I fisici e gli ingegneri iraniani uccisi, il prezzo del petrolio che cola a picco, la riapertura degli spazi aerei. C’è anche questo nel bilancio dei dodici giorni di guerra tra Iran e Israele.
Non tutto è andato per il verso giusto nel complicato percorso verso la fragile tregua, con gli Stati Uniti impegnati a fare da garante. La giornata è stata caratterizzata da un carico di tensione enorme per il mondo intero e per il Medio Oriente in particolare.
Teheran ha accusato Israele di aver lanciato missili anche dopo l’inizio del cessate il fuoco, fissato alle 7 e 30 di questa mattina, ora di Tel Aviv. Israele ha risposto sostenendo che fosse stato l’Iran a violare i patti e a lanciare 3 missili. Così, pochissimo tempo dopo l’annuncio del presidente Usa Donald Trump, i due nemici Paesi si stavano preparando già alla rappresaglia. Il tycoon è quindi dovuto intervenire di nuovo.
“Il cessate il fuoco è in vigore, non violatelo per favore“, aveva scritto sul suo social Truth. Poi, poco prima di salire sulla’Air force one per partecipare al vertice Nato previsto a L’Aia, in Olanda, ha chiamato il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Trump gli avrebbe parlato in “modo eccezionalmente fermo e diretto”. Alla fine, è stato deciso di ridurre significativamente l’attacco previsto. Il cessate il fuoco è quindi cominciato a tutti gli effetti.
Il presidente iraniano Pezeshkian: “Spero non saremo più costretti a combattere”
“Sia Israele sia l’Iran volevano fermare la guerra. – ha poi scritto Trump sui social – È stato per me un grande onore distruggere tutti gli impianti e le capacità nucleari e poi fermare la guerra”. Da Teheran, intanto, si è levata la voce del presidente iraniano Masoud Pezeshkian, che ha dialogato con i leader dei Paesi vicini. “La Repubblica Islamica dell’Iran – ha detto Pezeshkian – è stata costretta a entrare in conflitto militare per difendersi e spero che non saremo mai più costretti a combattere. Israele e Usa non possono imporre con la forza aspirazioni ingiuste”.
Sulla carta, insomma, è tutto pronto per proseguire con le negoziazioni sul programma nucleare dell’Iran. Un programma che ha rappresentato la miccia che ha fatto partire gli attacchi di Tel Aviv prima e degli Usa poi. Nei dodici giorni di conflitto, oltre ad essere state distrutte gran parte delle strutture, anche sotterranee, dell’Iran, sono stati uccisi anche numerosi scienziati. Anche i timori per la chiusura dello stretto di Hormuz, controllato in parte da Teheran, si sono attenuati. Il tratto di mare nel quale passa un quinto del petrolio mondiale è tornato relativamente lontano dai riflettori.
Di conseguenza, il prezzo dell’oro nero è significativamente calato. Il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha esortato Iran e Israele a rispettare pienamente il cessate il fuoco: “I popoli hanno già sofferto troppo. L’augurio è che questo cessate il fuoco possa essere replicato anche in altre aree della regione”. Il riferimento è ovviamente a quanto sta accadendo nella Striscia di Gaza, tenuta in una morsa da Tel Aviv che è tuttora in guerra contro il gruppo palestinese di Hamas.
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Intanto, il deputato repubblicano Earl “Buddy” Carter ha scritto una lettera al Comitato per il Nobel norvegese, per candidare il presidente Trump al Premio Nobel per la pace. “Scrivo per nominare formalmente il presidente Donald Trump per il Premio Nobel per la pace, come forma di riconoscimento per il ruolo straordinario e storico da lui giocato per mettere fine al conflitto tra Israele e Iran, impedendo al principale sponsor globale del terrorismo di acquisire l’arma più letale al mondo“, si legge nella lettera.