Le stragi, l’ergastolo e la latitanza record: chi è Matteo Messina Denaro

Finisce in una clinica di Palermo la latitanza record di Matteo Messina Denaro: ecco chi è l’inafferrabile a capo di Cosa Nostra arrestato oggi.

Finisce dopo 30 anni di latitanza la caccia all’ultima Primula Rossa di Cosa Nostra. Matteo Messina Denaro è stato arrestato oggi in una clinica di Palermo, dove si trovava in Day Hospital.

Matteo Messina Denaro
Matteo Messina Denaro (AnsaFoto) Notizie.com

La cattura, effettuata dai Carabinieri del Ros, è stata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio De Lucia e dal procuratore aggiunto Paolo Guido nella clinica Maddalena, dove l’inafferrabile si trovava per una serie di controlli. Termina così la latitanza record di quello che è considerato l’ultimo boss mafioso di “prima grandezza”. La caccia al boss, insieme a quella di Totò Riina, sfuggito all’arresto per 23 anni, e di Bernardo Provenzano, introvabile per 38 anni, rappresenta una delle più lunghe nella storia della lotta a Cosa Nostra, che oggi vive un altro passaggio storico.

La sua lunga latitanza parte infatti dal 1993. L’alleato dei Corleonesi iniziò la sua lunga fuga dallo Stato con una lettera alla fidanzata, in cui annunciò il suo piano. Erano gli anni delle stragi a Roma, Milano e Firenze. Quelli della strategia della tensione, in cui Messina Denaro, soprannominato “U siccu”, sottolineò quello che stava per accadere. “Sentirai parlare di me – scriveva – mi dipingeranno come un diavolo, ma sono tutte falsità”. Oggi la lunga latitanza termina con il blitz dei Ros.

Chi è Matteo Messina Denaro

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Con l’arresto di Messina Denaro si chiude una nuova pagina di storia italiana – Notizie.com – © Ansa

Nato nell’aprile del 1962, Matteo Messina Denaro ha vissuta metà della sua vita in latitanza. Figlio di Ciccio Messina Denaro, ricoprì il ruolo di capo della cosca di Castelvetrano e del mandamento, alleato dei corleonesi già dagli anni ’80. Fu capo indiscusso della mafia nella provincia di Trapani, e secondo le ricostruzioni fu favorevole alla strategia della tensione e degli attentati dopo l’arresto di Riina.

Il capomafia trapanese fu poi condannato all’ergastolo per decine di omicidi, fra i quali quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito sciolto nell’acido dopo la lunga prigionia, e anche per il suo ruolo nelle stragi costate la vita ai giudici Falcone e Borsellino oltre che per gli attentati del 1993 a Milano, Roma e Firenze. Nella lunga caccia al boss lo Stato ha impiegato anni, molti reparti attivi sul territorio, e in più occasioni sono arrivate segnalazioni sui possibili cambiamenti e sui movimenti di un capo introvabile. Oggi la fine della lunga latitanza in una clinica, e l’epilogo di una caccia che dopo l’arresto di Provenzano e Riina rappresenta la più lunga caccia all’uomo effettuata dallo Stato.

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