Gli Usa hanno davvero distrutto i siti nucleari dell’Iran? Il caso di Bushehr, la centrale completamente russa

Gli Stati Uniti hanno davvero distrutto i siti nucleari dell’Iran? È questa la domanda che sta tenendo con il fiato sospeso mezzo mondo a poche ore dalla fine della guerra dei dodici giorni tra Israele ed Iran.

Il presidente Usa Donald Trump oggi riceverà un nuovo briefing dell’intelligence. Le polemiche sono sorte a seguito della fuga di informazioni riservate sugli attacchi statunitensi avvenuti lo scorso fine settimana.

Il presidente Usa Donald TRump, sullo sfondo un bombardiere
Gli Usa hanno davvero distrutto i siti nucleari dell’Iran? Il caso di Bushehr, la centrale completamente russa (ANSA FOTO) Notizie.com

Secondo alcuni media, tra cui la Cnn ed il New York Times, i raid non avrebbero smantellato il programma nucleare del Paese, così come invece affermato da Washington, bensì lo avrebbero ritardato solo di mesi. Il tycoon è andato su tutte le furie, bollando come fake news le notizie trapelate e chiedendo in particolare all’emittente di licenziare la sua giornalista Natasha Bertrand. La portavoce della Casa bianca Karoline Leavitt, ha dichiarato che le persone che divulgano informazioni riservate ai media dovrebbero essere arrestate.

Dunque, cos’è accaduto davvero in Iran? Partiamo dalle reazioni agli attacchi, diffusi dall’Iran dopo il cessate il fuoco. Teheran ovviamente non ha parlato dei siti e degli eventuali danni, ha detto di voler tornare al tavolo dei negoziati con gli Usa e di non voler rinunciare al proprio programma nucleare per fini pacifici. Il Parlamento, inoltre, si è espresso affinché l’Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica dell’Onu, sospenda il proprio monitoraggio sull’Iran.

L’uranio arricchito iraniano secondo le stime dell’Aiea

Secondo proprio l’Aiea, le scorte totali di uranio arricchito dell’Iran al 17 maggio ammontavano a circa 9.250 chilogrammi: 8.400 chilogrammi di esafluoruro di uranio gassoso; 620 chilogrammi di ossido di uranio; 71 chilogrammi di uranio metallico in elementi di combustibile, piastre e barre; 4 chilogrammi di uranio in bersagli; circa 140 chilogrammi di uranio in rottami liquidi e solidi.

L’Agenzia delle Nazioni Unite ha stimato che oltre 400 chilogrammi di esafluoruro di uranio gassoso siano già stati arricchiti al 60%. Un livello considerato altamente arricchito, ma non ancora di livello militare. Il materiale era sufficiente per circa 10 armi nucleari, ma per raggiungere il cosiddetto livello di qualità bellica c’è bisogno di un’ulteriore purificazione al 90%. L’ubicazione precisa dell’uranio altamente arricchito iraniano è sconosciuta.

Il sito nucleare iraniano di Fordow
L’uranio arricchito iraniano secondo le stime dell’Aiea (ANSA FOTO) Notizie.com

Natanz, a circa 300 chilometri a sud di Teheran, nella provincia di Isfahan, è il principale impianto di arricchimento dell’Iran. Ospita sia un impianto sotterraneo di arricchimento del combustibile nucleare per reattori nucleari commerciali, sia un impianto pilota di arricchimento del combustibile nucleare in superficie. Nel 2002 un dissidente politico iraniano ha rivelato che il regime aveva spostato segretamente centrifughe a gas e attrezzature a Natanz. Nel 2010 la struttura è stata il bersaglio del cyberattacco Stuxnet. Il sito è stato attaccato da Israele il 13 giugno. Sono stati distrutti una sottostazione elettrica e un deposito di gas esafluoruro.

Isfahan ospita un vasto centro di tecnologia nucleare. È la seconda città più grande dell’Iran, e qui c’è uno dei siti più importanti per il programma nucleare iraniano. Il sito gestisce tre piccoli reattori di ricerca e ne è prevista la costruzione di un quarto. Il primo giorno dell’attacco, i bombardamenti israeliani ne avrebbero danneggiato quattro edifici, tra cui l’impianto di conversione dell’uranio, il laboratorio chimico centrale e l’impianto di produzione del combustibile per reattori.

La centrale nucleare di Bushehr risparmiata dagli attacchi

A Teheran Israele il 18 giugno ha poi colpito un reattore del Centro di ricerca e un sito per la produzione di radioisotopi medicali utilizzati nella cura del cancro. Bushehr, invece, situato sulla costa del Golfo, è la prima centrale nucleare commerciale dell’Iran. Non è stato oggetto di attacchi. È di progettazione russa, utilizza combustibile fornito dalla Russia (che viene poi restituito a Mosca per lo smaltimento) e impiega personale russo.

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Infine, Fordow, il sito attorno il quale si sta concentrando il dibattito internazionale. Si tratta del secondo impianto pilota di arricchimento del combustibile nucleare dell’Iran. Si trova in profondità, a circa 80-90 metri, all’interno di una montagna vicino alla città di Qom, nell’Iran settentrionale. La struttura era stata edificata con una grande quantità di cemento armato per proteggerlo dai bombardamenti aerei. Secondo l’Aiea, l’impianto ospita (o ospitava, non è ancora dato saperlo) quasi tremila centrifughe per produrre uranio altamente arricchito.

Bombardieri Usa, in alto un B-2 Spirit
La centrale nucleare di Bushehr risparmiata dagli attacchi (ANSA FOTO) Notizie.com

Fino a venerdì 20 giugno, l’impianto non era stato preso di mira né da attacchi aerei né da operazioni di sabotaggio. Il motivo è che i missili convenzionali utilizzati da Israele non sarebbero stati in grado di distruggerlo. Per farlo era stato ipotizzato addirittura l’utilizzo di un’arma nucleare tattica a basso potenziale. Gli Usa, invece, il 21 giugno hanno fatto scattare l’operazione Midnight Hammer (Martello di Mezzanotte). Sono stati presi di mira Fordow, Natanz e Isfahan.

Si è trattato di un assalto coordinato con bombardieri B-2 Spirit e un sottomarino. Sette bombardieri B-2 hanno trasportato ciascuno due Gbu-57 Massive ordnance penetrator (Mop), bombe bunker-buster da 30mila libbre progettate per penetrare fino a 200 piedi di profondità in terra rinforzata o cemento armato. In 25 minuti una dozzina di bombe sono state sganciate su Fordow e due su Natanz. Il sottomarino ha lanciato più di due dozzine di missili da crociera Tomahawk contro obiettivi infrastrutturali di superficie a Isfahan. Immagini satellitari hanno rivelato crateri a Fordow e Natanz.

Midnight Hammer, tutti i dubbi sull’effettiva distruzione dei siti

La stima, però, è che l’impianto di Fordow sia interrato a una profondità di 18-27 metri in più rispetto alla massima di penetrazione di una singola Gbu-57. Dunque per distruggere le camere sotterranee sarebbe stato necessario sganciare più bombe in successione precisa e nello stesso identico punto. Un rapporto poi ha indicato la presenza di camion a Fordow poco prima dell’attacco, il che suggerisce la possibilità che molto materiale sia stato portato via prima.

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Cosa è effettivamente stato trasferito? L’attacco americano ha avuto successo? Una valutazione effettiva dei danni è e sarà difficile. L’attacco mirava a distruggere strutture sotterranee, quindi invisibili alla ricognizione aerea. E, ovviamente, gli iraniani non permetteranno a nessuno di esaminare i siti.

Gli Stati Uniti – ha spiegato Herbert Lin, ricercatore presso l’Università di Stanford, in alcune considerazioni pubblicate dal Bulletin of the atomic scientists – hanno bombardato impianti nucleari noti. Se gli iraniani avessero avuto un impianto segreto e non dichiarato, ad esempio, per l’arricchimento dell’uranio, questo attacco non lo ha toccato. Il raid sembra poi aver puntato ai soli impianti iraniani per l’arricchimento dell’uranio, e non alle riserve iraniane di uranio arricchito”.

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