No time to die, Daniel Craig si esprime sul controverso finale

Daniel Craig si pronuncia sul chiacchierato finale di No time to die, esprimendo l’importanza di trovare una degna conclusione per il suo personaggio.

La sua era la dichiarazione più attesa sul finale di No time to Die e, finalmente, durante un’intervista per Variety, Daniel Craig ha espresso la sue emozioni e priorità sulla discussa conclusione del glorioso percorso come James Bond:                                “Se rimani seduto fino al termine dei titoli di coda, vedrai la famosa scritta ‘James Bond tornerà’, quindi, da spettatore, sai che andrà tutto bene, che la saga è viva e vegeta e proseguirà. Ma penso che fosse importante creare una situazione di tragedia. L’idea è che Bond si trova per la prima volta di fronte ad un problema insormontabile, e che nessuno stavolta può farci niente. Questo problema insormontabile è l’arma di Safin, e il paradosso è che quell’arma non uccide Bond, ma l’unica cosa che Bond vuole: stare con le persone che ama. Le ama a tal punto che, senza di loro, non ha niente per cui valga la pena continuare a vivere. E di fatto, rimanendo in vita metterebbe addirittura a rischio l’incolumità della sua famiglia. Trovare un elemento del genere per me era incredibilmente importante, perché non volevo che la morte di Bond avvenisse per caso o per un capriccio del destino. Doveva avere un peso, altrimenti non avrebbe funzionato. Se non avessimo trovato un’idea così buona, probabilmente avremmo scelto un’altra strada

Le parole dell’attore britannico descrivono un percorso creativo molto chiaro, portato avanti con dedizione e consapevolezza delle forze in gioco. In No time to die infatti, a prescindere dai gusti e dall’opinabilità di una scelta così estrema, entrano in campo emozioni straordinariamente orchestrate dalla macchina filmica messa in piedi dalla produzione, portando a termine un ciclo narrativo di oltre quindici anni. Rendere fallibile Bond è sempre stata una prerogativa dell’era Craig, ma arrivare a mostrare fino in fondo la sua umanità e di conseguenza la possibilità di morire, appare semplicemente come la naturale evoluzione della raffinata dinamica drammaturgica iniziata nel 2006 con Casinò Royal.

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Il contesto in cui il tutto avviene, come affermato da Craig, non può che elevare le sequenze finali ad un vero e proprio tripudio di emozioni, ricordi e lacrime per chiunque abbia seguito con dedizione e amore la parabola narrativa di questo magnifico 007. 

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