“Pecco” Bagnaia, umiltà, gavetta e famiglia: ecco chi è il nuovo campione del mondo

Un ragazzo splendido che ha ribaltato ogni pronostico delle moto: origini modeste e tanta voglia di emergere ed essere il più bravo di tutti

Tutti lo conoscono come Pecco, che non è certo un diminutivo di Francesco, è solo il suo nome storpiato dalla sorella Carola che quando erano piccoli non riusciva a chiamarlo col suo nome, ma solo Pecco o Peccio, e così è rimasto. E’ Francesco Bagnaia, per tutti ormai Pecco. E’ il nuovo campione del mondo di moto Gp. Un titolo a cui nessuno credeva, forse solo lui, per quello che aveva fatto vedere l’anno scorso, parte del suo team, l’onnipresente Carola e anche Valentino Rossi, si anche lui, ma ci arriveremo tra un po’. Adesso, dopo la rincorsa fantastica su Quartararo, rimontando quasi 140 punti nelle ultime sei/otto gare, Bagnaia è sulla bocca di tutti. E ognuno vuole sapere tutto su questo ragazzo nato a Torino il 14 gennaio del 1997.

Il campione
Francesco Bagnaia che festeggia la sua vittoria del mondiale in Moto Gp (Ansa)

Si, avete capito bene, è nato a Torino, la città della Fiat, della Mole, del Torino e della Juve (la sua squadra del cuore), delle famiglie di operai e dell’industria, non certo il posto dove di solito nascono piloti di moto di grandissima fama. Non è insomma, un romagnolo o un marchigiano, è un ragazzo che cresce in un famiglia di umili origini, col papà e la mamma che lavorano e che cercano di portare avanti una famiglia senza particolari sconquassi. Sono in quattro, papà Pietro e mamma Stefania, più Carola e Francesco. Il “fattaccio” avviene il 14 gennaio del 2003, il giorno del sesto compleanno di Francesco, col padre che si presenta a casa con una piccola motocross giocattolo. E’ l’inizio e la fine di tutto in un certo senso perché Pecco monta su quella piccola moto e non scenderà più. In tutti i sensi. Il padre, anni dopo, dirà che era solo un regalo, non certo l’intenzione di fargli venire voglia di diventare un pilota, ma quel giorno è come se si fosse accesa una scintilla. In quegli anni, poi, iniziava a vincere e a far innamorare tutti un ragazzino di nome Valentino Rossi che aveva appena vinto il suo primo titolo in Moto Gp, dopo quelli in 125 e 250.

L’inizio di tutto dalle minimoto al viaggio in Danimarca

Il campione
Il campione del mondo Francesco Bagnaia in azione a Valencia (Ansa)

Per correre Francesco è costretto a spostarsi perché dalle sue parti non è che ci siano grandi possibilità. Da Chiavasso, il posto dove è cresciuto, si sposta su e giù per il Piemonte e parte della Lombardia, su verso Viverone oppure giù fino ad Alessandria. Ore in auto con tuta la famiglia, inclusi gli zii da parte di mamma e papà, soprattutto Renato, lo zio paterno che mastica un po’ di motori ed è appassionato. E’ lui che, spesso e volentieri, mette mano alla moto, mettendola a punto e facendo dei veri e propri reset ogni volta sia dal punto ciclistico che di messa a punto vera e propria. Ore e ore per strada, macinando chilometri che alla fine diventano uno strumento di aggregazione e che legano ancora di più un’intera famiglia. La strada fa da collante, i chilometri accorciano le distanze.

E così, il padre e gli zii di Francesco arrivavano fino in Francia pur di gareggiare. Ma nel 2008 decidono di esagerare e preparano la prima trasferta motociclistica. Si va in Danimarca. In camper. Fanno sedici ore di viaggio solo per respirare l’odore del carburante, per sentire quel brivido lungo la schiena afferrarti e stringerti fino in fondo. Tutti in un battito, tutto in un secondo. Ha solo undici anni, ma la sua fame è già smisurata, non certo il suo ego anzi è un ragazzo umile che, nonostante l’età, sa già dove vuole arrivare.

La scuola, il debutto e l’ascesa fino alla conquista del mondiale

Il campione
Francesco Bagnaia è quello con la maglia blu col numero 36 che invertito è il numero che avrà sulla moto mondiale (Facebook)

scuola non va altrettanto bene. Arrivano i tre. E anche qualche due. Non gli piace molto studiare, ma è felice e sa già quel che vuole fare e soprattutto diventare. In molti gli ripetono la stessa identica frase. Forse è meglio lasciar perdere, dimenticarsi delle moto. “Me lo dicevano a scuola gli insegnanti, me lo diceva qualche team, lo scriveva qualche giornalista e me lo ha detto il medico qui a Torino perché da piccolo soffrivo di asma“, ha raccontato Pecco qualche anno fa al Corriere della Sera. L’addio alle corse metterebbe tutti d’accordo. Tutti tranne lui, Bagnaia. Pecco decide di tirare dritto, di piegarsi ancora di più in curva. Anche se la sua corsa sembra essere sempre controvento. Il fiato diventa un elemento fondamentale. Poco a poco Bagnaia impara a respirare, a pensare, calmarsi, trovare serenità, far tesoro degli errori senza doverli necessariamente trasformare in dramma. E la cosa funziona anche.

La gavetta sembra infinita. Anche per un ragazzino cresciuto con il mito di Noriyuki Haga e Valentino Rossi. Si parte con le Minimoto e le MiniGP. Fino al titolo europeo del 2009. Poi arriva il CEV, il campionato spagnolo di velocità e finalmente, nel 2013, ecco la Moto3. Il primo anno è una passeggiata nell’anonimato. Zero punti, cinque ritiri, un sedicesimo posto in Malesia come momento più alto della stagione. Poi qualcosa cambia all’improvviso. Un anno più tardi nasce lo Sky Racing Team VR 46. Non è una scuderia. È un’incubatrice di talento. I ragazzi più promettenti possono imparare direttamente da Valentino, girare nel suo ranch, provare a ragionare come lui, rubare i suoi segreti con lo sguardo. Addirittura c’è anche un inno ufficiale del Team scritto da Cesare Cremonini. È un lusso che serve a creare un gruppo, un nuovo senso di appartenenza. Ma è anche una responsabilità. Pecco è uno dei primi ad entrare, insieme al compagno Romano Fenati. Pecco apre il gas, supera, cade, si rialza. Il suo miglior risultato è il quarto posto nel GP di Francia. In tutto raccoglie 50 punti. Vuol dire sedicesimo posto finale in classifica. Poteva andare molto meglio. Ma anche decisamente peggio. A fine stagione passa alla Mahindra. Ci resterà due anni. La sua crescita è costante. Prima chiude quattordicesimo. Poi addirittura quarto, vincendo in Olanda e Malesia. Il salto in Moto2 sembra quasi inevitabile. Ma il suo futuro guarda al passato. E porta di nuovo a Tavullia. Valentino lo chiama e gli propone di salire ancora in sella. È qualcosa di molto vicino a un’occasione unica. Anche perché il Dottore gli confida la sua stima. Far parte di quel team è un qualcosa che va oltre l’idea di correre in moto. Si sta insieme. Si cena insieme. Si risolvono i problemi. Insieme.

Il salto in moto Gp

Bagnaia
Bagnaia in difficoltà a Motegi © Ansa

Nel 2018 ha 21 anni ma la sua faccia è sempre quella del bravo ragazzo. In pista però è una furia. Vince otto gare. In altre quattro sale sul podio. Il penultimo GP si corre in Malesia. E Bagnaia può già chiudere la pratica. Ha già annunciato che l’anno successivo gareggerà in MotoGP. Ma vuole arrivarci da campione del mondo di Moto2. A Sepang chiude terzo, gli basta per cambiare il suo status. La sua dimensione non è più il futuro, ma il presente. “È una cosa sensazionale, essere campione del mondo è qualcosa che non scade, che non scadrà mai: è un successo di tutti, siamo tutti campioni del mondo”, dice a fine gara. Poi mostra il casco con i volti più importanti che lo hanno aiutato a salire fino sul tetto del mondo. “Per me il motociclismo è uno sport di squadra. E quando scendo in pista non sono mai da solo, ma corro con tutti i miei famigliari, i miei amici, la mia squadra al completo”.

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