E’ meglio il Covid o la guerra?

Dopo la pandemia da Coronavirus, la guerra in Ucraina appare come una nuova minaccia insostenibile

Dopo il Covid, la guerra. La Sars- Cov – 2 è costata la vita a 6.058.277 persone nel mondo, 157.314 solo in Italia. Difficile avere una stima dei morti della guerra in Ucraina fino a questo momento. Sappiamo però che, secondo le stime dell’intelligence americana arrivate poche ore fa, i soldati morti sarebbero più di settemila, i feriti tra i 14 e i 21mila. Il tutto in soli 20 giorni di invasione.

Giungono anche i bilanci dell’Onu, secondo cui i civili uccisi in Ucraina da inizio del conflitto sono almeno 726. I feriti sono 1.174. Tra le vittime si contano almeno 104 donne e 52 bambini. I numeri crescono terribilmente se si valuta il fenomeno profughi, che superano milioni. Secondo Save The Children, sono tra gli 800mila e il milione i bambini riusciti a fuggire dall’Ucraina nelle ultime settimane a causa del conflitto che ha messo in ginocchio il Paese. Ci sono poi gli orfani, quelli che hanno perso padre e madre. Un vero e proprio dramma che colpisce chi non ha il potere di difendersi.

Un’emergenza sociale, umanitaria, economica che arriva proprio mentre un’altra termina. Se l’Italia, infatti, si avvia alla fine dello Stato di emergenza – in scadenza il 31 marzo – e a dire addio all’uso di Green pass e mascherine, nel resto del mondo non c’è una data per capire se e quando il conflitto finirà. I tentativi di mediazione sembrano di volta in volta fallire, come in una spirale senza uscita. E, intanto, aumentano morti, malati, profughi.

Nel corso degli ultimi due anni, la nostra vita è radicalmente cambiata. Sono cambiate abitudini, routine, stili di vita. Ben presto abbiamo dovuto fare i conti con una realtà amara ed adattarci a lockdown prolungati, a cui sono seguiti vari tentativi di mediazione tra divieti, restrizioni e piccole concessioni. Abbiamo sperimentato stanchezza, ansia, paura, terrore, instabilità. C’è chi ha perso la vita, chi ha visto morire i propri cari, chi ha perso il lavoro. Sacrifici di una vita in frantumi, o ricordi di una vita chiusi in una bara senza saluto. Ai vivi è stata vietato la dignità dell’addio, ai morti il saluto dei cari.  Ora, a distanza di due anni, ci portiamo dietro la pesantezza di quanto abbiamo vissuto. Peccato che la serenità sembra non appartenere a questo mondo e che, mentre il rischio del nucleare sembra terrorizzarci, il Covid sembrava il male minore.

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