Rinnovato appello del Papa per l’Ucraina: “Dio mostri la strada per la fine”

Davanti al male della guerra si tragga insegnamento dalla lezione del Buon Samaritano, ha spiegato Papa Francesco durante l’Angelus rinnovando il suo appello per la pace in Ucraina, ma anche in Sri Lanka e in Libia, invocando “dialogo costruttivo e riconciliazione naturale”.

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(Ansa)

“Rinnovo la mia vicinanza popolo dell’Ucraina, quotidianamente tormentato dai brutali attacchi di cui fa le spese la gente comune“, ha poi affermato Francesco. “Prego per le famiglie, le vittime degli attentati e i malati, per gli anziani e i bambini”, affinché Dio “mostri la strada per porre fine a questa folle guerra”, è il rinnovato appello di Bergoglio. Il Vangelo di oggi narra la celebre parabola del buon Samaritano, una parola estremamente centrata per quanto sta accadendo oggi.

Papa Francesco ha infatti ricordato anche il popolo dello Sri Lanka, dove ieri oltre 40 persone sono rimaste ferite nelle proteste contro la grave crisi economica che sta destabilizzando il Paese, unendosi al dolore della popolazione. Un popolo “che continua a subire gli effetti dell’instabilità politica ed economica”, ha spiegato il Papa. “Insieme ai vescovi del Paese rinnovo il mio appello alla pace e imploro coloro che hanno autorità di non ignorare il grido dei poveri e le necessità della gente”. Poi al popolo della Libia e ai giovani e coloro che soffrono per l’instabilità politica. Servono “dialogo costruttivo e riconciliazione naturale”, ha commentato il Papa.

Le parole di Bergoglio prima dell’Angelus

Prima dell’Angelus, il Pontefice ha ripercorso il noto passo evangelico del Samaritano indicandolo come un modello per le gravi crisi di oggi. “Sullo sfondo c’è la strada che da Gerusalemme scende a Gerico, lungo la quale giace un uomo picchiato a sangue e derubato dai briganti”, ripercorre il Papa il brano del Vangelo. “Un sacerdote di passaggio lo vede ma non si ferma, passa oltre; lo stesso fa un levita, cioè un addetto al culto nel tempio. Invece un Samaritano, – dice il Vangelo – che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Non dimenticate questa parola: è quello che sente Dio ogni volta che vede noi in un problema, un peccato o una miseria“.

Così Francesco ha ricordato come la parabola del buon Samaritano riguardi tutti noi, oggi, ancora. “Quel Samaritano, pur avendo i suoi programmi ed essendo diretto a una meta lontana, non trova scuse e si lascia interpellare, si lascia interpellare, da ciò che accade lungo la strada. Pensiamoci: il Signore non ci insegna a fare proprio così? A guardare lontano, alla meta finale, mettendo tuttavia molta attenzione ai passi da compiere, qui e adesso, per arrivarvi. È significativo che i primi cristiani furono chiamati discepoli della Via, cioè del cammino“, ha spiegato.

Ogni fedele fa infatti ogni giorno esperienza di quella parabola, ha spiegato il Papa. “Il credente infatti somiglia molto al Samaritano: come lui è in viaggio, è un viandante. Sa di non essere una persona arrivata, ma vuole imparare ogni giorno, mettendosi al seguito del Signore Gesù, che disse: Io sono la via, la verità e la vita. Io sono la Via”. In sostanza, “il discepolo di Cristo cammina seguendo Lui, e così diventa discepolo della Via. Va dietro al Signore, che non è un sedentario, ma sempre in cammino: per la strada incontra le persone, guarisce i malati, visita villaggi e città”.

“Così ha fatto il Signore”, ha spiegato Bergoglio: “Era sempre in cammino. Il discepolo della Via vede perciò che il suo modo di pensare e di agire cambia gradualmente, diventando sempre più conforme a quello del Maestro. Camminando sulle orme di Cristo, diventa un viandante, e impara – come il Samaritano – a vedere e ad avere compassione”. Importante è però capire perché si apprenda questo. “Anzitutto vede: apre gli occhi sulla realtà, non è egoisticamente chiuso nel giro dei propri pensieri. Invece il sacerdote e il levita vedono il malcapitato, ma è come se non lo vedessero, passano oltre. Guardano da un’altra parte”, ha spiegato il Papa.

Il messaggio della Parabola evangelica

“Il Vangelo ci educa a vedere: guida ognuno di noi a comprendere rettamente la realtà, superando giorno dopo giorno preconcetti e dogmatismi. Tanti credenti si rifugiano nei dogmatismi per difendersi dalla realtà. E poi seguire Gesù ci insegna ad avere compassione: ad accorgerci degli altri, soprattutto di chi soffre, di chi ha più bisogno. E di intervenire come il Samaritano. Non andare oltre, ma fermarsi“. Il messaggio evangelico è quindi

“Davanti a questa parabola evangelica può capitare di colpevolizzare o colpevolizzarsi, di puntare il dito verso altri paragonandoli al sacerdote e al levita, oppure di colpevolizzare sé stessi enumerando le proprie mancanze di attenzione verso il prossimo. Ma vorrei suggervi un altro tipo di esercizio. Non tanto quello di sentirci colpevoli. Certo, dobbiamo riconoscere quando siamo stati indifferenti e ci siamo giustificati, ma non fermiamoci lì. Ma chiediamo al Signore di farci uscire dalla nostra indifferenza egoistica e di metterci sulla Via“.

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(Ansa)

L’augurio e l’invito del Papa ai cristiani e all’umanità intera è quella di fermarsi e di avere compassione del prossimo. “Chiediamogli di vedere e avere compassione. Questa è una grazia, è questa la preghiera che io oggi suggerisco a voi: Signore, fà che io veda, che abbia compassione di coloro che incontriamo lungo il cammino, soprattutto di chi soffre ed è nel bisogno, per avvicinarci e fare quello che possiamo per dare una mano”, ha detto in conclusione il Papa. Una domanda da fare, per Bergoglio, è: “Quando facciamo elemosina, tocco la mano o guardo negli occhi quella persona? Se faccio elemosina senza guardare la persona bisognosa, quella elemosina è per te non per la persona che aiuto. Tocco le miserie, guardo negli occhi le persone che soffrono?”. Per questo, è necessario “vedere e avere compassione”.

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