No, quella che vi mostriamo qui sotto non è una foto d’attualità. E soprattutto non è stata scattata oggi davanti alla villetta di via Pascoli a Garlasco.
Si tratta di uno scatto dell’agosto 2007, ovvero quando la scientifica entrò per la prima volta a casa Poggi dopo l’omicidio di Chiara. Oggi, lunedì 9 giugno 2025, ovvero 6510 giorni dopo, la scena si è ripetuta. Gli specialisti del Ris sono tornati nella villetta.
Diciotto anni dopo il delitto, il cui processo si è concluso con la condanna dell’allora fidanzato di Chiara, Alberto Stasi, la Procura della Repubblica di Pavia ha riaperto le indagini. Il procuratore capo Fabio Napoleone ha ordinato ai carabinieri del Ris (oggi di Cagliari, allora di Parma) di tornare lì dov’era stato trovato il corpo senza vita di Chiara Poggi, e dove abitano ancora oggi i suoi genitori. Nuove tecnologie a disposizione delle autorità, ma le tracce da analizzare sono vecchie.
Memorizzate negli archivi ci sono impronte e schizzi di sangue rilevati allora che il laser scanner utilizzato oggi ha riposizionato su muri e pavimenti. Si tratta di uno strumento che si posiziona al centro di un ambiente che deve essere analizzato. Girando su se stesso, a 360 gradi, rileva ogni misura e ricostruisce la scena del crimine in 3d. Rilevando le misure di tutti gli oggetti presenti, compresi gli schizzi ematici, la distanza tra le macchie di sangue e la loro traiettoria.
La tecnica forense della Bloodstain pattern analysis a Garlasco
Parliamo della cosiddetta Bloodstain pattern analysis, tecnica forense che studia le tracce ematiche per ricostruire gli eventi accaduti. Nel caso del delitto di Chiara Poggi si tratta di una nuova lettura delle moltissime tracce ematiche che avevano ricoperto la scena del crimine. Pavimento, muri, telefono, divano, porte e altre zone. Una rilettura che verrà fatta anche rispetto alla posizione, nell’ipotesi dei pm, dell’aggressore sulle scale che portano alla cantina, in fondo alle quali venne trovato il corpo di Chiara.
Questo quanto tecnicamente accaduto oggi, le cui risultanze saranno sul tavolo dei pm tra non molto. Ma cosa c’era allora in quella villetta? Siamo riusciti a risalire a una dozzina di scatti effettuati dalle autorità e ai primi lanci di agenzia di quel giorno. Partiamo proprio da ciò che era stato diffuso sui media, a corredo della prima foto in alto.
“I carabinieri davanti alla casa di Chiara Poggi, la ragazza di 26 anni trovata uccisa nella sua villa di Garlasco, poco dopo le 14 di oggi. – scrive l’Ansa il 13 agosto 2007 – A rinvenire il cadavere sulle scale della cantina della casa di via Pascoli 8, con il cranio fracassato, è stato il fidanzato Alberto S., studente di 24 anni, che si era precipitato a casa della ragazza, secondo le prime ricostruzioni dell’accaduto, dopo aver cercato invano di mettersi in contatto con lei per tutta la mattina”.
Tra le immagini che siamo riusciti a visionare quella del bagno e del lavandino. Qui si ipotizzò che il killer potesse essersi lavato dopo l’efferato omicidio. Si nota anche il lavamani, sul quale fu repertata una piccola macchia ematica della vittima. Non furono però trovate impronte digitali nitide né tracce biologiche attribuibili con certezza ad un altro soggetto.
Negli atti ci sono poi le immagini della scena del delitto. Sangue, moltissimo sangue e schizzi. Lungo il corridoio, sugli stipiti delle porte, nei pressi del telefono bianco. Tracce impressionanti, che raccontano della crudeltà con cui è stata tolta la vita a Chiara, anche nei pressi delle scale che conducono al seminterrato dov’è stato trovato il corpo della giovane. Via le tracce di sangue, le autorità si concentrarono sul comprendere il percorso dell’assassino.
Misero sul pavimento le classiche impronte bianche per replicare e studiare la dinamica del delitto. Furono rinvenute parziali tracce di calzature, lasciate presumibilmente dopo che il killer era passato nel sangue della vittima. Bisognava quindi ricostruire il percorso dell’assassino (compreso l’accesso alle scale insanguinate) per valutare se Alberto Stasi o un’altra persona avrebbero potuto evitare di calpestare il sangue e uscirne senza sporcare le scarpe.
In quei dossier anche le foto delle Lacoste Sport che sarebbero state indossate da Stasi. Un indizio indiretto in gergo tecnico, ma la compatibilità con le impronte sul luogo del delitto e la dinamica del sangue furono fattori fondamentali nel processo che portò alla condanna definitiva di Alberto nel 2015 a 16 anni per omicidio volontario.
Il laser scanner utilizzato oggi ha riportato la villetta di via Pascoli a Garlasco per qualche ora indietro nel tempo. Su quei muri e su quelle mattonelle la memoria di quanto accaduto diciotto anni fa. Per studiare tutto al dettaglio e al millimetro. Senza tralasciare più nulla.