Caso Pozzi, è omicidio: c’è luce ma l’incubo che pezzi dello Stato siano coinvolti

A due anni dalla morte di Gianmarco e col cambio di magistrato c’è una spinta in più e uno squarcio di luce, ma anche zone buie: il telefonino manomesso e il pessimo lavoro dei carabinieri

Un ragazzo, appena 28 anni, con un passato da pugile dilettante con ottimi risultati, un giovane pieno di vita e di voglia di fare. Si, probabilmente aveva qualche zona d’ombra, ma era buono, aveva il desiderio, forte, di prendere in mano la propria vita, spazzare via il torbido e fare qualcosa di bello. Di costruttivo. Invece la mattina del 9 agosto del 2020, il corpo di Gianmarco Pozzi, per tutti Gimmy, è stato ritrovato senza vita e totalmente martoriato all’interno di un’intercapedine di un’abitazione sull’Isola di Ponza. Lì Gianmarco si trovava perché aveva rimediato un lavoro da buttafuori. Da quel giorno la vita della famiglia Pozzi è totalmente e radicalmente cambiata. Il papà, le sorelle e tutta la famiglia vivono, da quel maledetto 9 agosto del 2020, in funzione e con l’obiettivo di scoprire la verità e dare giustizia a Gianmarco. Una spinta pazzesca, un motore sempre acceso. E Paolo Pozzi, il padre di Gianmarco, a Notizie.com spiega il suo stato d’animo, le sue speranze ma pure i suoi dubbi più tremendi: “Come sto? Diciamo bene, la botta è stata forte ed è forte, Gianmarco è qui dentro, sempre, ma lottiamo e viviamo per scoprire cosa è successo e chi gli ha fatto questo. Per fortuna adesso c’è un magistrato nuovo, uno che vuole sapere tutto e che indaga come nessuno aveva mai fatto. Siamo fiduciosi perché lui è un carro armato ed è fermamente convinto che Gianmarco quella maledetta mattina sia stato ammazzato. Per questo ha cambiato il capo d’imputazione e ha scritto che indaga per omicidio volontario. Ma deve e dobbiamo trovare i responsabili. Anche cercare di capire cosa hanno fatto i carabinieri, soprattutto un maresciallo di Ponza, abituato da anni a fare multe o furtarelli, a occuparsi di una cosa così enorme, ma invece di chiamare il nucleo investigativo, ha fatto lui e non ci ha capito nulla. Ma io glielo dissi in faccia e anche davanti a un colonello dei Carabinieri col magistrato che rimase in silenzio, ma si capiva benissimo il suo enorme disagio”.

Il giovane pugile
Un momento della vita di Gianmarco Pozzi insieme con degli amici (foto Ansa)

Una vicenda assurda, quella di Gianmarco Pozzi, sia soprattutto per come sono iniziate le indagini dai carabinieri, col corpo ritrovato in uno stato allucinante, con evidenti segni di percosse e lividi vistosi su tutto il corpo e la prima sicurezza e decisione anomala legata a “una caduta accidentale” e al suicidio. Una prima scelta che ha mandato in tilt il magistrato dell’epoca. Una leggerezza o una scelta voluta? Non solo. Per non parlare delle dinamiche delle ore successive, dalla perquisizione della stanza alla scelta di non ascoltare tutti i testimoni, anche e soprattutto le persone che vivevano nell’abitazione dove è stato trovato Gianmarco a tutti quelli che abitavano vicino, fino a dimenticarsi di una persona che viveva nella casa con Gianmarco e il suo amico più caro, Alessio. Scelte e decisioni assurde, raccapriccianti. “Qualcuno sa? – si chiede Paolo Pozzi a Notizie.comCerto che si, su quella via ci abitano otto famiglie e lì c’è sempre qualcuno che guarda e nessuno è stato ascoltato dai carabinieri. Alle undici di mattina mia figlia ha incontrato una marea di persone. Sa quanta gente c’era quel giorno a Ponza? 18.582 persone e all’incirca sono 2300 gli abitanti, si rende conto che c’erano 16 mila persone in vacanza. E’ impossibile che non ci sia stato nessuno che abbia visto o sentito qualcosa. Alle 6,58 di mattina il telefono (poi vedremo il giallo del telefonino ndr) cessa ogni attività, riceve messaggi e chiamate e non risponde più. Noi pensiamo sia quella l’ora della morte”.

“In casi del genere lo Stato ti dovrebbe proteggere e quasi coccolare, invece uno dei tenenti dei Carabinieri ci ha provato con mia figlia, ombre di manomissione e il dubbio che pezzi dello stesso Stato siano coinvolti…”

Il ritrovamento
La vittima Gianmarco Pozzi e il luogo del ritrovamenti del corpo (Facebook)

Una di quelle cose che avvengono spesso in Italia. Un ragazzo che muore e dopo due anni ancora non si sa chi sia stato. I casi sono talmente tanti che quasi non si riescono a contare. E fa arrabbiare, infuriare. Ma la famiglia di Gianmarco non molla e non lo farà mai. E chi non demorde e parla senza peli sulla lingua è proprio Paolo Pozzi, il papà. Per un genitore sopravvivere ai propri figli è la cosa più brutta che ci possa essere. Se poi non si riesce a capire come il proprio “bambino” (perché così e sarà sempre considerato tale nella testa, negli occhi e nel cuore di ogni papà e mamma a prescindere dall’età del proprio figlio ndr).  “La mia idea – racconta Paoloè che Gianmarco si è messo in mezzo a una discussione, lui non sapeva che c’erano dei debiti che andavano avanti da un pezzo, lui era il terzo anno che andava a lavorare in quel locale, il Blue Moon di Vincenzo Pesce. Stava sempre con Alessio (Lauteri il miglior amico di Gianmarco, uno degli otto arrestati ndr) e spingevano la roba ma a nome di Pesce, io penso. Ora sono state arrestate otto persone, tra queste persone c’è Vincenzo Pesce il factotum dell’isola di Ponza, il magistrato ritiene che abbia un giro da più anni. Alessio stava con Gianmarco, ha tatuato il nome suo sul collo, era uno di quelli della casa, arrestato a Roma, per un giro di droga su Roma e su Ponza, ma non sapeva che l’avevamo messo sotto intercettazione. E così l’hanno beccato”.

E poi c’è il giallo, se così lo si vuol chiamare perché il termine appropriato sarebbe papocchio o pastrocchio, dell’autopsia. Una di quelle cose che non si possono nemmeno immaginare per come è stata impostata e portata avanti. Qui Paolo Pozzi a Notizie.com si sfoga: “Perché non la fa il magistrato? E’ obbligatoria in casi del genere. Abbiamo denunciato all’ordine dei medici la dottoressa che ha eseguito l’esame a settembre ci riceveranno e ci daranno le risposte o parte di esse. Il professor Fineschi (anatomopatologo famosissimo e perito della famiglia Pozzi ndr) ci ha sempre detto: se ho un dubbio apro per stabilire l’ora della morte e questo non è stato fatto e questo si fa per le ispezioni cadaverica e o eventuali. Non solo. La dottoressa, che non parla e non dice nulla, ma credo che dovrà dare delle risposte all’ordine dei medici, ma anche e soprattutto al magistrato che immagino la chiamerà, ha scattato la bellezza di 148 foto a mio figlio, Fineschi ci ha detto che non si fanno tutte quelle foto e se ne fa tante, poi devi motivare e fare un’autopsia approfondita, invece non è stata fatta. Cioè non so se si rende conto, 148 foto, ha speso più tempo a fare le foto che l’autopsia a mio figlio. Una cosa abnorme, per quale motivo ha fatto tutte queste foto, ma lei non parla. Anzi, denuncia tutti. Lei una volta che ha presentato la perizia ne potrebbe parlare e invece non ne parla, vediamo se il magistrato la chiama ma secondo me la chiama, eccome“. Senza parlare di una delle cose più gravi di tutta questa vicenda, ovvero il comportamento di un tenente dei carabinieri che la mattina del 9 agosto era lì, tra i funzionari dello Stato ad indagare: “Mamma mia, un tenente dei Carabinieri che dava fastidio a mia figlia, ma fastidio a livello sessuale, l’ha anche baciata. Durante le indagini convocava sempre mia figlia, cinque o sei volte, mai me o altri della famiglia, sempre lei. Un giorno le ha detto che doveva venire a Roma per fare delle pratiche, le ha chiesto di vedersi a cena per parare del caso, ma poi ci ha provato. Uno schifo. Siamo stati lucidi perché questo, in qualche modo, ci mandava delle informazioni ma poi quell’altro magistrato non decideva nulla, diciamo che lo abbiamo anche usato. Ma questo tenente mandava Whatsapp a mia figlia, gli cantava le serenate. E pensare che lo Stato in situazioni del genere ti dovrebbe proteggere, cullare e coccolare, non approfittarsi. Una cosa indegna

Il mistero del telefonino e l’affondo dell’avvocato Gallo: “C’è una supertestimone, un procedimento per frode processuale, un atto gravissimo che coinvolge pezzi dello Stato”

Padre Gianmarco Pozzi
Paolo Pozzi il papà dii Gianmarco Pozzi che non si ferma davanti a niente e nessuno in nome della verità (Facebook)

Alla conversazione tra Notizie.com e Paolo Pozzi c’è anche l’avvocato Fabrizio Gallo, anche lui non ha peli sulla lingua: “Il nuovo magistrato è la cosa migliore che poteva capitarci. Ora non ci sono più buchi neri anzi, ci stanno delle novità e delle speranze sul caso. Pare che quella mattina una donna, mentre era intenta a stendere i panni, abbia visto delle persone trasportare una carriola dalla quale sbucavano dei piedi. Sarebbe una supertestimone, vediamo. Qualcosa, ahinoi, si è persa per sciatteria o per colpa, ma alcune cose si perdono, però questo magistrato ha preso in mano tutto, e non solo ha avviato delle nuove indagini per omicidio volontario, ma ha anche arrestato delle persone, due delle quali sono collegate alla morte di Gianmarco che sono Alessio Lautieri e Vincenzo Pesce proprietario del locale dove Gianmarco faceva sicurezza, lo dice l’ordine di custodia cautelare, a seguito della nostra denuncia reato di appropriazione indebita. Ci sono stati tanti che hanno contribuito a sottrarre cose personali di Gianmarco come il portafogli, scarpe e i vestiti, sottrazione e appropriazione indebita dei vestiti, ma la cosa più importante è che il magistrato si è fatto assegnare la frode processuale un atto gravissimo, avendo ritenuto alcuni soggetti  all’interno  del processo, alcuni dei quali appartenenti alle forze dell’ordine, che hanno volontariamente  sviato le indagini”. Incapacità o dolo? “E’ un atto voluto, punto e basta”.

E qui l’affondo e le prove legali che i pezzi dello Stato coinvolti ci sono, eccome. “Due ipotesi: la prima è quella del medico legale che ha sviato le indagini non facendo l’autopsia, in casi del genere è obbligatoria. Ipotesi di incapacità voluta non abbiamo certezze, l’autopsia nei casi più disparati, in caso di morte in condizione dubbie, si fa, ti accorgi delle fratture Gianmarco che ha all’interno, anche perché le indica col contatto col corpo, lesione del bacino e allora perché non fai una total-body, non è sciatteria è ben altro”. L’altra ipotesi, ed è la più grave, riguarda il telefonino di Gianmarco. E qui l’avvocato Gallo a Notizie.com è durissimo e fa accuse ben precise: “L’altra cosa, e lo scopriremo quando le indagini saranno determinate, la questione allucinante del telefonino, noi scopriamo mesi dopo che il cellullare di Gianmarco non è stato bloccato ma disabilitato, e questo è un atto voluto e che si procrastina col tempo. Il telefonino, come altre cose, era sigillato, un tecnico dei Carabinieri ha provato a entrarci ma peccato che ha digitato i dieci numeri del blocco, fai un tentativo diverse volte e poi si blocca e si avvia la procedura di disabilitazione. E una volta che succede questo, il telefonino, che è un Iphone, lo puoi anche buttare. Un tecnico specializzato ha tentato di salvare il salvabile e recuperare i dati, il backup sul quel cellullare era impostato ogni 28 del mese, Gianmarco è morto il 9 agosto, quindi quei dati sono impossibili da recuperare ed erano fondamentali per capire tante cose. Chi l’ha fatto, l’ha fatto scientemente, sapendo di disabilitarlo. E noi abbiamo denunciato il tecnico, e non solo lui. Vediamo questo signore cosa dirà al magistrato, non può dire l’ho disabilitato io, lui o loro pensavano: abbiamo provato ci è andata male, no non funziona così. E’ un tecnico e sa come si deve procedere in casi del genere. E’ un atto voluto anche qui, la busta era sigillata, ne rispondono i carabinieri e lui. C’è un procedimento penale in corso. Cosa dice? E’ pronto a farsi tre o più anni di reclusione? Posso giustificare un simile atteggiamento se alla fine si viene a sapere che ha preso un milione di euro per agire in questo modo. Qualcuno pagherà e dovrà dire la verità del perché hanno disabilitato il telefonino. La Apple per ora non ha un software in gradi di riportarlo a quella situazione del 9 agosto, ma un programma all’interno di Celebrate (il software) è in evoluzione ma non si sa quando sarà disponibile. C’era qualcosa che dava fastidio su quel telefonino“. Chiude Paolo Pozzi, il suo è un vero e proprio appello e noi di Notizie.com, che seguiremo da vicino tutto,  lo appoggiamo in pieno : “Sono vecchio e non possiamo aspettare, ho il cuore a pezzi, non basta mai nessun tempo, ci tiene in vita per raggiungere verità e giustizia, mi auguro che il magistrato, che è molto determinato, riesca nel suo intento. Quello che mi preoccupa, e ho pregato Dio che non ci fosse lo Stato di mezzo, se ci stanno in mezzo pezzi dello stato le cose si rallentano in modo disumano. Vediamo e speriamo. Noi saremo sempre lì, a lottare per Gianmarco”. Anche noi.

 

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