Armi nucleari: lo scandalo del business che coinvolge banche e imprese

Di fronte al rischio drammatico di un conflitto nucleare che provocherebbe danni irrimediabili all’intera popolazione mondiale, ci si chiede con sempre più insistenza chi produce le armi nucleari e con il sostegno di quali istituzioni. Ecco chi sono e quanti soldi circolano in questo settore. 

armi nucleari
(Ansa)

Purtroppo, infatti, ci sono interi settori industriali e banche che decidono di fare profitti scommettendo sulla catastrofe del genere umano.

Secondo il report “Perilous Profiteering. The companies building nuclear arsenals and their financial backers”, realizzato a fine 2021 dalla Ong PAX e dalla campagna internazionale ICAN, gli investimenti che diverse istituzioni finanziarie hanno realizzato dal gennaio 2019 a luglio 2021 a beneficio di 25 società produttrici di armi atomiche ammontano a 685 miliardi di dollari. Tra queste, spuntano anche nomi di attori bancari italiani.

Il florido business delle armi nucleari

Armi nucleari controllate dai governi ma la cui produzione viene solitamente appaltata ad aziende private. In sostanza, la corsa agli armamenti nucleari viene mantenuta in piedi da coloro che hanno interessi economici personali. Compagnie che vogliono stipulare contratti per costruire armi di distruzione di massa e finanziatori che puntano a fare profitti massicci senza preoccuparsi in alcun modo delle conseguenze di un loro eventuale utilizzo.

Nello specifico, le istituzioni finanziarie coinvolte negli affari provengono per la maggior parte dalle nove potenze nucleari. Vale a dire Stati Uniti, Russia, Francia, Gran Bretagna, Cina, India, Pakistan, Corea del Nord, Israele. Numericamente, sono 338 in totale.

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Se si guarda in casa propria, emerge che l’1,18 per cento degli investimenti mondiali nel settore delle armi nucleari proviene da istituti di credito italiani. Che non è affatto poco. Per fare un confronto, dalla Russia proviene lo 0,45 per cento. Tra questi vi sono UniCredit, Intesa Sanpaolo, Banco BPM, Cassa depositi e prestiti, BPER Banca, Banca Popolare di Sondrio, Mediobanca Banca di Credito Finanziario, Banca d’Italia, Anima e Credito Valtellinese.

Ad esempio UniCredit nell’arco di due anni e mezzo ha investito ben 5,7 miliardi di dollari nel business delle armi nucleari. Finanziamenti che a volte restano in Italia e altre volte finiscono ad aziende straniere leader del settore, come le statunitensi Northrop Grumman, Lockheed Martin e Raytheon Technologies Corporation o le francesi Thales e Airbus Group.

Sono infatti gli Stati Uniti a detenere di gran lunga il primato degli investimenti. Si parla di quasi il settanta per cento del totale, precisamente il 67,9, mentre al secondo posto la Francia è ferma al 6,48 per cento, seguita da Giappone e Regno Unito.

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Nemmeno l’attuale situazione in Ucraina è sembrata in un primo momento fermare l’ottimismo dei produttori di armi nucleari, che a fine 2021 si dicevano ottimisti. Nonostante una tendenza “al ribasso” degli ultimi anni, con 127 istituzioni finanziarie che hanno disinvestito l’anno scorso, portando il numero totale da 390 a 338. 

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Un segnale che mostra come il business sembri diventare meno “attraente” per gli investitori, calo dovuto principalmente alla firma del Trattato per l’abolizione delle armi nucleari, entrato in vigore a gennaio 2021, che ne proibisce esplicitamente la fabbricazione, la produzione e lo sviluppo. Finora, però, sono solamente 56 gli Stati che hanno ratificato il Trattato. Tra questi, non figurano né gli Stati Uniti né la Russia, né gran parte d’Europa, compresa l’Italia, dove gli unici a ratificarla sono stati la Repubblica di San Marino e la Santa Sede.

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