L’estate è alle porte, ma è già allarme bagnini: tanti gli stabilimenti che rischiano di non aprire

Migliaia di bagnini in meno mettono a rischio le spiagge degli italiani in una stagione che si preannuncia da boom, ecco perché dagli stabilimenti sale la preoccupazione per la prossima estate

Stiamo uscendo da un inverno che ci avevano minacciato come uno spauracchio per il freddo e la carenza di gas, previsione per fortuna rivelatasi troppo pessimista e solo allarmistica. Ora siamo pronti a far risvegliare tutti i sensi con l’arrivo della primavera, ma comunque già proiettati verso la stagione estiva che promette di essere quella della vera ripartenza dopo il brusco risveglio da due anni di pandemia e restrizioni varie. Ma una brutta sorpresa potrebbe attendere gli amanti del mare e dei vari stabilimenti disseminati lungo i chilometri e chilometri della nostre coste: la carenza di bagnini.

Mancano i bagnini e gli stabilimenti sono in difficoltà – Notizie.com –

Una recente indagine di Confartigianato ha messo in risalto come in Italia negli ultimi anni abbiamo perso un “esercito” di lavoratori di categorie ora diventati introvabili. Camionisti, elettricisti, idraulici e meccanici, operai edili e tanti altri sono oramai diventati una chimera. Nel 2022 le piccole imprese hanno avuto difficoltà a reperire complessivamente 1.406.440 lavoratori, pari al 42,7% delle assunzioni previste. Per l’artigianato addirittura la quota sale al 50,2%.

Cercasi bagnini

La scorsa estate aveva visto un lento, ma per fortuna inesorabile, ritorno alla normalità dopo i due anni passati tra blocchi, restrizioni e chiusure varie, la prossima sarà sicuramente quella del ritorno alla piena attività in tutti i comparti del turismo e quindi delle vacanze estive. L’anno scorso la stagione estiva si era caratterizzata per la mancanza di lavoratori stagionali nei luoghi turistici, infatti i proprietari di bar, ristoranti e lidi lamentavano grandi difficoltà nel reperire manodopera, quest’anno è scattato l’allarme bagnini. E il paradosso è che la ragione non sembra essere legata, in questo caso, alle irregolarità contrattuali o agli stipendi bassi, ma più semplicemente culturale.

“I nostri bagnini o meglio i salvataggi in possesso del brevetto lavorano in cooperativa su più lidi con stipendi che vanno da 1.800 euro netti al mese per chi è alle prime armi a 3 mila per i senior. Ma è comunque difficile trovare persone disposte a lavorare“, ha dichiarato Stefano Battistoni, titolare di uno stabilimento a Cesenatico e alla guida della Cooperativa che offre il servizio di salvataggio, in una intervista al Corriere della Sera. Il problema è che molti ragazzi che potrebbero cominciare a lavorare per guadagnare qualcosa non vogliono lavorare proprio nei weekend, giorni dove, vista la grande affluenza negli stabilimenti, c’è più necessità di personale di salvataggio.

Rischio torrette vuote per la prossima estate – Notizie.com –

Un problema semplicemente culturale

Secondo il Contratto collettivo nazionale del Turismo, lo stipendio base parte da 1.200 euro per un quarto livello per poi salire con l’inquadramento: vanno poi calcolati gli straordinari pagati il 30% in più ed eventuali accordi di secondo livello. I bagnini lavorano su 40 ore ordinarie con al massimo 8 ore di straordinari. E il giorno il riposo è un obbligo di legge, ma tanti ragazzi non vogliono privarsi della vacanza estiva con gli amici oppure “lo scorso anno un ragazzo ha lasciato perché non voleva pulire la spiaggia, mi ha colpito perché prendeva circa 2 mila euro al mese. La motivazione? Non voleva svolgere una mansione considerata umile”, ha raccontato ancora Battistoni.

Sembra più un problema di approccio mentale a un lavoro che una volta voleva dire, seppur nella classica iconografia cinematografica, sole, mare, nuove amicizie e qualche flirt estivo. “Per coprire una giornata di servizio in torretta ho dovuto assumere due ragazzi part-time. Non volevano tutti i pomeriggi occupati”, ha raccontato il titolare di un altro stabilimento della costa toscana, la grossa differenza rispetto alle generazioni precedenti, come la mia, è che questi ragazzi non vivono il lavoro stagionale come una necessità. Non hanno quella fame che avevamo noi. Anche per le condizioni più agiate delle famiglie di provenienza”.

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