Caso Almasri, la richiesta al Parlamento del Tribunale dei ministri e lo scontro tra governo e magistrati: “Nessuno ha agito per vendetta, saremmo stati dei criminali”.
Non si placano le polemiche sul caso Almarsi tra governo e magistrati, dopo che il Tribunale dei ministri ha chiesto l’autorizzazione a procedere nei confronti del capo del Viminale e del Guardasigilli, Matteo Piantedosi e Carlo Nordio, e del sottosegretario Alfredo Mantovano.
Sono tutti accusati di concorso in favoreggiamento personale aggravato, il ministro dell’Interno e Mantovano anche di peculato aggravato e Nordio di rifiuto di atti d’ufficio aggravato. La parola passa ora al Parlamento, la Giunta e l’Aula si esprimeranno in tre voti distinti e la decisione definitiva sull’autorizzazione a procedere arriverà entro ottobre.
In novanta pagine i giudici hanno messo nero su bianco quanto accaduto dalla richiesta di arresto della Corte penale internazionale nei confronti del generale libico Osama Najim Almasri, passando per il rilascio su ordine della Corte d’Appello di Roma che ha ritenuto l’arresto irrituale, fino al rimpatrio a Tripoli a bordo di un volo di Stato.
Lo scontro tra governo e giudici è nato dopo che la premier Giorgia Meloni ha definito la richiesta di archiviazione a suo carico “assurda” e ha lasciato intendere che in qualche modo i magistrati sono sul piede di guerra nei confronti del governo per la riforma della giustizia, che “procede spedita”.
LA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA SPIEGATA NEL DETTAGLIO
C’è un nesso tra la riforma della giustizia e la richiesta di autorizzazione a procedere sul caso Almasri?
Ha ottenuto il via libera del Senato ed è in attesa di un secondo passaggio alla Camera previsto dopo la pausa estiva. Successivamente tornerà a Palazzo Madama per l’ok definitivo. “Meloni è una persona intelligente, abile a cogliere le occasioni che si presentano per portare avanti il suo disegno politico”. A parlare con Notizie.com è Stefano Celli, sostituto procuratore di Rimini e vicesegretario dell’Associazione Nazionale Magistrati (Anm).
“In alcuni casi si tratta di idee” quelle della premier “aperte al confronto, altre invece non rispondono ai fatti. Non esiste alcun complotto della magistratura, ma sono anni che sentiamo parlare dello scontro con la politica. Lei ha mai sentito di uno scontro tra giudici e rapinatori? Eppure noi i processi ai rapinatori li facciamo”.
Celli (ANM) a Notizie.com: “Meloni porta avanti la sua strategia politica”
L’obiettivo di Meloni, per Celli, è “sostenere la riforma della magistratura e presentare quest’ultima come un corpo che si ribella al governo legittimamente eletto. Ciò è falso. Tutto quello che noi facciamo è spiegare perché per la quasi totalità dei magistrati questa riforma è sbagliata. La ragione per la quale Meloni la associa all’indagine di Almasri è la strategia politica”.
“Nessuna vendetta, non siamo criminali”
Ma il Tribunale dei ministri ha agito o no per “vendetta”? “Assolutamente no”, taglia corto Celli. “Sarebbe come dire che quando un chirurgo opera l’amante della moglie, gli taglia l’arteria per toglierlo di mezzo. Non dico che non possa succedere, e una volta nella vita sarà successo. Ma questo presuppone di avere a che fare con dei criminali e non con dei funzionari“.
“E già rispondere a una domanda del genere mi mette in difficoltà, perché è come se lei mi chiedesse se faccio parte della mafia. Possiamo sbagliare sicuramente, sbagliamo tutti. Ci sono l’Appello e la Cassazione apposta, c’è il controllo del giudice sul pm e quello del pm sulla polizia giudiziaria. Il sistema italiano è denso di monitoraggi e verifiche di contro-poteri. Questa accusa è assolutamente irricevibile“.
Celli mette in luce anche un altro punto di vista: “In tutta questa narrazione si dimentica un fatto oggettivo: il governo ha un presidente del Consiglio, la persona più importante, ed è organizzato gerarchicamente. Il Parlamento adotta le sue decisioni agendo come potere unitario, anche se è diviso tra maggioranza e opposizione. I novemila magistrati invece, non hanno alcun momento di coordinamento e di strategia comune. Non esiste un’agenzia che dà le direttive. Al massimo si confrontano nei gruppi come l’Anm oppure alla macchinetta del caffè, ma alla fine a decidere è sempre un collegio autonomo, che non risponde ad alcuna strategia, perché non esiste”.
Insomma, “agli altri poteri fa comodo dare la colpa alla magistratura, ma alla fine è sempre un giudice o un collegio, un Tribunale, a prendere una decisione. Questo smonta il complotto“.
Caso Almasri, Celli: “Il governo avrebbe dovuto dire dall’inizio se era una decisione politica”
Dal punto di vista del governo, aver mandato a casa Almasri è stata una decisione presa per la sicurezza degli italiani. “Le leggi e il codice prevedono che in questi casi ci sia la richiesta di un ministro. Se si fosse trattato di una decisione politica avrebbero dovuto dirlo dall’inizio. Magari una buona parte dei cittadini avrebbe condiviso la scelta e loro ne avrebbero risposto politicamente. Invece si sono appellati a ordinanze scritte male, capi di imputazione contraddittori, la richiesta di estradizione dalla Libia, che però è stata protocollata quando Almasri era già arrivato a Tripoli, l’espulsione perché pericoloso. Hanno negato che fosse una scelta politica e l’hanno gestita giuridicamente, ma non stava in piedi”.
Ma se il governo avesse ammesso che si è trattato di una scelta politica, il Tribunale avrebbe potuto chiedere lo stesso l’autorizzazione a procedere? “Sarebbe potuto succedere ugualmente”, ci spiega Celli. “Non posso dire che sicuramente nessuno avrebbe denunciato Meloni, Mantovano, Nordio e Piantedosi. Il Tribunale dei ministri avrebbe fatto ugualmente le sue scelte. Ma a dimostrazione che non è stata la magistratura ad accanirsi, ci sono due esposti: uno dell’avvocato Luigi Li Gotti, l’altro di Lam Biel Ruei, vittima delle torture di Almasri. Una volta che c’è una denuncia non è possibile non fare indagini”.
Meloni archiviata: “Una responsabilità politica non ne comporta automaticamente una giuridica”
Infine, sulla posizione di Giorgia Meloni, che ha definito “assurda” la decisione del Tribunale di archiviare la sua posizione e non quella del resto dell’esecutivo. “Vede, le parole sono importanti. La premier ha parlato di “condivisione” delle scelte. E quest’ultima può essere precedente o successiva al fatto. In ogni caso non è configurabile chiaramente una responsabilità penale. Si poteva configurare tale se avesse detto ai ministri Nordio o Piantedosi di spedire Almasri in Libia. In questo caso poteva esserci un concorso nel reato. Che Meloni rivendichi una responsabilità politica è una sua scelta, ma questo non ne comporta automaticamente una giuridica”.