Un emendamento presentato da Fratelli d’Italia alzerebbe il tetto ai pagamenti in contanti, ma introdurrebbe fattura obbligatoria e controlli stringenti da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Dal 1 gennaio 2026 potrebbero essere ammessi i pagamenti i contanti sopra i 5mila euro e fino ai 10mila, pagando però una tassa da 500 euro. È quanto emerge da un emendamento di Fratelli d’Italia alla manovra. 
“È istituita un’imposta speciale di bollo, – si legge nel provvedimento – nella misura fissa di euro 500, su ogni pagamento per l’acquisto di beni o servizi effettuato in denaro contante, nel territorio dello Stato, per un importo compreso tra 5.001 e 10mila euro“. L’imposta riguarderebbe “tutti i soggetti, residenti e non residenti nel territorio dello Stato“. Il primo firmatario dell’emendamento è il parlamentare di FdI Matteo Gelmetti, ed è stato depositato in Commissione bilancio del Senato.
Oggi il tetto per i contanti è di 5mila euro, sopra i quali bisogna obbligatoriamente ricorrere a forme di pagamento tracciabili (carte o bonifico). L’emendamento alzerebbe perciò il tetto a 10mila euro ma applicherebbe un “pedaggio”. Per i pagamenti, qualora il provvedimento venisse approvato e con esso l’intera manovra, sarà obbligatoria la fattura. Chi acquista dovrà apporre sul documento un contrassegno di bollo da 500 euro.
Una misura anti-riciclaggio ed anti-evasione, una lunga storia
A quel punto, copia e contrassegno dovranno essere consegnati al venditori. Tutta la documentazione dovrà poi essere vagliata dall’Agenzia delle Entrate. Alzare il limite dei contanti è da anni una misura identitaria del centrodestra, da conciliare però con i controlli anti-evasione. L’obbligo di fatturare impedisce di fatto che l’operazione resti anonima o sotto-traccia, e la tassa da 500 euro rappresenta comunque un disincentivo. L’emendamento potrebbe entrare a far parte della manovra, e venire applicato a partire dal 1 gennaio 2026.
Il limite all’uso dei contanti nel nostro Paese è nato come una misura anti-riciclaggio ed anti-evasione, ed ha subito numerose modifiche nel corso degli anni. È stato introdotto per la prima volta dal governo di Giulio Andreotti nel 1991, su pressione delle politiche europee contro l’evasione ed il riciclaggio: allora il limite imposto era di 20 milioni di lire. Nel 2002, con il passaggio all’euro, il tetto è diventato di 12.500 euro. 
Successivamente, nel 2008, il quarto esecutivo di Silvio Berlusconi, con Ministro dell’Economia Giulio Tremonti, ha abbassato il limite a 5mila euro, poi diminuito due anni dopo, ancora su iniziativa del titolare del Dicastero, a 2500 euro. Un anno dopo, con il famoso decreto legge Salva Italia, il governo di Mario Monti ha deciso per un taglio drastico a mille euro. Ne 2016 Matteo Renzi ha rialzato il tetto a 3mila euro, allineandolo agli standard europei.
Nel 2022 il secondo governo di Giuseppe Conte ha lasciato in eredità all’esecutivo di Mario Draghi una nuova riduzione a mille euro. L’economista lo ha poi confermato. Infine, l’ultima modifica voluta dal governo di Giorgia Meloni tuttora in carica: il limite è stato fissato a 5mila euro dal 1 gennaio 2023.





