Emanuele De Maria, il sovraccarico e “l’errore prognostico”: cos’è successo tra carcere e hotel fino al suicidio

Emanuele De Maria: le 48 ore fuori dal carcere, il femminicidio di Chamila, l’accoltellamento del collega. Il Ministero vuole vederci chiaro sull’articolo 21. 

Sul caso di Emanuele De Maria vuole vederci chiaro anche il Ministero della Giustizia. Gli uffici del ministro Carlo Nordio intendono far luce sul percorso intrapreso dal detenuto di Bollate fino all’ottenimento dell’articolo 21. Ovvero, quello che permette di lavorare all’esterno di un istituto di pena.

Emanuele De Maria e Chamila
Emanuele De Maria, il sovraccarico e “l’errore prognostico”: cos’è successo tra carcere e hotel fino al suicidio (Ansa Foto) – notizie.com

Il 35enne di origini napoletane ere recluso per femminicidio e lavorava con un contratto a tempo indeterminato all’Hotel Berna, nei pressi della stazione Milano Centrale, beneficiando del permesso di uscita dal carcere. Venerdì sera però, non è rientrato in cella. Si è reso responsabile dell’accoltellamento del collega 51enne Hani Nasr ed è sospettato per la morte di Chamila Wijesuriya, 50enne barista che lavorava nella stessa struttura ricettiva.

Domenica 11 maggio poi, ha acquistato un biglietto, è salito sul Duomo di Milano e si è lanciato nel vuoto, cadendo sull’asfalto di corso Vittorio Emanuele II di fronte alla Rinascente. Morendo sul colpo e lasciando sgomenti i passanti.

Cercheremo, per quanto possibile, di fare approfondimenti su una scelta che non dipende certamente dall’amministrazione penitenziaria“, ha dichiarato all’AdnKronos il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro. “Cercheremo di capire come sia potuto accadere che venisse giudicato, evidentemente, non pericoloso socialmente”. 

Il pm: De Maria aveva un piano per uccidere Chamila e Hani

Per il pubblico ministero di Milano Francesco De Tommasi, Emanuele De Maria aveva un piano per uccidere prima la barista 50enne, Chamila Wijesuriya, e poi il collega 51enne Hani Nasr. L’autopsia sui corpi verrà eseguita per due motivi. Bisogna per prima cosa ricostruire l’esatta dinamica dei fatti. Poi è necessario accertare se il 35enne avesse assunto o meno sostanze psico-alteranti prima di commettere i reati per cui era ricercato.

Le indagini sono in corso e investigatori e inquirenti aspettano di parlare con Hani Nasr. Il barista egiziano è stato accoltellato da De Maria per cinque volte all’alba, ed è riuscito a salvarsi rientrando nell’albergo. L’uomo è stato sottoposto a delicati interventi chirurgici all’ospedale Niguarda. Quando le condizioni di salute lo permetteranno verrà sentito, anche per venire a capo del movente della furia del 35enne in quelle 48 ore in cui era irreperibile.

Le forze dell'ordine alla ricerca di Chamila
Il pm: De Maria aveva un piano per uccidere Chamila e Hani (Ansa Foto) – notizie.com

De Maria era detenuto per il femminicidio di una giovane donna di 23 anni tunisina, Oumaima Racheb, avvenuto a Castel Volturno, Caserta, nel 2016. Venne arrestato dopo due anni di fuga, nel 2018, in Germania. Stava scontando a Bollate una pena definitiva di 14 anni. Aveva ottenuto lo sconto di un terzo della pena per aver scelto il rito abbreviato. La magistratura aveva ritenuto quell’omicidio un “atto d’impeto”, senza aggravanti.

Il legale del 35enne: “Mai dati segni di squilibrio”

Quello che è accaduto tra la sera di venerdì e la giornata di domenica, per l’avvocato di De Maria Daniele Umberto Tropea è “un fatto completamente inimmaginabile“. Perché il 35enne “non ha mai dato alcun segno di squilibrio e si trovava in regime di lavoro all’esterno del carcere sia per il comportamento modello tenuto, quanto per il percorso di consapevolezza mostrato sul reato commesso”. 

Sono le parole del legale a LaPresse, che spiega anche che il Tribunale di Sorveglianza di Milano aveva concesso a De Maria il beneficio dell’articolo 21 sulla base delle “relazioni completamente positive dell’area educativa del carcere di Bollate”. 

De Fazio (UILPA) a Notizie.com: “Nelle carceri è emergenza, così diventa più facile sbagliare”

Per la polizia penitenziaria, questo episodio è anche frutto della crisi del sistema carcerario, che va completamente riformato. A dichiararlo a Notizie.com è Gennarino De Fazio, segretario del sindacato Uilpa: “Quando si fa una prognosi rispetto al percorso trattamentale di un detenuto, come in qualsiasi ambito c’è un margine di errore. Ma quest’ultimo è accentuato nel caso delle carceri, considerando le condizioni attuali in cui versano, di grandissima emergenza”. 

Sedicimila detenuti in più rispetto ai posti disponibili, oltre 18mila unità mancanti negli organici della polizia penitenziaria, la carenza nelle strutture professionali. E pure, spiega De Fazio ai nostri microfoni, “un sovraccarico della magistratura di sorveglianza, anch’essa sotto organico“. Questo fa sì che diventi “più facile incappare in errori prognostici”, aggiunge il segretario, sottolineando che con la sua denuncia non intende “mettere in discussione l’istituto”. 

 

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Durante la telefonata De Fazio si domanda anche se a De Maria siano stati fatti accertamenti sulle sue condizioni psichiche: “Mi pongo riflessioni in relazione all’idoneità della salute psichica del detenuto. Cioè, se erano state valutate adeguatamente sotto il profilo clinico. Forse qualcosa non ha funzionato, non so dirlo”. E a stabilirlo saranno le indagini. “Il comportamento” però, secondo il segretario Uilpa, “lascia quantomeno sospettare che ci fosse una patologia in atto”. 

Questo ovviamente, si aggiungerebbe “a un ulteriore problema che affligge le carceri: i malati non vengono curati e sono abbandonati a se stessi, non vengono intercettati, né riconosciuti. Quindi il problema è più complesso e supera l’articolo 21″. 

Un sistema carcerario in crisi, che De Fazio definisce “in emergenza”. Perché “non si gestisce l’ordinario ma si cerca di tamponare le falle che quotidianamente si aprono. In carcere abbiamo addirittura detenuti sine titulo: gente che non ha un titolo giuridico per essere trattenuta ma rimane in cella. È chiaro che i margini di errore non potranno mai essere azzerati: ci sarà sempre qualcuno all’articolo 21, in semilibertà, che commetterà un reato. Ma in questa situazione è più facile sbagliare”. 

Ecco perché va riformato “l’intero sistema di esecuzione penale, deflazionando la densità detentiva, garantendo assistenza sanitaria, anche di natura psichica. E rinforzando gli organici che sono sempre più depauperati nelle carceri, al di là della narrazione governativa”. 

Dalla passeggiata con Camilla al suicidio dal Duomo di Milano: cosa è successo nelle ore in cui gli investigatori cercavano Emanuele De Maria

Sulla storia di Emanuele De Maria faranno luce la magistratura e il Ministero della Giustizia. Quello che sappiamo finora è che venerdì 9 maggio, il 35enne non è rientrato in carcere al termine della giornata lavorativa. Lo stesso giorno, i familiari di Chamila Wijesuriya si sono allarmati perché non era tornata a casa. La donna era sposata ed aveva un figlio. Il marito ha denunciato la sua scomparsa alle forze dell’ordine perché non riusciva a rintracciarla. E poco dopo il cellulare della donna è stato ritrovato da un addetto Atm in un cassonetto della fermata della metro Bignami, vicino al Parco Nord. 

Intanto il carcere di Bollate aveva già avviato le procedure per cercare De Maria che non era tornato in carcere. Le telecamere di videosorveglianza del Parco Nord hanno ripreso il 35enne mentre passeggiava insieme con la donna. E due ore dopo De Maria è stato visto alla fermata della metro (dov’è stato trovato anche il cellulare di Chamila).

Gli attimi in cui Emanuele De Maria sta per lanciarsi dal Duomo di Milano
Dalla passeggiata con Camilla al suicidio dal Duomo di Milano: cosa è successo nelle ore in cui gli investigatori cercavano Emanuele De Maria (Ansa Foto) – notizie.com

Secondo gli investigatori, l’uomo si sarebbe nascosto per tutta la notte in attesa che l’altro collega, Hani Nasr, arrivasse all’hotel. Lo ha colpito cinque volte poi è scappato fino alla svolta di domenica 11 maggio. De Maria ha acquistato il biglietto per visitare il Duomo di Milano, è salito sulle terrazze e si è suicidato lanciandosi da un’altezza di 60 metri.

Sul posto, le forze dell’ordine non hanno avuto difficoltà a riconoscere il cadavere, grazie ai tatuaggi e ai frammenti del documento di identità di Chamila. Nel giro di poche ore, carabinieri e sommozzatori dei vigili del fuoco hanno trovato anche il corpo della donna, nel Parco Nord, dopo la segnalazione di un passante.

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