Il ministro Urso ha detto che l’ex Ilva è salva, perché è stata rilasciata l’Aia. Ma si tratta di un documento provvisorio. La strada è ancora in salita per le sorti dell’impianto.
L’ex Ilva “è salva“. Lo ha annunciato nei giorni scorsi il Ministro delle imprese e del Made in Italy Adolfo Urso mentre era in corso il congresso della Cisl. “L’industria italiana può ancora avere l’acciaio”, perché proprio in quel momento è stata rilasciata la cosiddetta Aia, cioè l’Autorizzazione integrata ambientale.
Si tratta di un documento approvato da una commissione del Ministero dell’Ambiente che, come si legge in una nota, “ha avuto esito positivo con l’approvazione del parere istruttorio competente”. Contiene 470 prescrizioni ambientali e impone un limite di 6 milioni di tonnellate all’anno per 12 anni di produzione.
Ma questo documento è provvisorio: si tratta infatti di un testo che lo stesso Urso ha definito “ponte”, che ha avuto l’ok senza il parere positivo di Regione e Provincia della Puglia e dei Comuni di Taranto e Statte. Che si sono opposti, tra le altre cose, perché non era ancora stato sottoscritto un Accordo di Programma sul piano di decarbonizzazione.
Manca l’ok degli enti locali: tutto è rimandato ad agosto
Accordo che verrà discusso ad agosto, dopo il consiglio comunale a Taranto del 30 luglio, alla vigilia dell’incontro già previsto a Roma, con l’obiettivo di trovare un punto di incontro tra le istituzioni.
Intanto, approvare l’Aia era necessario, perché sulle sorti dell’ex Ilva incombe una sentenza del Tribunale di Milano che, nel rispetto della normativa vigente europea ed italiana, avrebbe dovuto chiudere l’area a caldo dell’impianto.
Cos’è l’Aia e perché è importante per il futuro dell’ex Ilva
L’Autorizzazione integrata ambientale è importante perché contiene le indicazioni per ridurre l’impatto ambientale e tutelare la salute di chi vive attorno all’impianto. Si tratta di condizioni importanti, che chiunque in futuro gestirà l’ex Ilva, dovrà rispettare.
L’obiettivo del governo – difficilissimo da raggiungere – è infatti arrivare a venderlo, ma attualmente il limite imposto di 6 milioni di tonnellate all’anno per 12 anni di produzione sembra addirittura un’utopia perché l’ex Ilva è sotto i 2 milioni all’anno.
Acciaierie d’Italia, attuale gestore dello stabilimento e in amministrazione straordinaria, dovrebbe chiedere una revisione, poi avviare un nuovo iter e un bando di gara per l’acquisto dell’impianto.
La trattativa più concreta in corso è quella con la Baku Steel Company, che a settembre del 2024 ha presentato una manifestazione di interesse ed è una società dell’Azerbaijan che vorrebbe aprire stabilimenti in Italia.
Un’eventuale vendita potrebbe rappresentare un affare, perché sarebbe sostenuta anche dal governo azero. E inoltre questo Paese possiede molto gas naturale, che serve anche all’Italia. L’obiettivo è rilevare tutti gli asset industriali di Acciaierie e questa impresa vorrebbe portare a Taranto il gas per favorire la decarbonizzazione dell’ex Ilva.
L’affare ammonterebbe a circa un miliardo di euro, anche se potrebbe essere più basso, date le condizioni dello stabilimento.
Ma il Comune di Taranto si oppone alla nave rigassificatrice
Per questo il ministro Urso ha dichiarato che si tratta di una sorta di “ponte” in attesa che “venga approvato il piano di piena decarbonizzazione, perché io non posso imporre al Comune di Taranto la nave rigassificatrice, è competenza del Comune”.
Il sindaco Pietro Bitetti però si oppone alla nave rigassificatrice, dunque le istituzioni locali hanno nominato una commissione tecnica chiamata a individuare alternative.
L’ultima Aia era scaduta nel 2023 e il parere degli enti locali non è vincolante, anche se intervengono nella conferenza dei servizi. L’ex Ilva infatti, è un sito di interesse strategico nazionale dal 2012: ciò vuol dire che a deciderne le sorti è il governo.
Ma il ministro Urso ha più volte detto, e lo ha ribadito anche alla conferenza della Cisl, che non è possibile “fare una gara sapendo che il Comune si oppone a un fattore abilitante. Nessuno investe se non ha certezza che l’investimento si realizzi”. Insomma: la situazione è ancora in alto mare.