Il Covid una malattia professionale: ecco cosa cambia per chi si ammala

L’ammalarsi della patologia che sta flagellando il mondo negli ultimi due anni sta per essere riconosciuto come malattia professionale 

Riconoscere il Covid-19 come malattia professionale nei settori più a rischio e dunque assegnare un’indennità a chi lo contrae nel luogo di lavoro, questa è la richiesta che arriva ufficialmente dalla Commissione europea su indicazione dei governi europei, dei lavoratori e dei datori di lavoro che partecipano al Comitato consultivo Ue per la sicurezza e la salute sul lavoro.

Pandemia da Covid -19 – Ansa foto

Arriva un segnale importante nel regolamentare una volta per tutte quei lavoratori che dall’inizio della pandemia hanno messo a rischio la loro di vita per cercare di salvarne altre, come nel settore dell’assistenza sanitaria e domiciliare, dei servizi sociali, e tutti quelli a rischio comprovato d’infezione. E’ stato precisato che il riconoscimento del Covid come malattia professionale, in un contesto pandemico, va esteso anche ai settori non sanitari in cui sono maggiori le attività con un rischio accertato di infezione.

Le parole del commissario europeo

“La Commissione aggiornerà la sua raccomandazione sulle malattie professionali al fine di promuovere il riconoscimento del Covid-19 come malattia professionale da parte di tutti gli Stati membri”, ha dichiarato il commissario europeo al Lavoro, Nicolas Schmit. Nel momento in cui il coronavirus sarà riconosciuto come malattia professionale in uno Stato membro, i lavoratori dei settori interessati che hanno contratto la malattia sul posto di lavoro, potranno acquisire diritti specifici ai sensi delle norme nazionali: tra gli altri, il diritto all’indennizzo.

La raccomandazione del Comitato scientifico

Una svolta importante per intere categorie di lavoratori, come sottolineato anche in una nota ufficiale de Ccss: “Mentre è chiaro che il Covid-19 ha sollevato problemi di salute in generale, è anche chiaro che questa malattia può essere contratta sul posto di lavoro”, si legge nel testo della raccomandazione pubblicato dal Comitato tecnico scientifico, specificando che “questo è in generale il caso in cui i lavoratori assistono le persone che hanno contratto la malattia, come nel settore sanitario e sociale”, si precisa ancora.

 

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