De Donno: “Falcone e Borsellino erano odiati dai loro colleghi…”

Il famoso colonnello dei carabinieri si racconta in una lunga intervista al quotidiano La Verità, con il rammarico più grande: “Una delle ultime telefonate con Giovanni fu con me, dovevamo andare insieme”

Un uomo dello Stato, di quelli integerrimi, un po’ ruvidi ma onesti, fermi e convinti del proprio operato come pochi altri. Qualcuno ha tentato di screditarlo negli anni, ma lui Giuseppe De Donno è sempre andato avanti come un martello pneumatico e non si è mai arreso. Si è forgiato alla scuola della Nunziatella e all’Accademia di Modena, ha lavorato tutta una vita nel Raggruppamento operativo speciale dei Carabinieri, prima di passare al Sisde, i servizi segreti interni. Insieme al suo amico e generale dei Carabinieri Mori hanno cercato di lavorare e portare la Mafia alla sbarra, con tanti successi e centinaia di dossier che sono stati raccolti in un libro, La verità sul dossier Mafia e Appalti scritto insieme a Mario Mori, amico e suo superiore nei carabinieri e nei servizi segreti.

Gli agenti segreti
Giuseppe De Donno e Mario Mori, i due carabinieri che hanno lottato una vita contro la mafia (Ansa Notizie.com)

Negli anni ’90, De Donno è stato in prima linea nella lotta a Cosa nostra al fianco di Falcone e Paolo Borsellino. Una lavoro incredibile che stava portando avanti con grande abnegazione, ma per quella sua attività investigativa è stato addirittura imputato, sempre insieme a Mori nell’inchiesta sulla cosiddetta Trattativa Stato-mafia. Un processo andato avanti per un po’ d’anni, ma alla fine i due sono stati assolti in via definitiva e solo dopo hanno pubblicato il loro manoscritto, un vero e proprio atto d’accusa al mondo imprenditoriale-politico-mafioso. Alcuni puntano il dito e chiedono il motivo per cui solo adesso viene fuori questo libro, ma la riposta di De Donno è inappuntabile e serafica: “Semplice: essendo stati assolti dalle accuse che ci avevano rivolto, non possono esserci dubbi sulla nostra buona fede. Sarebbe stato troppo facile per qualcuno dire che “parlavamo” per interessi processuali“.

“Borsellino conosceva benissimo il nostro lavoro, Falcone ne chiese una copia. Due monumenti”

I simboli
I due giudici Falcone e Borsellino uccisi entrambi dalla mafia (Ansa Notizie.com)

Qualcuno sosteneva che Borsellino non conoscesse bene il lavoro che De Donno e Mori stavano facendo sul rapporto Mafia e Appalti, la risposta dell’ex agente segreto: “Borsellino (in realtà De Donno, quando nomina i magistrati, aggiunge sempre il titolo accademico di dottore, scrive La Verità) lo conosceva benissimo perché all’indomani della consegna dell’elaborato a Falcone ne chiese una copia, che su autorizzazione dell’amico Giovanni, gli venne consegnata. Era interessato ad alcuni appalti che ricadevano nella sua giurisdizione di procuratore di Marsala e certamente aveva avuto modo di confrontarsi sul tema con Falcone“.

Un dossier, quello sulla Mafia e sugli appalti, che potrebbe essere stata la causa della morte del povero giudice Borsellino e per De Donno è quasi una conferma: “Dalle ultime risultanze processuali sembrerebbe proprio di sì. Pare che proprio la sua determinazione a rivitalizzare quell’indagine, soprattutto unendo gli sforzi con i magistrati della Procura di Milano, sia stata la causa ultima della sua condanna a morte”.

“Dovevo essere in macchina con Falcone quel giorno, ma tornai il giorno prima e ci dovevamo vedere da lì a poco…”

I due carabinieri
Gli indagati De Donno e Mori mentre erano sotto processo, poi assolti in via definitiva (Ansa Notizie.com)

Per un momento storico si è che l’inchiesta mafia-appalti poteva avere dei collegamenti con Mani pulite della Procura di Milano e De Donno rivela: “Le due indagini erano collegate. Alcuni personaggi comparivano in entrambi i procedimenti e in entrambi il convitato di pietra era Cosa nostra. Sarebbe stato esplosivo il coordinamento investigativo tra le due Procure“. E ancora oggi non si capisce, visti i collegamenti che c’erano tra le due Procure, Palermo e Milano, come sia stato possibile non lavorare insieme in sinergia, ma anche qui De Donno ha una sua versione ben chiara: “Questo andrebbe chiesto a Di Pietro e ai magistrati palermitani. Ad ogni modo dopo la morte di Borsellino, che spingeva in quella direzione, e nonostante le nostre sollecitazioni (Di Pietro ha confermato in dibattimento che noi del Ros abbiamo fatto di tutto per spingerlo ad occuparsi delle vicende palermitane) non si pervenne a nessun coordinamento operativo“.

Il suicidio di Gardini, pare sia collegato proprio in virtù del fatto che l’imprenditore poteva essere accusato di avere collegamenti con Cosa Nostra: “Non ho elementi sufficienti per darle una risposta. A detta di Di Pietro, però, il giorno in cui si tolse la vita, Gardini avrebbe dovuto confessargli i legami con Cosa Nostra. Forse non sapremo mai la verità“. Si racconta che il giorno in cui morì Falcone, De Donno sarebbe dovuto essere in macchina col giudice e lui conferma: “È vero. Per una casualità della vita, dovetti scendere a Palermo il giorno prima e lo attendevo là. Una delle ultime telefonate di Giovanni fu a me. Ogni tanto penso a quello strano destino. Oggi potrei avere delle piazze intitolate. E invece sono vivo e sono stato processato come un criminale qualsiasi. Ma sono contento così“.

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