La famiglia del bosco e lo Stato, come un provvedimento del Tribunale dei minori è diventato il detonatore di una guerra ideologica

Il caso della Famiglia del bosco di Palmoli riaccende lo scontro tra diritti parentali, intervento dello Stato e pressione mediatica.

Grave emarginazione sociale, disagio abitativo, poche interazioni sociali e niente scuola. È quanto hanno scritto, in estrema sintesi, i responsabili dell’Ecad in una relazione inviata alla Procura per il caso della famiglia del bosco di Palmoli.

La famiglia nel bosco di Palmoli
La famiglia del bosco e lo Stato, come un provvedimento del Tribunale dei minori è diventato il detonatore di una guerra ideologica (ANSA FOTO) – Notizie.com

Il caso, ormai, è noto ai più. Nathan e Catherine, papà e mamma di una famiglia anglo-australiana, avevano deciso di crescere i loro tre figli nel bosco. Un’esistenza a contatto con la natura, ma senza acqua corrente, servizi igienici né istruzione scolastica regolare. Pochi giorni fa il Tribunale per i minorenni dell’Aquila ha deciso di separare i piccoli insieme alla madre e trasferirli in una casa famiglia a Vasto.

Ne è scaturita una bufera mediatica e politica contro la decisione dei giudici, e la stessa presidente del Tribunale Cecilia Angrisano è stata bersaglio di pesanti minacce via social. Sul caso è intervenuto più volte anche il vicepremier Matteo Salvini: “Secondo l’assistente sociale e qualche giudice i bambini potrebbero correre dei pericoli o addirittura crescere con del disagio psichico. Noi ogni giorno abbiamo notizie di maranza, baby gang, teppisti, scippatori, molestatori. Ma in quel caso l’assistente sociale o il giudice non lo l’abbiamo visto”.

Bufera sulla relazione Ecad: “I minori non frequentano la scuola e attività ricreative o sportive”

Torniamo alla relazione dell’Ecad, l’Ente di coordinamento ambiti distrettuali dei Servizi sociali di Monteodorisio redatta a luglio scorso, su segnalazione della Procura presso il Tribunale per i minorenni dell’Aquila. “Un nucleo familiare – si legge – che vive una condizione di disagio abitativo in quanto non è stata dichiarata l’abitabilità dello stabile nel quale dimorano abitualmente, membri della famiglia che non hanno interazioni sociali frequenti e la coppia genitoriale non ha entrate economiche fisse”.

Per i servizi sociali, insomma, presso lo stabile nel quale dimora la famiglia, non sono presenti i servizi igienici e le utenze. E i minori non frequentano la scuola e attività ricreative o sportive. La diagnosi sociale è “grave emarginazione sociale (da verificare)“. E poi: “La coppia genitoriale applica i principi dell’unschoolig e i bambini non possono frequentare altri bambini liberamente perché influenzabili“. La relazione sembrerebbe essere alla base della decisione del Tribunale di emettere l’ordinanza di allontanamento dei tre figli.

 

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Nei boschi tra Palmoli, Tufillo e San Buono vivono una trentina di famiglie definite neorurali che proprio in queste ore si sono riunite. Al termine del meeting Nathan ha fatto sapere di non voler più parlare e rilasciare interviste, dopo aver sempre collaborato con stampa e televisioni. Il boom sui social, le petizioni online e le trasmissioni televisive hanno convinto i neorurali a fare marcia indietro e a chiudersi in un silenzio stampa. Nathan, intanto, addolorato per l’allontanamento dei figli, continua a fare visita nella casa famiglia.

Qui si trovano i bambini con la moglie Catherine, australiana, appassionata di cavalli, istruttrice e coach di dressage prima di arrivare in Italia e nel bosco di Palmoli. La donna è anche autrice di un libro, Ride for life. The three golden principles for riders. Oggi, attraverso un blog dove riporta le esperienze della sua vita, è consulente di persone che decidono di intraprendere uno stile di vita neorurale, legato profondamente alla natura.

L’avvocato della famiglia nel bosco: “Il primo obiettivo è quello di far riunirli”

La vicenda probabilmente avrà inevitabili strascichi giudiziari. In tanti si stanno anche organizzando per scendere in piazza. L’appuntamento è per il 6 dicembre a Roma, davanti la sede del Ministero della famiglia e delle Pari opportunità. L’Anm abruzzese ha difeso l’operato dei colleghi del Tribunale dei minorenni dell’Aquila, dicendosi in “apprensione” per “la campagna d’odio mediatico“.

L’avvocato della famiglia Giovanni Angelucci ha spiegato: “Ho trovato bene i bambini. Mi sono corsi incontro, mi hanno abbracciato. Li ho presi in braccio, ci siamo salutati molto affettuosamente, erano sorridenti ma con un filo di malinconia negli occhi. Il maschietto mi ha abbracciato, era felice di rivedermi ma la prima cosa che mi ha detto è ‘Quando ci riporti a casa?’. Il primo obiettivo è quello di far riunire la famiglia, il secondo è quello di riportarli a casa“.

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