Il tema è quantomai d’attualità. Il 1 aprile scorso Agenzia delle Entrate ed Inps hanno introdotto un nuovo codice Ateco, il 96.99.92.
Una serie numerica che sta per i Servizi di incontro ed eventi simili che ha di fatto “regolarizzato” dal punto di vista fiscale le attività delle escort. Una rivoluzione per le sex worker, che possono emettere fatture e versare i contributi come qualsiasi altro lavoratore.
E i passi in avanti in un settore da sempre oggetto di polemiche nell’opinione pubblica così come nella politica, potrebbero essere tutt’altro che terminati. Allo studio in Senato c’è una bozza di disegno di legge che mira a legalizzare e regolamentare il lavoro sessuale. E che vede nel suo fulcro la riapertura delle cosiddette case chiuse. L’iniziativa porta la firma del senatore di Forza Italia Claudio Fazzone.
Consiste, al momento, in una scheda relativa al Ddl n. 1523 presentato il 5 giugno intitolata Disposizioni in materia di esercizio della prostituzione. Venti articoli nei quali si affronta il fenomeno vietando definitivamente l’esercizio su strada e si apre ad età minime e massime, 21 e 65 anni, per lavorare regolarmente. Sarà necessario ottenere un attestato professionale attraverso corsi di formazione in igiene, sicurezza, pronto soccorso ed elementi di psicologia.
Case chiuse, oltre la legge Merlin: testo in fase di elaborazione
E poi: partita Iva e assicurazione obbligatoria, e pene severissime per chi costringe alla prostituzione o si approfitta di condizioni di fragilità. Abbiamo provato a raggiungere telefonicamente il senatore Fazzone, che ci ha però fatto sapere che “il testo è ancora in fase di elaborazione”. In attesa di saperne di più, insomma, è lecito chiedersi se il tentativo del parlamentare azzurro stavolta supererà gli scogli dell’elettorato, della politica e la prova dell’Aula.
Non si tratta, infatti, del primo tentativo di oltrepassare la famosa legge Merlin che nel settembre del 1958 ha di fatto definitivamente chiuso le case di tolleranza in Italia. La normativa, che prende il nome dalla senatrice socialista Lina Merlin che la promosse, abolì la regolamentazione statale della prostituzione e ne vietò lo sfruttamento ed il favoreggiamento. C’è da dire che l’obiettivo della legge non era vietare la prostituzione in sé, quanto contrastare il suo sfruttamento e la mercificazione del corpo femminile.
Negli ultimi anni, ed in particolare dal 2000 in poi, si sono susseguiti numerosi tentativi da parte di diversi esponenti politici allo scopo di abrogare o comunque di rivedere la Merlin. “Riapriamo le case chiuse. – disse nel 2018 il leader della Lega Matteo Salvini – Fare l’amore fa bene, drogarsi no. Per questo sì a controllo dello Stato su prostituzione e no alla liberalizzazione”. Il 3 gennaio scorso l’attuale vicepremier e Ministro delle Infrastrutture è tornato alla carica: “Sono a favore di una regolamentazione. Controllate, pagando le tasse e non mezzi nudi in mezzo a una strada. Non vedrei nulla di strano nel regolamentare e tutelare anche questo tipo di lavoro”.
Ad aprile del 2015 furono ben due le proposte che approdarono alla Camera dei Deputati. La prima vedeva come primo firmatario il presidente della commissione Affari costituzionali Pierpaolo Vargiu di Scelta Civica. La seconda ad opera di Maria Spilabotte, vicepresidente della commissione Lavoro, e di Monica Cirinnà, entrambe del Partito democratico. Aderirono 77 deputati in maniera trasversale. Sostanzialmente allora si prevedeva la regolarizzazione fiscale, contributiva e previdenziale, nonché l’iscrizione alla Camera di Commercio.
Escort e case chiuse, oltre quarant’anni di proposte naufragate
Nel 2019 ci riprovò il senatore della Lega Gianfranco Rufa, basando la propria proposta su un’esigenza di decoro civile e morale. L’iniziativa dell’allora segretario della Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno dei femminicidi non dovrebbe discostarsi molto da quella odierna di Fazzone. Stesso titolo Disposizioni in materia di disciplina dell’esercizio della prostituzione e stesso divieto di esercitare nei luoghi pubblici.
Ma il dibattito, in realtà, va avanti da oltre quarant’anni. Era il dicembre del 1982 quando i Radicali, con Emma Bonino come prima firmataria, presentarono una proposta di legge per modificare la Merlin. Nello specifico, si puntò il dito contro lo sfruttamento della prostituzione altrui. “L’equiparazione – si leggeva nel testo – del semplice favoreggiamento allo sfruttamento, l’incriminazione, in pratica, ed almeno secondo certi interpreti, del solo fatto di dar ricetto ad una prostituta, di affittarle una casa, di tollerare la sua presenza in un locale pubblico fa sì che attorno alle prostitute venga a crearsi un vuoto”.
Un vuoto “non solo in ordine ad ogni esigenza connessa con l’esercizio della loro attività, ma per qualsiasi altro rapporto umano, un vuoto inesorabilmente destinato ad essere colmato da chi sia disposto a correre i relativi rischi, anche sul piano penale e non solo su quello morale, di fronte ai vantaggi che può trarne uno sfruttatore”. I Radicali si resero conto quarantatré anni fa di quel vuoto, “solo” uno dei tanti cui spetterebbe al Parlamento mettere mano.