Il direttore del Museo Storico di Fiume: “Ogni esule ha una storia da raccontare. Per anni ha fatto comodo tenere tutto nascosto”
Il terrore di migliaia di italiani uccisi dall’esercito di Tito e gettati nelle Foibe; quello di altre migliaia di persone costrette a lasciare la propria terra e diventare esuli, sotto il controllo delle truppe jugoslave. Ricordi, testimonianze racconti che negli anni Marino Micich, direttore dell’Archivio del Museo Storico di Fiume, ha raccolto e custodito, per permettere a tutti di non dimenticare gli orrori subiti dai nostri connazionali.
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Anche Micich ha vissuto sulla sua pelle la strage. I suoi genitori sono stati costretti a peripezie incredibili. “I miei genitori sono profughi da Zara, in Dalmazia. Come tanti membri della famiglia, sono stati costretti a lasciare la loro terra. Papà aveva 14 anni quando divenne un esule. Aveva perso la madre ed è stato obbligato a trasferirsi. Stando sotto la Jugoslavia di Tito ha cercato, con mia madre, in ogni modo di tornare in Italia. Sono arrivati al campo profughi di Udine, poi in quello di Aversa, vicino Napoli ed infine negli anni sessanta sono stati smistati a Roma. Vivere sotto il regime comunista jugoslavo era durissimo“.
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Una lunghissima battaglia, per cercare di rientrare in Italia. Paese dal quale erano stati costretti ad andare via. “Mio padre dopo tanti anni ci è riuscito, mio zio venne preso dalla forze dell’ordine di Tito nel mar Adriatico ed internato per 14 mesi. Di storie così, di famiglie che hanno avuto esiti diversi tra fratelli, figli, ce ne sono tantissime”. Marino per anni ha lottato per far uscire dall’anonimato e dal silenzio, le storie di tanti italiani. “Ogni profugo porta con se una storia, una dinamica particolare, difficile. Problemi di ogni tipo: anche di accoglienza. Molti al loro rientro in Italia sono stati visti con diffidenza, come dei fascisti in fuga. Storie che ciascun esule può raccontare. Mia madre subì un forte esaurimento nervoso, dal quale si riprese a fatica, altri non ce l’hanno fatta. Nel nostro museo abbiamo cercato di raccontare e ricordare le vicende umane di tanti: ho conosciuto autonomisti di Fiume che erano antifascisti ma che vennero rinchiusi anni nei campi di concentramento di Tito, dove hanno vissuto la durezza della polizia jugoslava. I racconti di ebrei deportati ad Auschwitz e che poi non sono riusciti a tornare a casa, continuando a vivere un incubo, la storia del generale Fabio Colussi che ha visto scomparire il padre e la madre nel corso di una notte. Tutte vite di fuggitivi che hanno vissuto esperienze durissime”.
“Ha fatto comodo per anni tenere nascosto”
Anche Micich, per anni si è chiesto perchè, intorno alle Foibe e all’allontanamento coatto di migliaia di italiani, sia calato un silenzio assordante. “Perchè non si è fatta luce su queste vicende? Perchè la Jugoslavia è stato uno dei Paesi vincitori della Guerra e nelle sue pretese territoriali ha avuto l’appoggio del Partito Comunista italiano. E negli anni successivi si è preferito tacere sui libri di storia, evitando di portare in luce tutto ciò che era successo. Faceva comodo attribuire la cause alla sconfitta dell’Italia fascista. Non era tollerato scrivere che la comunità italiana si trovava sotto la dittatura comunista. Con tutte le atrocità che ne sono seguite. Tito poi era un alleato dell’Occidente, essendo uno stato cuscinetto tra occidente ed oriente europeo sotto il governo di Mosca. In Italia si è preferito tacere, ma una volta caduto il muro di Berlino non ha avuto più senso nascondere la verità”
Tutto è cambiato però nel 2004, con l’istituzione della Legge n. 92, che vuole “conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”. “Con la Legge del 2004 – continua Marino Michic – si è fatto un grande risarcimento morale e storico. Le memorie singole diventano storia. Una tutela della verità storica, riportata finalmente anche sui libri di storia. Sfido chiunque, prima del 2004 a trovare una sola parole sulle Foibe sui libri di storia. Quella legge fu approvata quasi all’unanimità. Solo 14 deputati di Rifondazione Comunista e Comunisti italiani votarono contro per motivi ideologici. Evidentemente erano convinti che la storia degli esuli italiani non meritasse lo spazio che invece si sta conquistando”.