttando centinaia di specie. La zanzara che si è infettata su un uccello al pasto di sangue successivo punge un uomo e così trasmette il virus all’essere umano. Stranamente ci sono diversi casi sia in Lazio sia in Campania. Il virus storicamente è più associato ad ambienti di pianura con molta acqua stagnante”.
Secondo Bellini le regioni del nord Italia si sono maggiormente attrezzate nella prevenzione e nella gestione del virus. Si tratta di aree che condividono la pianura Padana: il Friuli, il Veneto, l’Emilia Romagna, la Lombardia ed il Piemonte. Le Regioni hanno un sistema di sorveglianza che consiste in una rete di trappole gestite di solito dagli Istituti zooprofilattici che catturano gli insetti e verificano se il virus è presente o meno. Ciò dà un segnale di allarme, ma è fisiologico in determinati territori.
Non è chiaro invece perché il virus si stia diffondendo in determinate aree, ma segnali di allarme in Campania ce n’erano comunque stati. Secondo un rapporto di ricerca pubblicato sulla rivista scientifica Frontiers il 30 novembre 2023, il virus sarebbe ricomparso in Campania dopo due anni di assenza nel settembre del 2022 con “la morte inaspettata di un cavallo maschio di 7 anni con segni neurologici”.
Dalle analisi effettuate dall’Istituto zooprofilattico sperimentale del mezzogiorno (Izsm) era emerso che l’animale era affetto dal ceppo 1 del virus. “Il paesaggio in cui si trovava la stalla – si legge nell’articolo – era caratterizzato da zone umide che erano paludi prima della bonifica degli anni ’30, con canali di irrigazione e quattro laghi artificiali nelle immediate vicinanze. Durante la primavera e l’estate, si è verificata un’insolita abbondanza di zanzare”. Due anni prima un astore (un uccello rapace) era risultato positivo al ceppo 1 del virus a 17 km di distanza.
L’impennata West Nile in Campania tra il 2020 ed il 2024
“La valutazione del rischio – ci ha spiegato Bellini – si fa nelle aree dove si sa che c’è il virus. Se un’area non è infetta non conviene spendere fondi per fare una sorveglianza che ha comunque un costo significativo”. Secondo la mappa fornita dal sito web dell’Istituto zooprofilattico sperimentale denominata Previsione condizioni climatiche e ambientali favorevoli alla circolazione Wnv, tra il 1 gennaio 2020 ed il 31 dicembre 2024, però, in Campania si sono registrati 25 focolai del virus.
L’impennata ha fatto sì che nel Piano 2020-2025 di prevenzione, sorveglianza e risposta alle arbovirosi, ovvero le malattie infettive causate da virus trasmessi da insetti, quattro province campane (Napoli, Caserta, Avellino e Benevento) siano passate da essere aree a basso rischio di trasmissione ad alto dopo alcune circolari del Ministero della Salute diramate tra il 2023 ed il 2024.
Altro segnale d’allarme era provenuto ancora una volta dai ricercatori campani nel marzo di quest’anno. Con un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Mdpi intitolato West Nile Virus (Wnv): one-health and eco-health global risks si legge che “le strategie di sorveglianza sono orientate al monitoraggio della presenza sierologica del virus Wnv negli uccelli e negli insetti vettori, utilizzando metodi di laboratorio anche per tracciare una mappa epidemiologica dinamica delle aree endemiche“.
E poi: “Nelle condizioni di controllo e contenimento del virus del Nilo Occidentale, il maggiore impatto economico è legato al monitoraggio sierologico e ai costi di laboratorio, mentre durante le epidemie, i costi del trattamento sono legati all’ospedalizzazione degli esseri umani e alla vaccinazione degli equini“.
“Le amministrazioni pubbliche? Ora possono fare davvero poco contro il virus”
“Per alcune specie di zanzara comune – ha sottolineato l’esperto – si usano delle trappole ad anidride carbonica solida. Le zanzare sono attratte perché la confondono con un ospite su cui fare un pasto di sangue. La femmina di zanzara la scambia per un mammifero e viene aspirata da una ventola. All’indomani un tecnico raccoglie gli esemplari che vengono analizzati per verificare la presenza o meno del virus”.
Arrivati a questo punto, cittadini e istituzioni cosa possono fare? “Se una persona è in buona salute nella maggior parte dei casi non si accorge nemmeno di aver preso il virus. – ha affermato l’entomologo – Se invece l’agente patogeno attacca un sistema immunitario depresso si può sviluppare una patologia che può portare al decesso in casi rarissimi. Come prevenzione il consiglio è: se una persona anziana o con problemi di salute deve star fuori all’aperto la sera (la zanzara Culex pipiens è attiva di notte, ndr) dovrebbe utilizzare repellenti per evitare di essere punti. Aiuta anche indossare abiti chiari che non attirano gli insetti”.
PER APPROFONDIRE: West Nile (o Febbre del Nilo): cosa sappiamo della malattia causata dalle zanzare comuni, la parola a Matteo Bassetti
Gli Enti locali adesso, però, si stanno rincorrendo nell’annunciare bonifiche e disinfestazioni. “Le amministrazioni pubbliche possono fare poco adesso. – ha concluso Romeo Bellini – Per il West Nile non c’è un raggruppamento dei casi come avviene ad esempio per le malattie trasmesse dalla zanzara tigre, come la dengue. L’uomo è un ospite a fondo cieco. Se la zanzara punge un soggetto malato non si infetta. Il virus non riesce a replicarsi molto nell’uomo come avviene invece negli uccelli. Quindi i casi avvengono di solito su territori molto vasti dove utilizzare insetticidi potrebbe avere conseguenze disastrose sull’ambiente. La capacità di sopprimere le zanzare è molto bassa. Non otterremmo una grande riduzione del rischio. Quando c’è un’emergenza, non essendoci una cultura in merito, si corre ai ripari ma finisce solo per essere uno spreco di denaro con un grave impatto ambientale”.