Stefano Andreotti: “Il film di Bellocchio dice falsità, mio papà fece di tutto per Moro”

Parla a Notizie.com il figlio dell’ex presidente e si scaglia con il regista: “Non andò a vedere il film di uno che non sa come sono andate davvero le cose”

E’ arrabbiato, deluso e amareggiato, ma esterna il suo pensiero con calma, saggezza ed eleganza. Lui è Stefano Andreotti, il figlio di Giulio, il presidentissimo, una delle persone che ha fatto la storia del nostro paese, ma che spesso, ingiustamente, viene ricordato come se fosse una specie di ombra nera del Belpaese. “Purtroppo lo so, l’Italia è un paese che ha la memoria corta nella quale continua la demonizzazione della Dc da parte di una sinistra sconfitta dalla storia insieme con l’Unione sovietica dalla quale di fatto dipendeva e alla quale era legata a doppio filo. E sulla contrapposizione tra Moro e il suo partito si dimentica che fu lui a dire in Parlamento a dire: “Non ci faremo processare nelle piazze”. E sempre lui volle mio padre a Palazzo Chigi per guidare il governo con i comunisti nella maggioranza…e mi tocca sentire e leggere cose che non hanno senso“.

L'intervento
Stefano Andreotti il figlio dell’ex presidente Giulio Andreotti (foto Ansa)

E’ adirato Stefano Andreotti, non si dà pace per quello che ha sentito e letto sull’ultimo film di Bellocchio che riprende la storia di Moro da un’altra prospettiva, ovvero dalla possibilità di essere uscito sano e salvo dal covo delle Brigate Rosse. Proprio non riesce a farsene una ragione del perché il regista abbia fatto un film mettendo situazioni che non sono mai esistite: “Ho visto che il regista Marco Bellocchio si è pentito dopo cinquant’ anni di essere stato tra i firmatari del documento famigerato contro il commissario Luigi Calabresi: proprio adesso che ci vuole fare un film. Poi parlano di cinismo di Andreotti… Spero che tra una ventina d’anni, studiando magari un po’ di carte, si penta anche dell’immagine falsata che mi dicono dia di mio padre Giulio nella sua ultima pellicola sul sequestro di Aldo Moro. Che non andrò a vedere”

“Quel film col bacio di Riina, papà disse che fu una mascalzonata. Tutte cose false e mai avvenute. Se ci fosse adesso? Farebbe di tutto per mediare tra Zelenski e Putin…”

Una delle cose che non gli sono mai andate giù è anche il film Il Divo, dove si vede una scena con Andreotti senior che bacia Totò Riina, una delle immagini che ha fatto scalpore e che sulla quale non ci sono mai state prove di nessun genere. “Allora non dicemmo nulla come famiglia perché era vivo mio padre – ha detto Stefano Andreotti -. E mio padre non aveva certo bisogno di difensori. Ricordo che quando vide con Gian Luigi Rondi il film Il Divo in una saletta privata, disse: “È una vera mascalzonata“. Questa fu l’unica cosa che disse. Ma non ha mai reagito, mai querelato, e noi per rispetto nei suoi confronti lo abbiamo assecondato, pur non essendo sempre d’accordo”. Su quello attuale, anche se non è ancora uscito e non ha alcuna intenzione di vederlo, Stefano Andreotti a Notizie.com spiega: “Ribadisco che non ho visto il film ma solo letto gli articoli in cui si fa riferimento a mio padre. Mi è bastato vedere altre opere di Bellocchio come quella sul mafioso pentito Tommaso Buscetta, che ha fatto apparire quasi come un eroe. Quanto al cinismo: la cosa intollerabile è che dipingano mio padre come se fosse responsabile dell’assassinio di Aldo Moro, insensibile ai tentativi di salvarlo. Di più, quasi d’ostacolo alle trattative. Questa è una profonda falsità politica e ingiustizia storica di cui papà ha sofferto tantissimo perché ha cercato in tutti i modi di salvare Moro, anche se quelle lettere scritte dallo stesso Moro contro papà bisogna tenere conto di tante cose, soprattutto del momento

La verità sulla trattativa per Moro

La Storia
Il senatore Giulio Andreotti mentre era presidente del Consiglio (foto Ansa)

Sulla famosa trattativa, il figlio del presidente ribadisce il suo concetto e lo approfondisce: “Ma per la trattativa non era quasi nessuno. Enrico Berlinguer e il Pci erano contrari, Giovanni Spadolini e il Pri, il futuro capo dello Stato Sandro Pertini e gran parte della Dc. La trattativa significava rilasciare dei terroristi in prigione. Era possibile dopo l’uccisione di cinque uomini della scorta di Moro? Quegli anni sono stati brutti, e quelli dopo, con i processi di Palermo e Perugia, furono addirittura più infamanti: babbo li visse come un Purgatorio in terra, ci diceva. Ma non poteva accettare di essere descritto come un ostacolo alla liberazione di Moro. È una mistificazione, come quella di raffigurare Moro come un politico che non apparteneva alla Dc”. Sul pensiero politico e come genitore, Stefano Andreotti non ha dubbi: “Sono molto orgoglioso di lui. E voglio ricordare quanto fosse diverso da come lo raffigura la vulgata: colluso con la mafia, o così cinico da fare ammazzare Moro. Ricordo le serate con monsignor Pasquale Macchi, braccio destro di Paolo VI, a casa nostra in Corso vittorio Emanuele, a Roma, alla disperata ricerca di un canale per salvare Moro. Pensi che quando quel terribile 9 maggio del 1978 Francesco Cossiga chiamò mio padre per dirgli che era stato ritrovato, per qualche attimo sperò che lo avessero liberato e non ucciso. Era un uomo con la coscienza pulita, e lo dimostra la serenità con la quale ha affrontato la morte. Aveva una fede profonda in Dio, che io non ho così profonda. Quante falsità si sono dette e si continuano a dire sul conto di mio padre, ma la storia prima o poi cambierà e qualcuno si renderà conto di che personaggio incredibile abbiamo avuto. Oggi ad esempio non ci sono politici come lui o come Craxi. Papà avrebbe fatto di tutto per arrivare alla pace in Ucraina. Mi creda, di tutto. E ci sarebbe riuscito, lui conosceva il mondo”

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