C’è un collegamento, a livello culturale e sociologico, tra tutti i grandi avvenimenti che stanno impattando sul mondo? Ne abbiamo parlato con il sociologo Derrick de Kerckhove.
Il ritorno nelle piazze con le manifestazioni pro Palestina, e la missione umanitaria Global sumud flotilla. La propaganda russa ed il rapporto bellicoso del presidente Usa Donald Trump. Le proteste dei giovani contro i governi in Nepal ed in altri Paesi asiatici.
C’è un filo conduttore che collega tutti questi avvenimenti nel mondo? Per cercare di capirne di più abbiamo analizzato il momento storico con il sociologo Derrick de Kerckhove. L’accademico e direttore scientifico di Media Duemila, ha diretto il McLuhan Program in Culture & Technology dell’Università di Toronto. Negli ultimi anni ha focalizzato la sua attenzione sull’impatto dell’Intelligenza artificiale sulla società.
Partiamo proprio dalla Flotilla, che a detta degli organizzatori e dei suoi sostenitori è un simbolo di dissenso globale. Un atto di resistenza civile di fronte alla guerra a Gaza e al silenzio delle istituzioni. Da sociologo dei media, come legge questa forma di attivismo internazionale?
“Nonostante tutta la resistenza al globalismo, – ha detto de Kerckhove, in esclusiva per Notizie.com – siamo di fatto globali, globalizzati non solo dal cambiamento di scala imposto dalla ormai diffusa copertura degli eventi ovunque e dalla visione ripetuta di immagini del globo. Ma anche dall’impatto immediato delle decisioni prese in una parte del mondo, come Israele, Russia e Stati Uniti, sul resto del mondo. E anche dalle grandi minacce che ci riguardano tutti, personalmente e collettivamente, come il cambiamento climatico, guerra nucleare, inquinamento sistematico e spreco di risorse naturali, umane e sociali.
Questo cambiamento di scala riguarda tutti noi, a cominciare dai giovani. Il cui sistema nervoso e la cui mente non sono ancora stati distorti dalle pratiche e dagli esempi dannosi dei loro antenati. I giovani sono ora molto più aperti (e grandi) di noi adulti. Quelli come Greta Thunberg e altri che la seguono diventeranno sempre più consapevoli della loro nuova dimensione.
Ovviamente, a mio parere, la comunicazione dal basso è in grado di superare tutti i tentativi di controllo dei media, poiché le contraddizioni del potere, che non sono solo etiche ma anche logiche, diventano evidenti e rovinano anche le aspettative di coloro che hanno votato per i loro rappresentanti, come sta accadendo negli Stati Uniti e come si vedrà nelle elezioni di medio termine del prossimo anno.
Detto questo, vorrei sottolineare una vera novità. Ovvero il fatto che un milione di italiani, a rischio di problemi di lavoro e di altro tipo, hanno scioperato e sono scesi in piazza per salvare e difendere non solo la Flotilla, ma anche un Paese straniero, con una cultura e una religione molto diverse, a 2mila km di distanza. Nel discorso globale, ancora una volta, l’Italia si distingue e potrebbe dare l’esempio e lanciare un cambiamento politico mondiale paragonabile all’effetto Thunberg, ma a livello nazionale”.
Negli Stati Uniti Donald Trump sembra portare avanti una battaglia personale contro i media che lo criticano. In Russia, invece, la repressione del dissenso da parte del presidente Vladimir Putin è diventata strutturale, ma anche la narrazione ucraina appare rigidamente costruita. Stiamo vivendo un ritorno ai media di propaganda o una nuova forma di controllo “digitale”?
“Due cose. – ha sottolineato il sociologo – Putin non è moderno, ed è per questo che la sua propaganda è sostenuta da minacce. Trump, invece, è veramente moderno. Mentre Putin applica con successo i metodi obsoleti del Kgb sovietico al suo popolo, già abituato alla repressione, Trump, invece, un ‘genio stabile’ come crede di essere, applica una sorta di corpo a corpo digitale con il suo pubblico, manipolandolo sistematicamente ma cambiando strategia quando necessario.
Applica strategie classiche come il divisionismo e il distrattivismo, altre molto innovative come mentire con tutte le sembianze della verità, sapendo benissimo di mentire, cosa sempre comune tra molti politici. Ma con la novità che anche il suo pubblico sa palesemente che sta mentendo e lo accetta con piacere da parte di un uomo che ci insegna a romper tutte le regole, fine a servire di modello disastroso a tanti altri autocratici nel modo. Ho studiato queste strategie nel mio ultimo libro (L’uomo quantistico, Rai Libri) nel capitolo Datacrazia, ovvero un novo modo – digitale – di controllo sociale in due versione simultanee.
La prima, legittima, con la strutturazione delle funzioni pubbliche e private tramite l’analisi dei dati e l’applicazione di sistemi operativi. La seconda, dannosa, attraverso algoritmi per il controllo delle opinioni, motivando divisioni con i social media e le camere dell’eco. E favorendo risposte emotive piuttosto che ragionevoli. Per avere un’idea delle numerose tecniche di manipolazione utilizzate da Trump e Elon Musk, consiglio di leggere Hypnocrazia, benché un libro scritto dall’Intelligenza artificiale generativa, una lezione acuta sulle innovazioni politiche della nostra era digitale“.
Dai giovani dei movimenti per la pace e la giustizia climatica fino ai fermenti sociali in Asia e in Nepal si intravede una domanda di libertà e partecipazione. Lei pensa che l’Intelligenza artificiale possa diventare uno strumento di liberazione e trasparenza, o rischia di essere l’ennesimo mezzo di sorveglianza e manipolazione di massa?
“Certamente, l’Ia, e in particolare l’Ia generativa, sono già strumenti di liberazione, ma di trasparenza, assolutamente no. – ha dichiarato Derrick de Kerckhove – Dopo tre o quattro fasi di apprendimento automatico, la traccia si perde perché ogni ricorrenza perde alcune connessioni nel sistema neuromimetico (chiamato rete neurale) e ne aumenta altre, tenendo conto delle varie fonti da cui provengono i dati. Forse l’Ia può ripercorrere più livelli, ma a un certo punto occorrerebbero tanti livelli per la spiegazione quanti ne occorrono per l’operazione.
Detto questo, l’Ia ci libera principalmente dalla necessità di pensare e ragionare, che sono sempre impegnativi per le persone. Ci libera anche dalla navigazione, dalla ricerca del percorso migliore dal punto A al punto B o Z. Tuttavia, liberandoci da tutti questi impegni, tenderà ad atrofizzare le nostre menti, già chiaramente indebolite dall’abbandono generale della lettura approfondita. Diamo per scontato di aver sviluppato fin dall’infanzia uno spazio interiore per accogliere i nostri pensieri, progetti, letture, ricapitolazioni, ricordi, esperienze. Insomma quel capitale cognitivo che stiamo ancora sviluppando leggendo questa risposta.
Tuttavia, esternalizzando tutto, il nostro spazio interiore si riduce e ora è ridotto a un’unica qualifica, ovvero la cosiddetta ‘privacy’. E anche questa sta rapidamente diminuendo. Il problema è quello della nostra autonomia. Più deleghiamo alle macchine, fisicamente ai robot, mentalmente all’intelligenza artificiale, meno ci rimane per noi stessi. E così arrivo alla dimensione sociale. Certo, siamo monitorati e manipolati più che mai, ma questo avviene con il nostro consenso o con la nostra volontaria ignoranza. E, per mancanza di resistenza interiore nello spazio mentale ristretto, in assenza di criteri interni di giudizio e di mera conoscenza, votiamo per l’’uomo forte’ del momento. O a partire delle nostre camere dell’eco deleghiamo le nostre scelte all’influencer di passaggio.
Sembra triste, ma in realtà è una transizione inevitabile verso un altro modo di essere e di vivere. Non è l’intelligenza artificiale che guida i giovani, né una particolare richiesta di libertà. La libertà individuale richiede sostanza e resistenza che non esistono più. Ora dobbiamo migliorare le nostre macchine e imparare a negoziare con loro la nostra individualità, personalità e autonomia. Si tratta di qualcosa di completamente diverso, una sorta di tribalità assistita dal computer. I giovani e i fermenti sociali in Asia sono movimenti di gruppo, una sorta di intelligenza collettiva che sta prendendo coscienza del pericolo e dell’ingiustizia e sta dicendo ‘basta’. Perché vede chiaramente un destino ignorato dai propri antenati, che sono completamente fuori dal mondo, per non dire dal melone”.