Stefano Argentino, reo confesso per il femminicidio di Sara Campanella, si è suicidato in carcere. “Una tragedia annunciata” per i sindacati. E “l’unica responsabilità è dello Stato”, dice il suo avvocato. “Continueremo a lottare”, annuncia la famiglia della vittima.
Si è suicidato nel carcere Gazzi di Messina Stefano Argentino, il ventisettenne detenuto per il femminicidio della compagna di corso all’Università Sara Campanella, avvenuto il 31 marzo del 2025. Aveva già tentato l’estremo gesto in precedenza, e per questo era stato tenuto sotto osservazione.
Negli ultimi tempi sembrava che avesse superato la crisi grazie al supporto dei medici e quindici giorni fa gli era stata revocata la sorveglianza. Viveva in cella con altri detenuti e aveva anche ripreso a mangiare. La Procura di Messina, guidata da Antonio D’Amato ha aperto un’indagine. La prima udienza del processo a carico di Stefano Argentino era prevista per il 10 settembre davanti alla Corte d’Assise di Messina.
Secondo le prime ricostruzioni, Argentino è stato trovato senza vita dagli agenti della polizia penitenziaria. E proprio il segretario generale del sindacato Sappe Donato Capece ha denunciato ancora una volta la “grave carenza di organico” che affligge le carceri italiane. Problema questo che “non ci consente una vigilanza continua nei reparti protetti su questi soggetti che, dopo essere entrati in carcere, riflettono a posteriori su quanto hanno commesso e poi arrivano a questi gesti”.
Di Giacomo (Sindacato Polizia Penitenziaria): “Un suicidio in carcere ogni quattro giorni”
Anche Aldo Di Giacomo, segretario del Sindacato Polizia Penitenziaria, parla di “tragedia annunciata“. Perché “non è purtroppo la prima volta che accade”. “Le prime settimane di detenzione, specie per giovani che hanno commesso reati di sangue, sono quelli a maggiore rischio”.
Secondo Di Giacomo, Argentino sarebbe dovuto restare ancora sotto osservazione. Quello del ventisettenne è il cinquantunesimo suicidio in carcere del 2025: “Siamo a una media di un suicidio ogni quattro giorni e a novantanove morti per altre cause, di cui almeno una trentina avvenute in circostanze simili al suicidio o ad atto autolesionistico”.
Cultrera (avvocato Argentino): “Avevo chiesto perizia psichiatrica, il gip l’ha rifiutata”
Per l’avvocato di Stefano Argentino, Stefano Cultrera, l’unica responsabilità per il suicidio del suo assistito è dello Stato. Quanto accaduto è “il triste, drammatico epilogo di una storia di cui si supponeva già il finale. Sara è stata uccisa, Stefano si è tolto la vita. E l’unica responsabilità è da attribuire allo Stato. Avevo chiesto una perizia psichiatrica perché avevo compreso Stefano e i suoi problemi… mi ero fatto portavoce degli stessi fuori dal carcere e il gip me l’ha negata. Avrebbe potuto salvare almeno una delle due vite, invece lo Stato dovrà sentirsi responsabile del misfatto”.
La Torre (avvocata Campanella): “Bisogna interrogarsi sulla necessità di un’educazione affettiva”
“Ha deciso lui le sorti di due famiglie”, ha detto l’avvocata Concetta La Torre che assiste la famiglia di Sara Campanella, parlando del suicidio di Stefano Argentino in carcere come “l’epilogo di una storia terribile”. E ancora: “Non ci sono parole per descrivere i sentimenti che stanno provando i familiari” della vittima.
“Non siamo felici di quanto accaduto”, ha detto ancora La Torre. “Anche se resta la realtà del gesto che ha commesso, non si colma il vuoto lasciato da Sara e la disperazione di chi l’ha amata. Ci sono due famiglie distrutte. Penso che dobbiamo interrogarci sulla necessità di una educazione affettiva e sulla responsabilità della società che non si prende a carico il disagio dei ragazzi”.
La storia del femminicidio di Sara Campanella
Sara aveva ventidue anni, era originaria di Misilmeri e studiava alla Facoltà di Medicina all’Università di Messina. Stefano Argentino era stato arrestato a Noto la sera stessa in cui l’ha uccisa accoltellandola mentre usciva dal Policlinico dove la giovane aveva seguito una lezione. Reo confesso, la Procura il 12 giugno aveva chiesto per lui il rito immediato contestandogli l’omicidio con l’aggravante della premeditazione e della crudeltà.
Dalle indagini dei carabinieri è emerso che prima del suo femminicidio, Sara Campanella si era accorta di essere seguita e aveva inviato un messaggio alle amiche: “Il malato mi segue“. Per documentare le molestie, aveva attivato una registrazione audio sullo smartphone: “Non voglio nulla con te“, diceva ad Argentino. “Spero ora, dopo un anno, di essere stata chiara. L’ultima volta ti ho detto di lasciarmi in pace, cosa hai capito di questa cosa? Tu te ne torni a casa tua, io continuo per la mia strada, o mi devi seguire fino… mi stai seguendo“.
Il ventisettenne replicava alle parole della studentessa, ma lei rispondeva ancora: “Ti fai film come se noi avessimo avuto non lo so che cosa. Se c’è stato, c’è stato tipo un saluto e basta”. L’audio è negli atti dell’inchiesta e documenta le fasi immediatamente precedenti il femminicidio di Sara Campanella, avvenuto con coltellate, fatale una alla gola.
La foto di Sara sul cellulare di Argentino
Sullo smartphone di Stefano Argentino i carabinieri hanno trovato una foto della vittima scarabocchiata e una frase a corredo che, stando alle ipotesi, proverebbe la premeditazione: “Dal sognarmi, a essere il tuo peggiore incubo“. Secondo l’accusa, il ventisettenne si sarebbe documentato sul web già diversi mesi prima su come colpire e in quale parte del corpo. Avrebbe acquistato un coltello su Amazon, la cui scatola è stata trovata nella casa in cui abitava durante gli studi universitari.
L’arma però, non è stata ritrovata, anche se dalla confezione è emerso che potrebbe essere compatibile con le ferite trovate sul corpo di Sara. Dopo la cattura a Noto, Argentino aveva confessato il femminicidio.
Avvocati di Campanella: “Lotteremo ancora perché Sara non venga dimenticata”
“Con la sua morte, Stefano Argentino ha interrotto bruscamente il percorso giudiziario che avrebbe accertato le sue responsabilità per il femminicidio di Sara Campanella”. Così l’avvocata La Torre e i colleghi Filippo Barbera e Riccardo Meandro. “Il gesto oggi lascia spazio solo alla pietà, ma non ferma tuttavia la nostra battaglia. Continueremo a lottare nella memoria di Sara, per far sì che la sua storia non venga dimenticata”.