Un dossier di Human Rights Watch denuncia che oltre 32mila palestinesi sono stati rimossi con la forza dai campi di Jenin, Tulkarem e Nur Shams tra gennaio e febbraio 2025.
Lo sfollamento forzato da parte del governo israeliano delle popolazioni dai territori della Cisgiordania a gennaio e febbraio 2025 è un crimine di guerra e contro l’umanità. A dirlo è l’organizzazione internazionale Human rights watch. 
Alle 32mila persone che sarebbero state allontanate non è stato permesso di tornare alle loro case. Molte delle quali sono state deliberatamente demolite dalle forze israeliane. Hrw ha pubblicato un rapporto di 105 pagine, che Notizie.com è stato in grado di visionare, intitolato Tutti i miei sogni sono stati cancellati: lo sfollamento forzato dei palestinesi in Cisgiordania da parte di Israele.
Il dossier descrive in dettaglio Muro di Ferro. Si tratta di un’operazione militare israeliana attraverso Jenin, Tulkarem e Nur Shams. Le forze israeliane hanno impartito ordini ai civili di lasciare le proprie case. Anche tramite altoparlanti montati su droni. Testimoni hanno riferito che i soldati si sono mossi attraverso i campi, assaltando le case, saccheggiando le proprietà, interrogando i residenti e infine costringendo tutte le famiglie ad andarsene.
Hardman (Hrw): “Le forze israeliane hanno portato a termine la pulizia etnica in Cisgiordania”
“All’inizio del 2025 le autorità israeliane hanno rimosso con la forza 32mila palestinesi dalle loro case in Cisgiordania e non hanno permesso loro di tornare. – ha affermato Nadia Hardman, ricercatrice sui diritti dei migranti di Human rights watch – Con l’attenzione globale focalizzata su Gaza, le forze israeliane hanno portato a termine crimini di guerra, crimini contro l’umanità e la pulizia etnica in Cisgiordania”.
Human rights watch ha intervistato 31 rifugiati palestinesi sfollati nei tre campi e ha analizzato immagini satellitari e ordini di demolizione, confermando la distruzione su vasta scala. I ricercatori hanno anche analizzato e verificato video e fotografie delle operazioni militari israeliane. 
L’esercito israeliano non ha fornito alcun riparo o assistenza umanitaria ai residenti sfollati. Molti hanno cercato rifugio nelle case affollate di parenti o amici, oppure si sono rivolti a moschee, scuole e organizzazioni benefiche. Una donna di 54 anni ha raccontato che i soldati israeliani “urlavano e lanciavano oggetti ovunque. Sembrava una scena da film: alcuni indossavano maschere e portavano armi di ogni tipo. Uno dei soldati ha detto: ‘Non avete più una casa qui. Dovete andarvene’“.
Dopo i raid, le autorità israeliane hanno negato ai residenti il diritto di tornare nei campi, anche in assenza di operazioni militari attive nelle vicinanze. I soldati israeliani hanno aperto il fuoco sulle persone che cercavano di raggiungere le proprie case. Solo a pochi è stato permesso di recuperare i propri averi. L’esercito ha spianato la strada con i bulldozer, raso al suolo e liberato spazi per vie di accesso apparentemente più ampie all’interno dei campi, e ha bloccato tutti gli ingressi.
L’Onu istituì i tre campi all’inizio degli anni ’50
L’analisi delle immagini satellitari condotta da Human rights watch ha rilevato che, sei mesi dopo, più di 850 case e altri edifici erano stati distrutti o gravemente danneggiati nei tre campi. La valutazione si è concentrata solo sulle aree di distruzione di massa. Queste includevano edifici distrutti e gravemente danneggiati, spesso a causa dell’allargamento di vicoli e strade nei campi densamente edificati.
L’Agenzia delle Nazioni unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (Unrwa) istituì i tre campi all’inizio degli anni ’50. Lo scopo era ospitare i palestinesi espulsi dalle loro case o costretti a fuggire dopo la creazione di Israele nel 1948. Quei rifugiati, gli sfollati e i loro discendenti, hanno vissuto lì da allora.
L’articolo 49 della Quarta Convenzione di Ginevra, applicabile nei territori occupati, vieta lo sfollamento dei civili se non temporaneamente per imperativi motivi militari. O per la sicurezza della popolazione. I civili sfollati hanno diritto a protezione e a un alloggio adeguato. La potenza occupante deve garantire il rientro degli sfollati non appena cessate le ostilità nella zona.
Funzionari israeliani hanno affermato in una lettera a Hrw che l’operazione Muro di Ferro è stata avviata “alla luce delle minacce alla sicurezza poste da questi campi. E della crescente presenza di elementi terroristici al loro interno“. Tuttavia, le autorità israeliane non hanno fatto alcun tentativo evidente di dimostrare che la loro unica opzione praticabile fosse l’espulsione completa della popolazione civile.
Dagli attacchi del 7 ottobre 2023 guidati da Hamas nel sud di Israele, le forze israeliane hanno ucciso quasi 1.000 palestinesi in Cisgiordania. Le autorità israeliane hanno intensificato il ricorso alla detenzione amministrativa senza accusa né processo, alle demolizioni di case palestinesi e alla costruzione di insediamenti illegali. Sono in aumento anche la violenza dei coloni sostenuta dallo Stato e la tortura dei detenuti palestinesi.





