“Le cure palliative e non il suicidio assistito” per accompagnare i malati gravi alla morte: il dibattito politico e della società civile dopo il caso dello scrittore Daniele Pieroni.
La storia di Daniele Pieroni ha riacceso il dibattito sul fine vita in Italia. Affetto da una grave forma del morbo di Parkinson che lo costringeva ad alimentarsi con un sondino, lo scrittore e poeta ha scelto di morire in Italia il 17 maggio scorso a casa sua.
Non si può più rimandare: sul fine vita va presa una decisione. Il vicepremier Matteo Salvini ha promesso che entro il 17 luglio arriverà finalmente una proposta di legge comune in Senato. Ma le associazioni pro-vita continuano a sottolineare l’importanza delle cure palliative per accompagnare i malati gravi.
Il suicidio assistito per loro è “un modo per abbandonare la fragilità”. A parlare con Notizie.com è Domenico Menorello, presidente e socio fondatore del network di associazioni Ditelo sui Tetti. “Siamo preoccupati, perché il rischio è che si diffonda la mentalità dell’indifferenza alla sofferenza”.
“Le coperture in Italia sulle cure palliative sono ancora al 30%: è una vergogna”
La politica si trova di fronte a un vero e proprio bivio, per Menorello: “Scegliere se aiutare la vita o aiutare i fragili ad andarsene. Ognuno può optare per ciò che ritiene più umano. Scegliere quindi, se curare la malattia o abbandonarla. Le cure palliative, nel loro senso più nobile, non generano un’istanza di morte. Ed è una vergogna che in Italia, dopo 14 anni dalla legge, siamo ancora al 30% delle coperture per quanto riguarda il fabbisogno delle terapie del dolore. Peraltro con un’enorme differenza territoriale”.
Daniele Pieroni aveva sessantatre anni ed è il primo cittadino toscano ad aver avuto accesso al suicidio medicalmente assistito, in applicazione della legge della Toscana Liberi Tutti, approvata nei mesi scorsi dal consiglio regionale. Legge che il governo ha impugnato con un ricorso alla Corte Costituzionale, ritenendo anche anche che non spetti alle regioni legiferare sul tema, ma al Parlamento.
Il provvedimento regionale della Toscana si rifà a sua volta alla sentenza della Consulta del 2019, che rende possibile la pratica del fine vita in Italia, quando sussistano quattro requisiti. Cioè, essere in una situazione irreversibile e di estrema sofferenza, dipendere da sostegni vitali ed essere lucidi e coscienti nel prendere la decisione.
Daniele Pieroni era malato dal 2008 e da anni era collegato alla cosiddetta Peg, ovvero gastronomia endoscopica percutanea, per 21 ore al giorno. Ad agosto del 2023, tramite un amico, ha telefonato al numero bianco dell’Associazione Luca Coscioni per poter avviare l’iter della sentenza della Corte Costituzionale sul caso Cappato-Antoniani. All’epoca la legge della Toscana ancora non esisteva.
Il primo ad esprimersi sulla vicenda dello scrittore è stato il governatore della Regione Toscana Eugenio Giani (PD), che ha sottolineato come la legge approvata dalla sua giunta anticipi una decisione che il Parlamento prima o poi dovrà prendere. “Le polemiche sull’incostituzionalità sono infondate: la legge serve solo a garantire uguali condizioni di accesso”.
La maggioranza si divide sul ruolo del Servizio sanitario nazionale nella legge sul fine vita
Lo stesso Pd sul tema è diviso al suo interno, tra chi appoggia la legge toscana e l’ala cattolica che invece è contraria. Il Movimento 5 Stelle è favorevole ed ha presentato una proposta di legge firmata da Gilda Sportiello e Giuseppe Conte.
Il fine vita spacca il Parlamento dal 2016 e non si è mai arrivati ad approvare una legge che metta d’accordo tutti i partiti. Nel 2021, quindi due anni dopo la sentenza della Consulta, la Camera dei deputati ha dato l’ok a una proposta di legge, ma da allora il testo è fermo al Senato, nelle commissioni Affari Sociali e Giustizia.
È stato anche creato un comitato ristretto – relatori Pierantorio Zanettin di Forza Italia e Luigi Zullo di Fratelli d’Italia – col compito di scrivere un testo unificato. Una proposta che, come promesso dal leader della Lega Matteo Salvini, potrebbe arrivare in Aula al Senato entro il 17 luglio. “Il Parlamento sta lavorando bene. Perché ha voluto fare un ampio giro di audizioni con la società civile: è così che questo tema va affrontato”, dice a Notizie.com Domenico Menorello.
Il fine vita divide anche la maggioranza stessa, in particolare sul ruolo che dovrà avere il Servizio sanitario nazionale. Per Fratelli d’Italia quest’ultimo dovrà essere escluso dalla legge. Forza Italia invece, ritiene che non sia possibile tagliare fuori la sanità pubblica dalle pratiche del suicidio assistito.
“Dare questo compito al Ssn vuol dire dire alla popolazione che la vita malata è da buttare via – commenta Menorello – Le ricerche demografiche dimostrano che in tutti i Paesi dove la morte è data dal Servizio sanitario nazionale c’è un’impennata di morti. I malati soli la percepiscono come un abbandono”.
L’incognita del Comitato etico
Un’altra incognita è rappresentata dal Comitato etico. I partiti di governo ritengono che debba essere nominato dal presidente del Consiglio, mentre i gruppi di opposizione no. “Vedremo la norma. Ma è giusto dare un’omogeneità di criteri. In Italia c’è una vera e propria giungla: ogni Regione ha un Comitato etico diverso e giudica in modo diverso situazioni uguali. Così non va bene”, aggiunge ancora Menorello.
Il presidente del Senato Ignazio La Russa ha auspicato che la legge sul fine vita arrivi in Parlamento entro la fine della legislatura. In un’intervista a La Stampa ha detto: “Per quel che mi riguarda, conta il principio: garantire la possibilità di scelta a chi è nella condizione terminale e senza speranza. Bisogna trovare dei limiti, evitare abusi e fughe in avanti, ma questa scelta, non il suicidio, è un’altra cosa”.