Cassazione, il saluto romano è reato, ma non in caso di commemorazione

Le sezioni unite hanno stabilito che per essere perseguito penalmente si dovrebbe dimostrare la volontà di ricostituire il partito fascista

La Cassazione ha deciso: il saluto romano o fascista non è reato se viene fatto in una situazione commemorativa. E potrebbe essere perseguito penalmente “quando si realizza un pericolo concreto per l’ordine pubblico’‘, la sottolineatura dei giudici della Cassazione a sezioni unite. Una giornata importante in questa chiave e su un argomento delicato, anche perché ha fatto discutere parecchio. E continuerà ancora a farlo.

La polemica
Il momento in cui è stato fatto il saluto romano ad Acca Larentia (Ansa Notizie.com)

Chiarezza fino in fondo. E si direbbe una volta per tutto, tanto che il pg di Cassazione, nella sua spiegazione conclusiva ha anche sottolineato che  ”non possiamo avere sentenze a macchia di leopardo in cui lo stesso gruppo viene condannato da un tribunale e assolto da un altro”. Poi qualcuno sta cominciando a mettere in dubbio questo dispositivo, ma è anche normale che sia così, o meglio che continui a far discutere, soprattutto tra le opposizioni.

Ecco cosa dice la sentenza della Cassazione

Il provvedimento
Veduta esterna del palazzo della Corte Suprema di Cassazione (Ansa Notizie.com)

In sostanza le Sezioni Unite della Corte suprema di Cassazione hanno deciso che riguardo alla condotta tenuta nel corso di una pubblica manifestazione che consiste nella risposta alla “chiamata del presente” si legge nel provvedimento nel “saluto romano” rituali entrambi che ricordano nella gestualità il partito fascista integra quanto previsto e dice la legge Scelbaove, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso, sia idonea ad integrare il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista, vietata dalla XII disposizione transitoria e finale della Costituzione“.

E sottolinea che solo “a determinate condizioni” può configurarsi anche il possibile reato previsto dalla legge Mancino che “vieta il compimento di manifestazioni esteriori proprie o usuali di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi“. Chiaro e abbastanza definito nella parte giurisdizionale e giuridica.

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