Troppo caldo, o troppo freddo. Non esistono più le mezze stagioni, il cambiamento climatico si sta abbattendo in tutto il mondo ed è spesso caratterizzato da eventi meteo estremi.
L’ultima emergenza negli Stati Uniti, dove un’ondata di tempeste si è abbattuta su New York. La pioggia è entrata anche nelle metropolitane e il Servizio meteorologico nazionale ha lanciato l’allarme su possibili casi di inondazioni improvvise, soprattutto nelle aree urbane. Da ricordare il caso del Texas, dove risultano disperse 170 persone e almeno altre 120 sono morte.
L’allerta interessa tutti e cinque i distretti di New York. Il governatore del New Jersey ha dichiarato lo stato di emergenza a causa di piogge fortissime che si sono abbattute in alcune zone. Tempeste, piogge torrenziali, forti venti, potrebbero verificarsi principalmente nelle città del medio Atlantico. Gli aeroporti di di New York e Philadelphia hanno sospeso gli arrivi, nel primo caso fino alle 21 ora locale.
Quello degli Usa è solo l’ultima conseguenza dello stravolgimento climatico nel mondo. Sempre negli Usa, a giugno 2025 tredici persone sono morte in seguito al forte maltempo nelle zone di Downtown San Antonio, Leon Valley e Balcones Heights. Dall’altro lato del mondo, lo Yemen sta affrontando temperature elevate e siccità con molti pastori, in un Paese già povero d’acqua, costretti a spostarsi continuamente alla ricerca di pascoli migliori per il proprio bestiame.
In Iran, Afghanistan e Pakistan alluvioni improvvise e siccità prolungate
Negli ultimi anni, l’Iran e i Paesi limitrofi come Afghanistan e Pakistan hanno assistito a un aumento di eventi meteorologici estremi, come alluvioni improvvise e siccità prolungate, che gli esperti attribuiscono al cambiamento climatico.
Nella provincia del Khuzestan, ricca di petrolio e con una fiorente attività industriale, nell’Iran sud-occidentale, si prevede che le temperature raggiungeranno i 50 gradi. In Pakistan sono già morte più di 110 persone, di cui quasi la metà erano bambini. Tra il 26 giugno e il 14 luglio, 111 persone, tra cui 53 bambini, sono decedute in tutto il Paese a causa di folgorazioni e inondazioni improvvise, secondo l’Autorità per la gestione delle catastrofi.
Per quanto riguarda l’Italia, nei primi giorni di luglio, piogge nell’Alta Val di Suda hanno causato l’esondazione del Fréjus, allagando il centro storico di Bardonecchia. Una persona è morta dopo essere stata trascinata dalla piena, le strutture turistiche sono state evacuate e circa 200 cittadini sono stati sfollati dalle loro abitazioni.
Contemporaneamente, le temperature hanno registrato fino a 46 gradi centigradi nel sud Italia, causando morti in Puglia e Basilicata. Andando a ritroso e restando in Europa, a settembre del 2024 la tempesta tropicale Boris ha colpito Austria, Germania, Polonia, Romania, Ungheria e Repubblica Ceca, causando in totale più di 20 decessi, frane e ingenti danni altre infrastrutture.
Cambiamento climatico, Gussoni: “Bisognava agire trent’anni fa”
Una delle tempeste più potenti registrati è stata quella legata alla Dana, il cosiddetto fenomeno della goccia fredda che si è abbattuta in Spagna tra ottobre e novembre del 2024. Piogge torrenziali concentrate in poche ore hanno colpito in particolare le regioni del sud e dell’est, causando alluvioni, esondazioni, frane, danni alle infrastrutture. E soprattutto, più di 200 morti confermati.
Dove colpiranno i prossimi fenomeni legati al meteo estremo? Non è sempre possibile prevederlo. Ma è possibile porre rimedio al climate change? Nei giorni scorsi, quando l’ondata di caldo torrido di Pluto stava asfissiando il sud Italia e allagando il nord, abbiamo provato ad approfondire la questione con l’esperto meteorologo Mattia Gussoni.
“Bisognava agire trent’anni fa, probabilmente abbiamo superato il punto di non ritorno, il processo sembra inarrestabile. – ci aveva spiegato Gussoni – Stiamo sperimentando un aumento senza precedenti delle temperature rispetto al passato. Nemmeno la notte scendono sotto i 20 gradi. Il bacino mediterraneo sta affrontando un vero e proprio processo di tropicalizzazione”.